Il Papa a fianco degli armeni: «Lo sterminio subito brucia nel cuore».
Nella seconda giornata del viaggio apostolico di Papa Francesco in Armenia l'incontro ecumenico e la preghiera per la pace sulla Piazza della Repubblica di Yerevan. Il pontefice è tornato a parlare del “genocidio” definendolo «immane e folle sterminio impresso nella memoria che brucia nel cuore». La parola, proibita in Turchia, - chiarisce la sala stampa - vuole sanare le ferite, non riaprirle.
La seconda giornata del viaggio apostolico di Papa Francesco in Armenia si è chiusa con l'incontro ecumenico e la preghiera per la pace sulla Piazza della Repubblica della città di Yerevan, che fu piazza Lenin fino al 1992. Qui il Catholicos di Tutti gli Armeni, Kerekin II, e Francesco hanno ricordato il cammino tra le due chiese. Il Papa ha detto che spera arrivi presto il «giorno in cui, con l’aiuto di Dio, saremo uniti presso l’altare del sacrificio di Cristo, nella pienezza della comunione eucaristica». E ha ricordato che «l’unità non è un vantaggio strategico da ricercare per mutuo interesse, ma quello che Gesù ci chiede».
Poi, sul tema della pace, il pontefice è tornato a parlare del “genocidio” di inizio '900, quello in cui vennero sterminati un milione mezzo di armeni dagli Ottomani, quello per cui il Papa aveva già speso parole chiare nel primo giorno del viaggio. «Questo immane e folle sterminio, questo tragico mistero di iniquità che il vostro popolo ha provato nella sua carne – ha detto il Papa - rimane impresso nella memoria e brucia nel cuore». Proprio la memoria deve essere custodita, è «doverosa» ha detto Francesco, «perché il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori!».
La giornata si era aperta proprio con la visita al Memoriale delle vittime del genocidio, dove Papa Francesco è sceso nella “camera della fiamma perenne” e vi ha lasciato una rosa bianca, quindi, insieme a tutti i presenti, ha recitato il Padre Nostro. Nel libro degli ospiti del Memoriale papa Bergoglio ha scritto questa frase, che ancora si richiama al tema della memoria: «Qui prego, col dolore nel cuore, perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male; Dio conceda all’amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro».
Sempre il tema della “memoria” viene in qualche modo ripreso nell'omelia della S. Messa celebrata a Gyumri, dove viene definita come una delle «tre basi stabili (le altre sono la fede e l'amore misericordioso, ndr) su cui possiamo edificare e riedificare la vita cristiana, senza stancarci».
Come ha sottolineato Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, la messa celebrata a Gymuri «è stata la prima celebrazione della storia fatta in piazza, perché gli armeni apostolici non le fanno in pubblico, ed era partecipata dai fedeli delle due Chiese principali e c’era la presenza del Papa come celebrante, ma anche una cordiale presenza del Catholicos e di tanti rappresentanti della Chiesa armena apostolica. Quindi, un momento di festa spirituale molto espressiva». Padre Lombardi è tornato anche sul significato dell'utilizzo della parola “genocidio” che il Papa aveva fatto a braccio venerdì, lasciando tutti un po' sorpresi. Si tratta di una parola che vuole sanare le ferite e non semplicemente riaprirle, ha detto il direttore della Sala Stampa, e così il Papa «ha toccato, suscitato una notevole gratitudine da parte del popolo armeno».
Tornando all'incontro ecumenico e la preghiera per la pace sulla piazza di Yerevan, il Papa ha anche ricordato san Gregorio di Narek, «che ho proclamato Dottore della Chiesa. Egli potrebbe essere definito anche “Dottore della pace”. Così ha scritto in quello straordinario Libro che mi piace pensare come la “costituzione spirituale del popolo armeno”: «Ricordati, [Signore,…] di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia. [...] Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro». (Libro delle Lamentazioni, 83,1-2)».
Questo richiamo a San Gregorio di Narek era stato preceduto da un significativo invito ai giovani armeni, perchè imparino a fare memoria della saggezza degli anziani. E poi, riprendendo il suo discordo del 12 aprile 2015, ha fatto loro un preciso riferimento ad un altro conflitto che riguarda oggi l'Armenia: «Dio benedica il vostro avvenire e “conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”».
Un conflitto, quest'ultimo, che vede una tensione con l'Azerbajan per il controllo dell'enclave del Nagorno-Karabak, popolato in gran parte proprio da Armeni. Anche Karekin II nel suo intervento insieme al Papa lo aveva ricordato. «Anche oggi – ha detto il Catholicos - la nostra nazione vive nella difficile situazione di una guerra non dichiarata e deve proteggere la pace entro i confini del nostro paese a un prezzo pesante, insieme al diritto del popolo del Nagorno-Karabakh di vivere in libertà nella sua culla materna».
Il viaggio del Papa in questa terra attraversata dalle violenze e dalle persecuzioni, in cui i cattolici sono una minoranza, assume però contorni rilevanti se letta come tassello di un quadro che vede un forte impegno del Papa per la pace nell'area mediorientale.