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PERSONAGGI

Il nuovo Rocky Balboa che esalta la Polonia

Il pugile polacco Tomasz Adamek
ha fatto rivivere pochi giorni fa le gesta che ispirarono il film di Stallone.
Con un segreto: la preghiera.

Attualità 14_09_2011
tomasz adamek
Nel 1975 Sylvester Stallone era disperato. Stava tentando di entrare nel mondo del cinema, a parte qualche piccola parte, non riusciva a rimediare niente. Aveva deciso di giocarsi un'ultima carta come sceneggiatore, ma la storia che sognava, una storia fatta di “eroismo, grande amore, dignità e coraggio” non voleva prendere forma.

Il 24 marzo di quell'anno si tenne l'incontro di pugilato tra il campione nero Muhammad Alì ed un bianco semisconosciuto, Chuck Wepner. Sulla carta l'incontro non valeva niente, talmente scontata era la vittoria di Alì. Tuttavia Wepner, con il volto ridotto ad una maschera di sangue dopo pochi minuti, continuava ad avanzare e a sfidare il campione. Addirittura, al nono round, lo fece cadere a terra, e fu una delle poche volte in cui Alì toccò il tappeto. Alzatosi, Alì cominciò a colpire furiosamente Wepner, ma il bianco continuava a resistere e ad avanzare, mostrando una tenacia ed un coraggio che conquistarono il cuore del pubblico, ormai dalla sua parte. L'arbitro fermò l'incontro all'ultimo round, il quindicesimo, a diciannove secondi dalla conclusione naturale del match. Il pubblico, profondamente impressionato e conquistato dal coraggio indomito di Wepner, inveì contro l'arbitro, che aveva privato Wepner dell'onore di concludere in piedi il match con Alì. Tra il pubblico c'era Sylvester Stallone.

Quella sera nacque Rocky Balboa, il personaggio che regalò a Stallone tre premi oscar ed una lunga carriera cinematografica.

Una storia epica, quella di Wepner, una storia, come si dice, d'altri tempi. Che si è ripetuta qualche giorno fa allo stadio di Wroclaw, in Polonia. Tomasz Adamek, pugile polacco, ha sfidato il gigante ucraino Vitali Klitschko, più volte campione del mondo di diverse sigle e detentore del record di vittorie per KO (40, su 45 incontri disputati). Adamek, proveniente dai mediomassimi, passato poi ai massimi leggeri e ora ai massimi, pesa 13 chili meno di  Klitschko, ed è più basso di lui di 15 centimetri. Cosa significa in termini pratici? Un massacro.

Eppure il “piccolo” Adamek ha riproposto l'epica battaglia tra Alì e Wepner, continuando ad attaccare il gigante ucraino, a curare la tecnica, a comportarsi correttamente nonostante i micidiali colpi dell'avversario. Lo stesso Klitschko, dopo l'incontro, ha dichiarato che con più passava il tempo, più aumentava la sua sorpresa di ritrovarsi davanti Adamek sempre in piedi, sempre disponibile al combattimento. Come nell'epico incontro del 1975, anche questo è stato fermato dall'arbitro alla decima ripresa, quando ne mancavano due al termine. Adamek non ha dimostrato coraggio, dignità ed onore solo sul ring.

Al termine dell'incontro ha dichiarato: “Era semplicemente il combattente migliore e ha vinto. Questo è lo sport. Si vince e si perde. Questa volta ho perso”; e rivolto al suo pubblico (42.000 spettatori, lo stadio tutto esaurito), si è scusato per aver deluso le loro aspettative. Un comportamento che vorremmo vedere più spesso nelle competizioni sportive.

Ma Adamek ha un segreto. La preghiera. “Il mio sistema nervoso, la mia psiche forte, è un dono di Dio”, ha dichiarato: “Non sapete che la preghiera muove le montagne? La preghiera prima della battaglia mi calma. Inoltre molte persone pregano per me. Sia negli Stati Uniti sia, per esempio, il mio parroco a Gilowice [in Polonia]. La preghiera di molte persone ha una forza, una energia incredibile. Io ci credo con tutto il cuore. Quando combatto, mia moglie Dorothy prega anche per me. E lottiamo insieme”.

Per Adamek ha sicuramente pregato il popolo di Radio Maryja, sprezzantemente definito da Tusk “i berretti di mohair” di padre Rydzyk (il direttore dell'emittente), con un'allusione alle forze armate speciali polacche, i “berretti rossi”. Adamek, infatti, è un ascoltatore appassionato della radio cattolica polacca, dalla quale è stato più volte intervistato. “La preghiera” continua il pugile polacco “non consente di risolvere tutto. Anche pregando, siamo ancora esposti alla tentazione. Ma il Signore mi ha dato capire che posso scegliere tra il bene e il male. Ho messo su famiglia presto ed è stato importante per me. Quando ero più giovane, i miei amici andavano in discoteca; la cosa mi attraeva, ma sapevo che a casa la mia famiglia mi aspettava, così sono riuscito ad astenermi dalle tentazioni”.