Il "no al contante" e le sinistre manie di sorveglianza
Alla sola idea di innalzare il limite ai pagamenti in banconote la sinistra grida all'incentivo all’evasione. Un teorema indimostrato, anzi smentito nei Paesi dove il limite non c'è. Emerge piuttosto il legame tra la volontà di tracciare i pagamenti e quella (già vista col green pass) di monitorare la vita delle persone.
Si è scatenato un vero e proprio vespaio attorno all’idea, ventilata da ambienti del nuovo Governo, di rivedere il tetto al contante. C’è chi si è opposto sostenendo che non può e non deve trattarsi di una priorità in una fase della vita del Paese in cui l’urgenza più immediata appare quella di intervenire sul caro energetico e le bollette. Per alzare la soglia di tolleranza nell’uso di banconote bisognerebbe aspettare tempi più sereni, rilevano alcuni settori dello stesso centrodestra, mentre da sinistra sono piovute critiche feroci al provvedimento che l’esecutivo starebbe mettendo in cantiere e che – secondo Pd e Cinque Stelle – sarebbe un regalo alle mafie.
La questione è di per sé molto semplice. È giusto limitare l’uso del contante nelle transazioni costringendo i consumatori a pagare con carte di credito e sistemi che consentono il tracciamento delle operazioni e che, in linea teorica, riducono i rischi di evasione fiscale e riciclaggio di denaro? Messa così, la scelta in favore dei pagamenti cashless potrebbe avere una ratio. Tuttavia, basta leggere numerose valutazioni della Banca d’Italia oppure scrutare le realtà d’oltreconfine per smontare il teorema di quanti sostengono l’equazione tra maggiore uso del contante e maggiore elusione. In Austria e Germania, tanto per citare solo due esempi, la circolazione delle banconote è libera, eppure la gente paga regolarmente le tasse o comunque gli evasori sono molti di meno che in Italia.
Alcuni economisti internazionali hanno fatto notare che ormai il “nero” è sempre più digitalizzato e le grandi somme di denaro si spostano eludendo i fragili confini nazionali. Senza dimenticare che le criptovalute e gli Nft sono sempre più spesso “lavatrici” per riciclare denaro in massicce quantità. Le banconote da 50 o 100 euro sono ormai “innocue” da questo punto di vista e la loro diffusione non va in alcun modo messa in correlazione con l’incremento dell’evasione fiscale. In questo senso è pura demagogia populista evocare, come ha fatto l’ex premier Giuseppe Conte, l’immagine delle valigette piene di mazzette di denaro che tornerebbero di moda in caso di approvazione dell’innalzamento a 10.000 euro del tetto all’uso del contante.
A parte il fatto che nulla è stato ancora deciso e che l’ipotesi più probabile è che l’innalzamento non superi i 3.000 o al massimo 5.000 euro. Tuttavia, occorre andare oltre l’analisi della singola questione contante sì contante no e risalire alla matrice ideologica di tale ordine di pensiero. Che cosa c’è dietro? Che cosa ispira la demonizzazione del contante che vede in prima linea Pd e Cinque Stelle? È possibile che il capitalismo di sinistra, in passato protagonista di grandi speculazioni di Stato ai danni dei cittadini-contribuenti, possa avere realmente a cuore la lotta all’evasione fiscale e che, per converso, il centrodestra al governo sia sempre sinonimo di complicità con la malavita?
Evidentemente le cose non stanno così perché l’evasione fiscale c’è sempre stata e ci sarà sempre, a prescindere dal colore dei governi in carica, e la circolazione del contante non incide più di tanto su di essa. La verità è che una più alta disponibilità di contante, oltre che stimolare i consumi, produce tutta una serie di benefici: dall’azzeramento dei costi bancari delle transazioni alla maggiore fluidità del denaro anche in fasce di popolazione anziana che non hanno particolare familiarità con le tecnologie e che sono frenate nelle spese correnti proprio dal vincolo di dover pagare con carte di credito, delle quali sovente non dispongono.
Ma la sinistra si ostina a considerare il contante uno strumento intrinsecamente illegale perché sotto sotto coltiva il desiderio di controllo delle libertà, già sperimentato con successo con il green pass e, in passato, con altre limitazioni. È una visione di società quella che sottende la battaglia contro l’uso del contante. Tracciare, sia pure in forma anonima, le transazioni e gli acquisti di beni e servizi risponde a una mania di controllo delle vite dei cittadini, in vista di quell’euro digitale che fra cinque o dieci anni potrebbe soppiantare del tutto le banconote e ricondurre esclusivamente alla sfera virtuale ogni operazione economica dei cittadini europei.
Una sorta di “Grande Fratello” economico-finanziario, che apparentemente preserva l’anonimato dei singoli, ma in realtà produce un sistematico monitoraggio delle identità virtuali in funzione di una profilazione massiccia e pervasiva delle esistenze individuali. Dunque, non è tanto preoccupante che qualcuno si opponga all’uso del contante, quanto piuttosto che attraverso prese di posizione del genere si voglia ipotecare la libertà individuale con attività di tracciamento lesive della dignità del cittadino consumatore e risparmiatore.