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Suicidio di una civiltà

Il Natale senza Gesù: segno di sottomissione all'islam

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Anche quest’anno si registrano casi di canzoni, recite natalizie, presepi, ecc., dove si cancella il protagonista: Gesù. Un eccesso di laicismo che rinnega fede, storia e cultura e strizza l’occhio all’islam. Ma se la sharia prenderà il sopravvento nelle nostre società, saranno dolori.

Editoriali 16_12_2025

Il Santo Natale si avvicina e, come purtroppo accade ormai da anni, si registrano casi di “adattamento” di questa importante solennità religiosa all’hegeliano Zeitgeist, lo “spirito del tempo”. Spirito che, diciamoci la verità, ha sempre meno giustificazioni filosofiche o sociologiche e sempre più, invece, un marcato odore di zolfo…

Ha aperto le danze il caso eclatante di Bruxelles (già riportato sulla Bussola da Luca Volontè), dove è stata realizzata la rappresentazione di un presepe “inclusivo” che raffigura Gesù, Maria, Giuseppe e i Re Magi senza i volti, sostituiti da un patchwork impersonale in varie tonalità di beige e marrone perché così ci sono «tutte le tonalità della pelle, in modo tale che tutti possano sentirsi rappresentati». Inutili le proteste di alcuni cittadini, che hanno fatto notare che «il presepe è un messaggio di universalità che non aveva scioccato nessuno finora, a prescindere dal proprio credo, ed è un simbolo di pace e gioia che circonda un neonato. Tutto ciò viene cancellato, la tradizione stessa viene eliminata». Ma forse era proprio questo l’obiettivo. Non a caso, un simile allestimento richiama la sharia, la normativa islamica che vieta la rappresentazione dei volti. A conferma di questa tesi, la professoressa Florence Bergeaud-Blackler, antropologa e presidente del Cerif (Centro europeo di ricerca e informazione sui Fratelli Musulmani), ha commentato su X con tono sarcastico: «Un Natale in linea con la sharia sulla Grand-Place di Bruxelles».

A poca distanza di tempo ha fatto notizia un altro caso. A Magliano in Toscana, nel Grossetano, alcune maestre di una scuola primaria, con l’assenso della dirigente, in previsione della recita natalizia del 17 dicembre, hanno deciso di modificare il testo italiano di Jingle Bells, sostituendo il riferimento a “Gesù” con il più neutro “Natale”. La decisione – sostengono – «mirerebbe a preservare il carattere laico dell’istituto ed evitare richiami religiosi espliciti durante un evento pubblico». Inutili, anche in questo caso, le proteste dei genitori: la dirigente e le insegnanti, pur infastidite per il clamore generato da questa scelta, non hanno fatto retromarcia, anche se poi il caso si è spostato sul piano politico. Diversi esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia, infatti, hanno accusato la scuola di promuovere un eccesso di laicismo, alimentando una deriva ideologica che rimuove le radici culturali e religiose italiane.

La canzone Jingle Bells (“Din Don Dan” in versione italiana) ha destato scandalo anche a Reggio Emilia. L’Ansa e l’edizione locale del Resto del Carlino ci informano che una scuola primaria ha modificato i testi dei tradizionali canti natalizi previsti per la recita dei bambini, eliminando i riferimenti a Gesù per evitare di creare disagio agli alunni di origine straniera che professano altre religioni e favorire l’inclusione di tutti gli studenti durante le celebrazioni natalizie. La scuola, mantenendo la metrica originale, ha abilmente riscritto due strofe del testo per eliminare ogni riferimento al Natale cristiano: la frase «Aspettando quei doni che regala il buon Gesù» è stata sostituita con «Aspettano la pace e la chiedono di più». La seconda modifica ha trasformato il verso «Oggi è nato il buon Gesù» in «Oggi è festa ancor di più».

E ancora: in occasione della recita natalizia in una scuola elementare milanese, un coro di 180 bambini avrebbe intonato una canzone sui bambini palestinesi cantata interamente in arabo, provocando una dura reazione di Rossano Sasso, deputato della Lega e capogruppo in Commissione Scienza, Cultura e Istruzione, che ha chiesto «il ritorno immediato in Commissione Cultura della Risoluzione anti-islamizzazione nelle scuole».

L’ultimo episodio – almeno per ora, ma non ci facciamo grandi illusioni – è quello accaduto a Scandiano (in provincia di Reggio Emilia), dove mercoledì 10 dicembre è stata data alle fiamme la casetta di Babbo Natale allestita nella piazza principale. Le telecamere di sorveglianza hanno consentito di individuare l’autore del  gesto, un quarantottenne residente nel comprensorio delle ceramiche, di cui si evita accuratamente di specificare la nazionalità.

Fin qui la cronaca. E, tutto sommato, non sono neanche (purtroppo) grandi novità. Da anni, ormai, abbiamo a che fare con situazioni di questo tipo e anche di peggio, in Italia e altri Paesi della vecchia Europa, dove hanno annullato i tradizionali mercatini natalizi o deciso di blindarli per il timore di nuovi devastanti attentati… Vero è che da parte dell’opinione pubblica si registrano qua e là reazioni sdegnate e prese di posizione a favore delle nostre tradizioni, ma la sensazione è che all’interno della sempre più massiccia presenza di islamici ci sia una crescente consapevolezza di avere a che fare con un sistema fragile e sostanzialmente indeciso, diviso al suo interno e privo di un forte ancoraggio a valori condivisi, al quale forse manca solo di dare la spallata decisiva.

A chi giova questo rinnegamento della nostra cultura e delle nostre tradizioni? «Le radici non si rinnegano per paura di offendere qualcuno: così offendiamo soltanto noi stessi», afferma giustamente l’eurodeputata leghista Susanna Ceccardi, denunciando nel contempo il doppiopesismo di tante amministrazioni locali, che nelle scuole introducono menù “halal” invitando i bambini a digiunare per il Ramadan, in un «folle disegno globalista di rimuovere la nostra storia con la scusa del multiculturalismo politicamente corretto».

La rimozione della nostra storia e della nostra cultura, in realtà, non porterà alcun beneficio neanche ai promotori di queste folli iniziative, accecati evidentemente da furore ideologico nei confronti del cristianesimo. Dovrebbero saperlo: se l’islam prenderà il sopravvento – e le proiezioni di non pochi analisti lo danno per certo nel giro di pochi decenni – i nostri popoli avranno a che fare con la sharia, non certo con il modello di società multiculturale, libertino, materialista ed edonista che stanno promuovendo. Una ulteriore conferma è arrivata proprio in questi giorni da Parigi: secondo quanto emerso da un’inchiesta dell’Ifop, il più importante istituto di sondaggi francese, il 57% dei giovani musulmani tra i 15 e i 24 anni considera le leggi della Repubblica inferiori alle regole dell’islam, poiché la legislazione francese è «meno importante» della sharia. E, come se non bastasse, dal 1985 al 2025 il tasso di  frequenza in moschea, a prescindere dall’età, è più che raddoppiato.

Da dove viene dunque questo assurdo accecamento che sa tanto di suicidio di una intera civiltà? La puzza di zolfo, di cui si è detto in apertura, ci offre sicuramente un indizio da non sottovalutare.



BELGIO

Il presepe senza volti, ennesima trovata blasfema a Bruxelles

02_12_2025 Luca Volontè

Accese polemiche per l'installazione eretta sulla Grand-Place della capitale belga: Maria, Giuseppe e Gesù rappresentati da bambole a grandezza naturale, senza volto e vestite con tessuti riciclati beige e marroni a simboleggiare l'inclusione.