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REGGIO EMILIA

Il murales partigiano vìola il codice stradale (e la storia)

Se è per le cause della Sinistra, violare le norme si può. Dopo le strisce Lgbt di Fiumicino, tocca a Reggio Emilia. Autostrade diffida il Comune: «Cancellate il murales "Partigiano reggiano", distrae gli automobilisti». Il sindaco dice no, ma un video del 2019 mostra la volontà di attirare l'attenzione degli automobilisti con un messaggio politico. Una propaganda che fa un torto alla storia celebrando solo una parte come una religione: la Resistenza è stata una guerra civile in cui sono morti anche innocenti per colpa dei partigiani rossi. 

Attualità 22_05_2021

Deve essere un vizio quello dei Comuni amministrati dalla Sinistra di appropriarsi della visuale pubblica, violando il codice della strada, per diffondere messaggi politici e mettendo così a rischio la sicurezza stradale. Non bastava il caso di Fiumicino dove il sindaco Esterino Montino ha dipinto di arcobaleno le strisce pedonali per solidarizzare con la causa Lgbt e con la moglie, Monica Cirinnà, a suo dire bersaglio di commenti sgradevoli.

Una cosa simile è successa a Reggio Emilia dove l’appropriazione di luoghi alla vista degli automobilisti per la diffusione di messaggi di parte, sta provocando un caso politico e una vertenza amministrativa con Autostrade per l’Italia che ha diffidato il Comune intimandogli di non utilizzare una parete di una casa colonica in modo pericoloso per gli automobilisti.

Proprio sul tratto dell’A1 che attraversa la Città del Tricolore e a pochissimi metri dal casello autostradale, sorge una casa abbandonata e ormai cadente che però ha un significato importante per la causa resistenziale, essendo la casa natale di fratelli Manfredi, uccisi nel dicembre ’44 dai nazifascisti, assieme ad alcuni membri della famiglia Miselli, nel corso di un rastrellamento.

Una casa simbolo per l’Anpi e per la Sinistra, nella frazione di Sesso, anche perché durante la guerra civile divenne base logistica dei Gap. Il Comune, insieme all’Anpi e all’istituto storico della Resistenza di Reggio (Istoreco) dopo aver avuto in concessione il rudere nel 2018 come area di delocalizzazione nell’ambito della realizzazione della vicina Alta velocità ferroviaria, nel 2019 ha tinteggiato la facciata della casa corredandola di un messaggio resistenziale tratto dalla canzone di Zucchero (originario della vicina frazione di Roncocesi) Partigiano reggiano.

Partigiano Reggiano, un canto libero/l’amore libero/un cuore unico/come un partigiano reggiano.

Questa la scritta che dal 2019 compare a caratteri cubitali sulla facciata laterale della casa pericolante che però è a 50 metri appena dalle tre corsie sud dell’A1. Sotto la scritta, visibile da tutti gli automobilisti che passano per l’arteria principale del Paese, essendo quella l’autostrada del Sole nel tratto Milano-Bologna, il murales che raffigura i volti delle cinque vittime di quel rastrellamento.

Per Autostrade è sembrato un pericolo. L’automobilista, infatti, si ritrova all’improvviso al lato della strada un’immagine che lo colpisce con scritte grandi e scritte più piccole e una serie di volti che non riesce a riconoscere, ma che attirano comunque la sua curiosità, distraendolo.

A Fiumicino la contestazione da parte della Lega è avvenuta perché le strisce devono essere bianche dovendo risaltare sul fondo scuro dell’asfalto (articolo 145 del codice della strada). Così il multicolor di Montino non era soltanto un’incursione ideologica, ma anche un pericolo per i pedoni dato che in questo modo le strisce non sono così immediatamente riconoscibili dagli automobilisti.

A Reggio Emilia Autostrade per l’Italia non è andata per il sottile e ha comunicato una diffida con ultimatum per correggere quella che secondo il gestore autostradale rappresenta una violazione del codice della strada. Precisamente l’articolo 23, relativo alle pubblicità stradali che possono arrecare disturbo visivo e il 30, sui fabbricati fronteggianti le strade che non devono «compromettere l'incolumità pubblica».

Come per il caso del sindaco di Fiumicino, che non ha ammesso l’infrazione al codice della strada, ma l’ha giustificata per ragioni politiche e simboliche all’insegna del “non fa male a nessuno”, anche il sindaco di Reggio Luca Vecchi ha respinto la richiesta di Autostrade di cancellare l’opera, adducendo motivazioni nobili, ma anche propagandistiche e dicendo che il murales non si tocca: «Non cancelleremo il murales, è parte integrante del nostro Dna, ricorda un fatto gravissimo – un rastrellamento nazifascista in cui persero la vita 23 persone -. Non contiene alcuna comunicazione commerciale, non è una insegna, un cartello, un manifesto o un impianto pubblicitario. Fra l’altro la distanza dalla carreggiata (circa 50 m dal centro) e la tipologia del murales non riteniamo vogliano in alcun modo indurre a confusione gli automobilisti, rispetto alla segnaletica verticale presente a lato della strada». 

Per la verità, Vecchi deve aver capito perfettamente di aver infranto il codice della strada, ma invece di cospargersi il capo di cenere e scusarsi con il gestore, ha cercato di correggere il tiro, dicendosi disponibile a piantumare degli alberi per oscurare un po’ la facciata rosso lambrusco che sbuca all’improvviso all’attenzione di camionisti e automobilisti. Autostrade si è detta possibilista e la questione si chiuderà con un accordo di sicuro.

Ma a nessuno è venuto in mente di contestare l’opportunità dell’opera: quello che viene veicolato è proprio un messaggio partigiano, nel senso di parte, che esalta quelli che chiama “martiri” della Resistenza perché uccisi dai nazifascisti, ma tace completamente sulle altre vittime, quelle per mano dei partigiani rossi gappisti. Vittime che pure nel reggiano furono tante e innocenti. Può sembrare politicamente scorretto o fastidioso, indigesto o inopportuno, ma dire "Partigiano reggiano" significa anche dire di centinaia di casi di ammazzamenti rimasti impuniti di nemici politici innocenti e preti o anche solo partigiani non comunisti, come ad esempio Giorgio Morelli o Azor. Tutti classificati cinicamente dalla vulgata come effetti collaterali. 

Ma a Reggio quella resistenziale è ormai una religione civile, che non si discute. In questo senso le ammissioni storiche sono sempre state col contagocce. Per questo il Comune ha potuto fare le cose senza la minima opposizione.

Però, la necessità che l’immagine venisse recepita immediatamente dagli automobilisti sfruttando la platea autostradale è nella natura del progetto di Case Manfredi. È lo stesso municipio a comunicarlo nel presentare la genesi della realizzazione del murales attraverso una pagina apposita sul sito di turistico del Comune.

«L’opera, voluta da Istoreco in collaborazione con Anpi e Comune di Reggio Emilia (i cui simboli compaiono sulla facciata ndr), vuole rendere omaggio alla memoria dei Martiri per la Resistenza appartenenti alle famiglie Manfredi e Miselli di Villa Sesso, diventando una “nuova porta” della città, ben visibile da più parti, anche da chi transita sull’autostrada A1».

E nel video di presentazione, che si apre proprio con tante immagini dell’autostrada, è proprio Pasqualino Pugliese, responsabile del progetto per conto del Comune a dare una connotazione politica a quell’opera e a legarla all’autostrada. «La street art ha un valore civile, è un’arte pubblica, nei contesti degradati li fa diventare qualificati. In questo caso questo murales di casa Manfredi aggiunge al linguaggio generale e al valore civile anche un valore politico specifico. Dice a chi arriva dall’autostrada: “Reggio Emilia è questa cosa qua, è una città resistente, è una città partigiana, che sa da sempre da quale parte stare”».

Insomma, l’intento propagandistico e politico è dichiarato fin da subito, ma per diffonderlo non ci si è preoccupati della possibile infrazione al codice della strada. Il murales può piacere o no, può anche essere discutibile dal punto di vista dell’opportunità, ma quel che è certo è che non può essere un lasciapassare per imporre un'identità per una città che non ha ancora fatto i conti del tutto col suo passato.

La Resistenza è stata molto di più, purtroppo, dell’eccidio dei Manfredi. È stata una guerra civile dove a quasi 80 anni di distanza, una parte delle centinaia di vittime innocenti dei partigiani rossi, non ha mai ricevuto attenzioni con vista sull’autostrada più importante d’Italia. Dimenticarle e presentare solo una parte della storia è l’ennesimo affronto.

E l’ennesima operazione di propaganda che pretende che tutti si identifichino con una lettura parziale della storia e che rende il murales di Case Manfredi molto simile alle scritte nero pece sulle case fasciste per dire che “è l’aratro che traccia il solco, ma la spada che lo difende”. O alle edicole votive ai crocicchi delle strade nella Buenos Aires anni ’50 dove poter dire che “Evita dignifica, Peròn cumple”. O, cambiando sponda, ai messaggi stradali della Spagna repubblicana o nella Cuba castrista.