Il medico abortista, il pro-life e la verità che salva
Preghiera, sacrificio e azione. La battaglia contro l’aborto e in difesa della vita va combattuta con le armi della vera fede. Soprattutto in questo momento in cui per i princìpi non negoziabili cristiani non c'è ormai più posto. Dagli Usa ecco due storie esemplari che fanno capire a che livello si situa la battaglia e la posta in gioco.
È impressionante vedere le immagini di quanto accaduto di recente fuori da una clinica abortiva degli Stati Uniti, soprattutto pensando ai tentativi di tatticismo politico e compromesso che ormai caratterizzano anche la mentalità cattolica sulle questioni strettamente legate alla natura umana e quindi alla fede.
Nel video che circola in rete, (clicca qui) un medico abortista di nome Robert Santella esce dalla porta principale della San Diego's Family Associates Clinc, per affrontare un attivista prolife intento a scuotere le coscienze del personale clinico e delle donne intenzionate ad abortire. Vedendo il dottore, l'attivista lo invita a pentirsi dei suoi peccati. Il medico non lo deride, ma gli domanda perché dovrebbe. E poi, con tono gutturale, lo insulta così: «Alito puzzolente!». L'attivista risponde: «Questo è piuttosto malvagio da parte sua». Santella, digrignando i denti e alzando la mano destra, in cui tiene un paio di forbici chirurgiche, gli risponde che sì, «è malvagio». Prontamente il prolife afferma: «Wow, è questo che fate ai bambini?» e il medico risponde che «sì, e amo farlo».
A quel punto l'attivista lo invita a convertirsi a Cristo e quello, anziché ridere o negare l'esistenza di Dio prosegue: «Oh non vado mai dietro a Cristo. Non ascolto Cristo». E ammettendo di avere «un cuore nelle tenebre, molto, molto...», afferma di sapere che un giorno sarà giudicato e che lo è ogni giorno. «Quindi», conclude l'attivista, «continuerà a fare a pezzi i bambini?». Santella risponde che «continuerò, continuerò». L'episodio fa ben capire che davvero, come diceva san Paolo agli Efesini, «la nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti». E Gesù nel Vangelo ci dice bene come si combattono questa razza di demoni che ci circondano negli ospedali, nelle scuole e nelle aule dei Parlamenti. E che, come raccontava di recente un santo esorcista, spesso soggiogano gli uomini con il peccato, senza avere bisogno di possederli fisicamente.
In Matteo 17, quando gli apostoli chiedono a Gesù perché non sono riusciti a scacciare un demone, Lui risponde che non hanno fede in Lui. In sostanza i discepoli si affidano a strategie umane, mentre «questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno», confidando solo in Lui. Si potrebbe discutere sul metodo adottato dall'attivista fuori della clinica di San Diego, ma non è questo il punto. Perché, opportunamente o non, è il tempo di proclamare la verità, come testimoniano le vicende delle ex direttrici di due cliniche del colosso abortivo americano Planned Parenthood: Ramona Trevino, e Abby Johnson, un tempo alla guida di due centri abortivi texani e letteralmente salvate dal richiamo alla conversione e dalla preghiera degli attivisti prolife. Trevino ha raccontato di quando nel 2011, tornando dal lavoro, sentì alla radio queste parole: «La contraccezione è la strada all’aborto, (…) saremo tutti davanti a Dio e penso che ci chiederà: cosa hai fatto?». E in quel momento «mi feci piccola, era come se Dio stesse parlando a me».
La tristezza successiva e poi il tormento la portarono a chiedere agli attivisti in preghiera fuori dalla clinica di pregare anche per lei. Sentendosi rispondere che lo facevano già da tempo si commosse. Dopo pochi giorni prese il coraggio di lasciare tutto. La vicenda di Johns è più o meno la stessa: anche lei dopo la conversione, avvenuta nel 2009, è diventata una delle figure più di spicco della lotta contro l'aborto. Non solo la redenzione, però, ma anche l'inganno che alimentò la confusione delle due donne è lo stesso: non tanto l'amore per l'aborto, ma il pensiero che occorresse lasciare la madre libera di applicare l'estrema ratio. Johns parlando in aprile agli studenti della Georgetown University ha esordito così: «Sto qui davanti a voi oggi come testimone del potere della conversione». E chiedendo preghiera, sacrificio e azione ha continuato: «Credo che un giorno sarà Cecile Richards (presidente della Planned Parenthood) ha parlare da qui, ho fede».
Preghiera, sacrificio e azione, anche se «siamo stanchi, anche se siamo frustrati...perché Dio è buono». La battaglia è quindi escatologica e va combattuta con le armi della vera fede. Eppure sono anni che ci dimeniamo in ragionamenti su come e cosa provare a salvare, in un momento in cui per i princìpi non negoziabili cristiani non c'è ormai più posto. Senza accorgerci, però, che è impossibile salvare qualcosa, se non tutta la verità. Significasse anche perdere politicamente per un periodo di tempo che non ci è dato di conoscere. L'alternativa? È negoziare la verità e perdere la fede.