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SOTTO MADURO

Il grido di aiuto dei vescovi venezuelani

La Conferenza episcopale venezuelana (CEV) si è pronunciata ancora una volta “sulla drammatica situazione sociale, economica, morale e politica” che soffrono i venezuelani, attraverso l'Esortazione pastorale pubblicata lo scorso giovedì 15 ottobre. È la radiografia di un Paese rovinato dal comunismo. Il Venezuela è il quarto paese con la peggiore crisi alimentare al mondo

Ecclesia 17_10_2020
Venezuela, manca anche l'acqua

La Conferenza episcopale venezuelana (CEV) si è pronunciata ancora una volta “sulla drammatica situazione sociale, economica, morale e politica” che soffrono i venezuelani, attraverso l'Esortazione pastorale pubblicata lo scorso giovedì 15 ottobre, in occasione della recente riunione virtuale delle Commissioni Episcopali. Mentre il regime di Nicolás Maduro mantiene il Paese in lockdown intermittente dal 17 marzo, con la scusa del contenimento della pandemia di Covid-19.

Il documento è una perfetta radiografia delle tribolazioni venezuelane. Fa luce su quanto sia “immorale” tenere elezioni parlamentarie il prossimo 6 dicembre perché “non c'è trasparenza” e chiarisce che, nelle attuali “condizioni illegittime” del regime, non farebbero che aggravare la crisi democratica del Venezuela. Per i Vescovi “non basta la semplice astensione” proposta dalle opposizioni, “bisogna accompagnare la protesta pacifica, civica e sociale”.

La Bussola Quotidiana presenta le chiavi per comprendere perché l'episcopato venezuelano si oppone alle elezioni indette da Maduro, evidenziando ancora una volta la missione profetica della chiesa venezuelana, che più di due anni fa aveva già paragonato la crisi venezuelana ad una “grande tribolazione” (Esortazione Pastorale dell'11 luglio 2018).

È la radiografia di un Paese rovinato dal comunismo. “Le angosce e le carenze subite dal popolo venezuelano sono già note, dalla scarsità e carenza di cibo, all’inefficienza dei servizi pubblici, perfino il mancato rispetto dei loro diritti più elementari”, così inizia il documento.

Il Venezuela è il quarto paese con la peggiore crisi alimentare al mondo. Inoltre, il 91,2% della popolazione soffre di interruzioni del servizio elettrico a livello nazionale, il 95% dei venezuelani non riceve l'acqua a casa; solo il 20% delle famiglie riesce a procurarsi il gas in bombola per cucinare; e i venezuelani passano giorni in fila per provare a comprare la benzina, ma spesso non arriva mai. La FAES (Forza di Azioni Speciali), braccio armato di Maduro, ha ucciso più di 7.000 persone dalla sua creazione nel 2016 e nel 2020 ha ucciso più di 2.000 venezuelani.

È una tragedia nella tragedia. “Questo problema è stato aggravato dall'arrivo della pandemia di COVID-19, che sta lasciando la sua scia di dolore e morte in tutti gli angoli della nostra geografia. Sono tanti che si sentono angosciati e indifesi, senza la possibilità di affrontare una crisi che li porta a situazioni estreme di insicurezza e precarietà personale e familiare”, prosegue il documento.

Nicolás Maduro “ha dimostrato la sua incapacità di rispondere ai grandi problemi nazionali e le sue azioni tendono ad aggravarli”, perché “il suo unico obiettivo è rimanere al potere a tutti i costi, non importa quanta sofferenza questo porti al popolo venezuelano. Inoltre, i settori dell'opposizione sono divisi e non rappresentano una reale alternativa di cambiamento”.

“Sia il partito al governo che l'opposizione non hanno presentano un progetto Paese”, hanno avvertito i Vescovi e hanno affermato che “il Venezuela chiede a gran voce un cambiamento di atteggiamento in tutta la leadership politica”. E ricordando le parole della recente Enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”, hanno indicato che “Il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche, che li usano demagogicamente per i loro fini” (n. 155).

Di fronte a questa situazione, “il popolo venezuelano esige la libertà di rivendicare i propri diritti costituzionali”, per questo esercita “ovunque, quasi spontaneamente e con un'organizzazione locale, il diritto costituzionale alla protesta pacifica”. Infatti, l'Osservatorio Venezuelano sui Conflitti Sociali (OVCS) ha registrato 1.193 proteste solo nel settembre 2020, pari a una media di 40 al giorno, e il 90% sono in rifiuto del crollo dei servizi di base, per la crisi del carburante, per la domanda di lavoro, salute e cibo.

L'esodo non si ferma. “Guardiamo con dolore come gruppi di nostri fratelli, vendendo i loro pochi averi, intraprendono lunghi viaggi a piedi, da varie regioni, per lasciare il Paese. Più che emigrare, fuggono da un Paese che non offre garanzie di una vita dignitosa”. Secondo i dati dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), al 5 ottobre 2020 5.4 milioni di venezuelani sono fuggiti dalla dittatura di Nicolás Maduro, di cui più di 4 milioni vivono attualmente in un altro Paese dell'America Latina. È il più grande esodo mai vissuto nella regione.

Militari che derubano migranti. “Oltre a subire i rigori del tempo e la stanchezza, (i migranti) sono soggetti al disprezzo di alcuni loro concittadini. La loro situazione aggrava i maltrattamenti delle autorità militari e di polizia che, lungo la strada, li requisiscono e portano via i loro averi e il denaro che portano”. Lo aveva già denunciato il Vescovo della diocesi di San Cristóbal (confinante con la Colombia), Mons. Mario Moronta, nella sua omelia del 12 ottobre: ​​ “i militari, la Guardia Nazionale e la polizia, quello che fanno è abusare di loro, estorcerli, derubarli, del poco che possono portare”, ha detto.

Confermano i crimini contro l'umanità del regime. Tutti i rapporti sui diritti umani in Venezuela sono “devastanti per quanto sono realisti”, ma è poco di fronte alla realtà che esiste nel Paese”. “È giusto, quindi, processare i responsabili di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie e torture”, per rompere il “circolo infernale” della loro natura sistematica.

“È un potere de facto”. Non va dimenticato che “le elezioni presidenziali devono ancora tenersi, poiché quelle del 2018 sono state segnate da condizioni illegittime che hanno lasciato l'attuale regime, agli occhi del Venezuela e di molte nazioni, come un potere di fatto”. Confermano che “la volontà maggioritaria del popolo venezuelano è di chiarire il proprio futuro politico attraverso il percorso elettorale”, ma con “elezioni parlamentarie autentiche ed elezioni presidenziali in condizioni di libertà e uguaglianza per tutti i partecipanti”.

Infine, chiedono la partecipazione di tutti i venezuelani per ripristinare la democrazia. “Le varie organizzazioni civili, le università, i sindacati, le accademie, gli imprenditori e i lavoratori, le comunità di popoli nativi e i giovani devono compiere sforzi congiunti per ripristinare i diritti democratici della nazione. Per questo, è necessario accompagnare la protesta pacifica, civica e sociale che oggi si estende in tutto il Paese, stabilire un percorso chiaro per la trasformazione politica, democratica e civile e superare personalismi che danneggiano la missione collettiva di ottenere un Venezuela dove ritorni la giustizia e la pace”.

“Il Signore sarà un riparo per l'oppresso, in tempo di angoscia un rifugio sicuro” (Sal 9,10)