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UE

Il giro di vite sull'immigrazione

La politica dell'immigrazioni suscita emozioni forti e molto mutevoli nell'opinione pubblica. Si è passati dalla gara all'accoglienza a quella all'espulsione degli immigrati. In assenza di accordi a livello Ue, i singoli Stati procedono unilateralmente. E l'Italia può ricevere decine di migliaia di espulsi dagli altri paesi membri?

Politica 30_01_2016
Polizia indaga dopo il fallito attentato al campo profughi in Germania

Al di là delle promesse reciproche (ma nessun accordo è stato raggiunto) nell'incontro fra il premier Matteo Renzi e la cancelliera Angela Merkel, ieri a Berlino, la politica dell’immigrazione continua a suscitare emozioni forti e contrastanti. La sola foto del piccolo Aylan, il bambino curdo, di tre anni, morto sulla spiaggia turca di Bodrum il 2 settembre 2015, aveva provocato un’ondata di solidarietà in tutta Europa. La cancelliera tedesca Angela Merkel era stata la prima ad intercettare l’umore dell’opinione pubblica, annunciando una nuova politica dell’accoglienza. La Germania si dichiarò pronta ad ospitare un milione di profughi dalla Siria. Si trattava di una decisione che faceva a pugni con la contemporanea crisi nell’Europa centrale, dove l’Ungheria aveva appena eretto una barriera, lungo il suo confine meridionale, per interrompere il flusso di immigrati dai Balcani.

Dalla prima settimana di gennaio, l’opinione pubblica ha fatto una svolta a U, determinata dalle violenze subite dalle ragazze tedesche a Colonia e in altre città europee, ad opera di immigrati nordafricani e mediorientali. La cancelliera Angela Merkel, anche questa volta, è stata pronta a cavalcare l’emozione del momento, annunciando regole più rigide per l’espulsione dei clandestini e restrizioni nell’ammissione di rifugiati. Anche i paesi scandinavi, finora fra i più ospitali d’Europa, hanno annunciato un giro di vite, soprattutto dopo che una dipendente svedese di un campo profughi è stata accoltellata e uccisa da un immigrato durante una lite. L’odio nei confronti dei nuovi arrivati è giunto a livelli di allarme: ieri, a Villingen-Schwenningen, Germania sud-occidentale, ignoti hanno lanciato una bomba a mano contro un centro per i rifugiati, dove sono ospitate 170 persone. La granata non è esplosa: avrebbe potuto provocare una strage.

Al di là dei rapidi cambiamenti di umore dell’opinione pubblica europea, condizionati da foto e notizie, a che punto è arrivata la crisi dell’immigrazione? E al di là dei proclami mutevoli, come la stanno affrontando le classi dirigenti dell’Ue? La crisi è grave perché è la somma di almeno sei problemi non risolti. Prima di tutto, non è stato raggiunto alcun accordo sulla distribuzione degli immigrati nei 28 membri dell’Ue. I paesi dell’Europa centrale che fanno parte del Gruppo Visegrad hanno rifiutato il piano. Il nuovo governo conservatore polacco non può che rafforzare questa posizione. Se gli immigrati non saranno ripartiti fra i membri dell’Ue, il peso dell’immigrazione rischia di gravare sui primi paesi di destinazione: la Grecia, ma anche l’Italia.

Secondo: il trattato di Schengen, che dal 1995 (data di entrata in vigore) ha garantito la libera circolazione delle persone fra i paesi membri dell’Ue e alcuni paesi europei esterni all’Ue, ora è seriamente rimesso in discussione. Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia (paese extra-Ue) e Francia, ripristinando i controlli alle frontiere, lo hanno di fatto sospeso unilateralmente. L’Ungheria, erigendo la sua barriera al confine meridionale, anche nei tratti adiacenti ad altri paesi membri (Croazia e Slovenia) ha cambiato per prima le regole del gioco.

Terzo: la convenzione di Dublino, che fissa le regole per l’accettazione dello status di rifugiato, è anch’essa seriamente rimessa in discussione. Gli immigrati che giungono in Italia e in Grecia, infatti, molto spesso non sono neppure identificati. Come se fosse in vigore un tacito accordo, la registrazione non conviene agli immigrati, che in questo modo possono spostarsi in Europa senza problemi e alle autorità del paese di approdo, che se ne libera: senza registrazione non possono essere rinviati al primo paese di transito.

Quarto: il flusso continua ad aumentare. In Grecia, in particolar modo, arrivano in media più di mille immigrati al giorno, attraverso la Turchia. Sono già 36mila dall’inizio dell’anno. In Italia l’emergenza è minore: “appena” 607 dal 1 gennaio. Quinto: le procedure per garantire il diritto di asilo a chi aspira allo status di rifugiato erano stati concepiti in assenza di grandi flussi migratori. Attualmente, queste procedure non stanno reggendo lo stress. E i numeri parlano da soli: gli immigrati in tutto il 2015 sono stati poco più di 1 milione e 500mila. A richiedere asilo politico sono stati più di 942mila. Di questi 200mila hanno fatto richiesta solo nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. La provenienza della maggior parte di loro è la Siria, seguita dall’Afghanistan e dall’Iraq. I morti nel Mediterraneo, dall'inizio di quest'anno, sono già 244.

Infine, ma non da ultimo, la Germania sta rivedendo la sua politica e potrebbe influenzare anche gli altri paesi. Soprattutto dopo il furore provocato dalle violenze di Capodanno, ha promesso di eliminare lo status di “paesi a rischio” a Marocco, Algeria e Tunisia. Se dovesse tramutarsi in legge, questa decisione impedirebbe a tutti gli immigrati da quei tre paesi nordafricani di ottenere asilo politico e permetterebbe di rimandarli in patria. La Germania sente che è giunta a un punto di rottura. In tutto il 2015 gli attacchi ai danni degli immigrati sono stati 1005, stando alle statistiche della polizia. La bomba di ieri, a Villingen-Schwenningen è stato potenzialmente il più pericoloso e segna, secondo il ministro della Giustizia Heiko Maas “un salto di qualità”.

Intanto Svezia e Finlandia si preparano a riaccompagnare alla frontiera tutti coloro che non hanno ottenuto lo status di rifugiato, cioè poco meno della metà dei richiedenti. Considerando il flusso, stiamo parlando di decine di migliaia di immigrati: Stoccolma si è detta pronta ad espellere tra i 60mila e gli 80mila richiedenti asilo. Un’operazione logistica imponente, che richiederà voli speciali allestiti dal governo. La Finlandia ha invece annunciato l’espulsione di altri 20mila richiedenti asilo (ma potrebbero arrivare fino a 32mila), ben più della metà dei candidati. Ma gli immigrati espulsi dove andranno? Non è ancora chiaro. La Svezia sta negoziando con Kabul, per poter rimandare in Afghanistan i profughi provenienti da lì, nonostante sia un paese ancora molto pericoloso. Ma in assenza di accordi bilaterali con i paesi di origine (per l’Iraq e soprattutto per la Siria è quasi impossibile raggiungerli), la convenzione di Dublino prevede che vengano rimandati nei paesi di approdo: dunque noi e i greci potremmo ricevere, di rimbalzo, decine di migliaia di persone. Siamo pronti?