Il Giorno della libertà della fede. Negli USA, ovunque
Quella sana laicità della cosa pubblica che garantisce a tutti il diritto di esprimere pubblicamente la religione.
Domenica, 16 gennaio, le famiglie, le scuole e le chiese degli Stati Uniti d’America celebrano il National Religious Freedom Day, la Giornata nazionale della libertà religiosa, il cui scopo principale è promuovere e proteggere la libertà di espressione della fede religiosa in un luogo pubblico qual è la scuola attraverso manifestazioni di sensibilizzazione indirizzate agli studenti, ai genitori e agli educatori.
La Giornata è indetta ufficialmente ogni anno del presidente federale che pure invita le scuole del Paese a prepararsi attraverso iniziative educative adeguate da svolgersi nel corso della settimana precedente.
Il 16 gennaio viene scelto poiché segna l’anniversario dell’approvazione, nel 1786, dello Statuto per la libertà religiosa dello Stato della Virginia, scritto nel 1779 dal padre della patria Thomas Jefferson (famoso autore della Dichiarazione d’indipendenza del 1776 e poi presidente federale) e tramutato in legge dall’Assemblea Generale di quella ex colonia nordamericana. Jefferson volle essere eternato fin nell’epitaffio della sua tomba come l’autore di quel documento. La cui importanza è del resto capitale.
Di lì a pochi anni, infatti, la Convenzione convocata a Filadelfia avrebbe portato alla stesura e quindi all’entrata in vigore, nel 1789, della Costituzione federale degli Stati Uniti, presto integrata dai dieci emendamenti contenuti nel Bill of Rights che sono la garanzia più cristallina dei diritti della società e dei cittadini contro ogni possibile strapotere statalistico che ne conculchi le libertà. Prima fra tutte le provvisioni del Bill of Rights è proprio il diritto alla libertà religiosa, cioè la libertà politica dell’esercizio della fede, considerato perno della nazione americana così come di ogni società autenticamente a misura di uomo.
Negli Stati Uniti, la separazione fra Chiese e Stato federale (ma di per sé, come storicamente è accaduto, non la separazione fra Chiese e singoli Stati componenti l’Unione) ne è una manifestazione pratica. In un Paese a forte composizione religiosa, dove il pluralismo è una fatto quantitativamente assai rilevante, la separazione fra Stato federale (centrale) e Chiese ha sempre garantito la libertà massima dell’esercizio politico della libertà religiosa. Ciò è del resto sempre andato a vantaggio enorme dei cattolici, in origine era un piccolissima minoranza (che quindi non avrebbero mai potuto sperare di essere riconosciuti come Chiesa ufficiale qualora gli Stati Uniti ne avessero scelta una per tutti), i quali hanno avuto la possibilità storica di crescere di numero fino a divenire la maggioranza relativa degli americani quali oggi sono.
Le commemorazioni ufficiali dell’evento storico che sta alla base della Giornata nazionale della libertà religiosa sono a cura dal First Freedom Center (il Centro per la tutela della prima libertà della persona e della società) di Richmond, capitale dello Stato della Virginia.
Quella di domenica è una giornata fondamentale per gli Stati Uniti, il vero pilastro del loro esistere storico. È una giornata proclamata e riconosciuta dalle istituzioni senza che questo comporti alcuna lesione della laicità dello Stato (peraltro nei documenti federali garantita proprio dalle stesse norme che tutelano la libertà religiosa e l’esistenza delle Chiese da ogni possibile ingerenza politica). Ma è soprattutto il segno di una possibilità grande, politica, per tutti i Paesi e per tutti gli uomini, in ogni angolo nel mondo. Oggi poi, in odore d’istituzione di un “Christian Rights Watch” a favore dei cristiani perseguitati e uccisi a motivo della loro fede, la sua celebrazione assume un valore davvero universale.