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LIBERTÀ RELIGIOSA

Il Ghana a forte rischio

Stregoneria, tribalismi e intolleranza crescente scuotono quest'angolo remoto di Africa Nera.

Cultura 14_01_2012
Ghana

 

Nel settembre dello scorso anno, monsignor Philip Naameh, arcivescovo di Tamale nel nord del Ghana, intervistato dalla Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), ha espresso inquietudine rispetto al futuro della tolleranza religiosa che caratterizza questo piccolo Paese dell’Africa occidentale.

«Il mio timore - ha dichiarato l’Arcivescovo - è che i fondamentalisti riescano a mettere a rischio la cooperazione interreligiosa, creando problemi nelle diocesi, come anche quella di Tamale, in cui l’islam è religione di maggioranza».
Il presule è anche intervenuto sugli scontri avvenuti nelle vicine regioni settentrionali della Nigeria, teatro di attacchi ai cristiani, esprimendo la preoccupazione che i gruppi integralisti giungano nel Ghana e decidano di chiudere ogni tipo di rapporto con le altre religioni, mettendo in pericolo la sicurezza delle minoranze. L’arcivescovo ha riferito di come molti degli appartenenti ai gruppi oltranzisti, ricevano la loro formazione in Iran, Iraq o Arabia Saudita, e facciano poi ritorno in patria con forti sentimenti di intolleranza verso i cristiani e le altre minoranze. “Queste persone - ha detto - rientrano dal Medio Oriente fermamente convinte che chi non è di fede islamica, non sia un essere umano a tutti gli effetti e che come tale non abbia pieni diritti”.

Nel Ghana, l’islam si è mostrato finora piuttosto tollerante anche grazie all’intenso lavoro dei missionari cattolici che, fin dal loro arrivo, hanno sempre considerato prioritari l’instaurazione e il mantenimento di una buona convivenza con la comunità musulmana. Fedeli e leader religiosi islamici sono rimasti impressionati dell’aiuto umanitario prestato dalla Chiesa cattolica ai cittadini ghanesi senza distinzione di credo religioso, come dimostrano per esempio la costruzione di pozzi costruiti in regioni a maggioranza musulmana o l’accoglienza nelle scuole cattoliche anche di studenti islamici, spesso molto numerosi. «Nella mia arcidiocesi - ha dichiarato Monsignor Naameh - costituiamo appena il 2% della popolazione, ma il nostro impatto sulla società è molto più grande di quanto i numeri lascino intendere».

Come riferisce il rapporto dell'ACS, la Costituzione del Ghana riconosce la libertà religiosa. I gruppi religiosi devono registrarsi, ma molti gruppi, specie le religioni tradizionali indigene, non chiedono il riconoscimento e operano non rispettando la legislazione che risale agli anni ‘80. Le attività ecclesiali di carità e di istruzione, che non generano redditi, sono esenti da imposte.
L’Unione dei religiosi africani (African Religious Union of the Catholic Church, Ghana), all’inizio del 2011, nel corso di una riunione a Ho, nella regione del Volta, ha lanciato l’allarme rispetto alla possibilità che la proliferazione delle sette nel paese possa minacciare il cristianesimo.  Alla fine del 2010 si contavano 7.897 nuove sedicenti chiese in Ghana, un vero e proprio business, più che un fenomeno autenticamente religioso, ha denunciato l’Arug, che ha affermato: «Molti dei leader di questi movimenti si autoproclamano uomini di Dio, facendosi chiamare addirittura vescovi, profeti, diaconi, anziani, ma in realtà si tratta di persone con un bassissimo livello di istruzione , che non capiscono la Bibbia e la interpretano in modo superficiale, sicuramente più accattivante delle predicazione tradizionale del Vangelo proposta da un’istituzione antica come la Chiesa».

In alcune zone del Paese è diffuso il timore della stregoneria e molte persone, specialmente donne anziane, sono accusate di essere streghe responsabili dei più vari eventi sfortunati. Le streghe spesso sono cacciate dai villaggi e devono rifugiarsi in appositi “campi di streghe”. Chi vuole restare o tornare alla propria casa, rischia di essere percossa o persino uccisa dai suoi stessi concittadini.
Alcune religioni tradizionali comprendono l’esecuzione di pratiche magiche, che possono richiedere mutilazioni fisiche o persino sacrifici rituali, anche di bambini.
Sempre collegata ai rituali tradizionali, in alcune zone del Paese vige la pratica del trokosi, per la quale giovani ragazze sono destinate a diventare “serve” dei templi locali, in condizioni
assimilabili a una schiavitù di fatto. Secondo la tradizione, le famiglie che devono espiare una grave mancanza offrono al tempio una figlia, che può essere destinata a restare per tutta la vita come “sposa del dio”, di fatto asservita ai comandi dei sacerdoti. Le giovani inviate ai templi possono avere anche soltanto 18 mesi. Anche se tale condotta è ora ritenuta un reato e perseguita dallo Stato, Enti come l’International Needs Ghana (Ing) stimano che nel 2009 esistessero ancora non meno di 5mila ragazze e donne a servizio nei templi.

Oltre all’intervento punitivo del governo, diverse Ong sono attive per affrancare queste donne, alle quali danno un aiuto economico e insegnano un mestiere, per consentire loro di rifarsi una vita.
Il reverendo Walter Pimpong, direttore esecutivo di Ing, dice che oltre 2mila donne hanno beneficiato del programma di aiuti negli ultimi anni. Peraltro, gruppi religiosi tradizionali accusano simili enti di non comprendere le loro credenze e considerano la campagna governativa contro il Trokosi alla stregua di una vera persecuzione.
Sono pure frequenti le rimostranze verso i cosiddetti “campi di preghiera”, soprattutto quelli dei Pentecostali, accusati di praticare maltrattamenti psichici e fisici, anche per settimane, contro soggetti con problemi mentali. Nei campi si cerca di “curare” tali infermità con pratiche esorciste, che però possono consistere in gravi abusi (come la privazione di cibo e acqua) con il fine dichiarato di cacciare il male dal corpo. Fonti delle Nazioni Unite - riferisce l'ACS - accusano alcuni leader di chiese Pentecostali di esigere denaro dai parenti degli “indemoniati” per effettuare questi esorcismi.