Il funerale di Nasrallah, prova di forza di Hezbollah
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Un funerale di massa, celebrato nello stadio di Beirut, per Hassan Nasrallah, leader storico di Hezbollah. Esponenti di tutto il mondo islamico ospiti. Israele "rovina la festa" con sorvoli a bassa quota. Il reportage da Beirut.
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Allo scoccare delle 13 di domenica 23 febbraio Hezbollah ha celebrato a Beirut il funerale di Hassan Nasrallah, storico leader della milizia sciita ucciso da IDF il 27 settembre scorso nella periferia sud della Capitale, e di Hashem Safieddine, che ne ha preso il posto prima di essere a sua volta ucciso pochi giorni dopo. Un milione e quattrocentomila persone, secondo stime non ufficiali, si sono riunite per la cerimonia nello stadio Camille Chamoun per poi accompagnare le salme al luogo di sepoltura nei pressi dell’aeroporto.
Arrivo a Beirut alla vigilia del funerale di Nasrallah e Safieddine, annunciato da settimane, e già in aeroporto si percepisce che qualcosa di grosso è nell’aria. A bordo del mio aereo ci sono due ragazzi yemeniti arrivati per l'occasione; sono giovani, magrissimi ed espongono con orgoglio la bandiera del loro Paese appena scesi dalla scaletta. Una delegazione di un centinaio di persone munite di bandiere inneggianti a Hezbollah è stata frattanto depositata nella zona arrivi da un airbus proveniente da Istanbul. Il mio solito hotel è al completo, interamente occupato da cittadini iracheni: secondo fonti di Hezbollah, sono attese un migliaio di personalità, delegazioni da settanta Paesi, Libano compreso, oltre a un numero indefinito di supporters da tutto il mondo.
La mattina della cerimonia, in una Beirut deserta e chiusa ai mezzi pubblici e privati, vado di buonora a ritirare il mio permesso stampa. Hezbollah ha scelto come base logistica per l'evento un grande albergo dove comincio a rendermi conto della portata dell’avvenimento: un migliaio di giornalisti e operatori da tutto il mondo affollano ogni sala disponibile in attesa del loro turno. Arrivano anche le autorità, che vengono via via accompagnate allo stadio: provengono da Yemen, Iran, Iraq, Indonesia, Giacarta, Russia, Turchia. Quando finalmente riesco ad ottenere il cartellino è troppo tardi per entrare nello stadio e devo accontentarmi della zona esterna, a sua volta allestita con sedie, maxi schermi e punti di ristoro. Ovunque sventolano bandiere gialle in mano a uomini, donne e bambini festanti che sembrano partecipare a un'occasione lieta piu' che a un funerale, e si vedono ritratti dei due compianti, soprattutto di Nasrallah.
Nel settore delle donne dove mi trovo si vedono anche molte foto di "martiri": sono mariti, figli, padri, fratelli che hanno combattuto nell'ultima guerra e sono caduti per mano di Israele. La macchina logistica della milizia sciita regge bene l'urto dei grandi numeri ed è evidente che nell'organizzazione non si è badato a spese; viene spontaneo chiedersi da dove provengano i fondi, atteso che in quattordici mesi di guerra Israele ha specificamente colpito anche le risorse economiche di Hezbollah. Del resto per la milizia sciita il funerale di Nasrallah è un importante investimento, soprattutto in termini di comunicazione: è l'occasione per mostrare al mondo che, pur avendo subito gravi danni da parte israeliana in termini di uomini, mezzi e relazioni, Hezbollah è ancora vivo e vegeto, pronto a resistere allo Stato Ebraico.
Questo è anche il senso del discorso che Naim Qassam, attuale leader della milizia, pronuncia in diretta video da un luogo sconosciuto durante la cerimonia: Hezbollah continuerà la resistenza contro Israele e non accetterà che lo Stato Ebraico «prenda attraverso la politica ciò che non è riuscito a conquistare con la guerra», un chiaro riferimento al nuovo governo libanese in cui Hezbollah occupa meno spazio rispetto al passato. La gente esulta alle sue parole, si commuove durante le preghiera in onore dei due defunti, piange senza ritegno al ricordo di Nasrallah e ne scandisce orgogliosamente il nome finché quattro caccia israeliani non passano a bassa quota sopra le nostre teste, riportando la folla alla dura realtà. IDF, che secondo gli accordi internazionali avrebbe dovuto lasciare il Libano il 18 febbraio scorso, e che invece mantiene tuttora cinque postazioni nel sud del Paese, è decisa a rendere la vita difficile a Hezbollah. I caccia israeliani fanno un altro passaggio durante la cerimonia, mentre la folla scandisce "morte a Israele" e "morte agli Stati Uniti". Una giovane madre vicino a me è colta da quello che pare un attacco epilettico, mentre la sua bimba la guarda con gli occhi sbarrati: improvvisamente la brutalità della guerra infrange la rappresentazione di orgoglio identitario di cui sono testimone.
Nel corso di tutta la giornata IDF ha continuato a bombardare il sud del Libano, rimarcando la sua presenza nel Paese. Lo stesso premier israeliano Netanyahu ha dichiarato, in concomitanza con la cerimonia funebre, che IDF manterrà le proprie postazioni in Libano ad libitum. Dopo il secondo passaggio dei caccia la gente comincia a defluire dallo stadio avviandosi in lenta processione verso il luogo della sepoltura, distante pochi chilometri. Le strade della Dahie, la periferia sud di Beirut, sono invase dalla marea nera delle donne sciite che si battono il petto al ritmo trasmesso dagli altoparlanti. Fa impressione la sproporzione tra uomini e donne, queste ultime decisamente piu numerose, segno di un conflitto recente e sanguinoso che ha falciato centinaia di pater familias. Dai tetti, i cecchini seguono la processione lungo tutto il percorso, mentre il serpentone giallo si snoda verso l’areoporto. Finalmente la testa del corteo, giunta a destinazione, si ferma e rende alle salme gli onori della sepoltura.
La giornata giunge al termine senza spargimento di sangue, cosa affatto scontata, e senza elementi di novità: Hezbollah e Israele hanno dato le loro rispettive e previste dimostrazioni di forza in campo libanese. La sensazione a caldo, a giudicare dalle presenze alla cerimonia, è che Hezbollah sia attualmente più amato all'estero, nell'ambito dell'asse sciita internazionale (l'asse del male, secondo la definizione di Netanyahu), che nel Libano che gli ha dato i natali. Troppe sono le sofferenze che il popolo libanese ha dovuto sopportare negli ultimi mesi e che non ha perdonato a Hezbollah. Il Libano cerca solo pace, che in ogni caso sembra ancora molto lontana.