Il Fondo salva-Stati affonda il governo (che però non cadrà)
Proprio il governo nato per salvare l'europeismo sta incrinandosi su una questione europea. La riforma del Mes (il fondo salva-Stati) sta dividendo Di Maio da Conte. E di conseguenza sta contribuendo a dividere il M5S al suo interno. Ma non siamo in circostanze normali: il governo resterà in piedi perché troppi hanno paura delle urne.
Era nato all’insegna di un rinnovato europeismo, questo governo rosso-giallo, ma è su una questione europea che rischia di implodere. Il dibattito di lunedì prima alla Camera e poi al Senato ha mostrato con tutta chiarezza la distanza netta che separa e contrappone il Presidente del Consiglio da quello che dovrebbe essere il suo principale sostenitore, il capo dei 5Stelle Di Maio.
Conte ha parlato per un’ora mettendo sotto accusa Salvini e dimostrandogli attraverso date e documenti quante volte nel passato governo gialloverde si fosse parlato del Mes (il Fondo europeo salvastati) senza che nessun ministro sollevasse obiezioni. Ma le accuse veementi per Salvini valevano pari pari anche per Di Maio, che di quel governo era vice-presidente come il leghista. E Conte lo ha fatto capire chiaramente, stufo come è delle obiezioni dei 5Stelle che indeboliscono lui, e a suo dire anche l’Italia, agli occhi dell’Europa.
Del resto Di Maio lo ha capito benissimo, tanto da non avere applaudito neppure una volta alle parole del ‘suo’ Presidente del Consiglio, e dall’essersi rifiutato di partecipare alla seduta del Senato. La verità è che le strade dei due, Conte e Di Maio, appaiono divergere sempre più. Conte è più vicino al PD, cosa incredibile fino a poche settimane fa, ha stabilito un’intesa perfetta col ministro dell’economia Gualtieri che ieri annuiva vistosamente ed ogni suo passaggio, si sente spesso con Zingaretti, mentre lascia filtrare tutta la sua irritazione nei confronti di Di Maio. E addirittura ha stretto rapporti privilegiati con alcuni ministri pentastellati che non condividono la linea del capo politico. Di Maio dal canto suo si sente sempre più a disagio in un un governo che in una materia delicata che riguarda i risparmi degli italiani gli appare troppo schiacciato sulla linea europea. Soffre nel vedere Salvini di nuovo scatenato negli attacchi a Bruxelles, e teme di perdere troppi consensi su questo fronte ‘sovranista’, tanto più che il ‘capitano’ è ormai arrivato a invitare esplicitamente alcuni parlamentari grillini a passare con la Lega. Nè va dimenticato poi che Giggetto è in forte difficoltà anche con i suoi, molti dei quali lo criticano ormai duramente e quotidianamente, è stato confermato capo solo grazie a un intervento di Grillo carico di ambiguità. E da oltre due mesi non riesce a convincere i deputati a eleggere il loro capogruppo.
Vista la situazione, sono in tanti a dire che un governo così non può durare, e in effetti in condizioni normali basterebbe un piccolo incidente per provocare la crisi.
Ma noi non siamo in condizioni normali, lo sappiamo e lo ripetiamo da tempo. I parlamentari grillini sono terrorizzati da un ritorno alle urne che li decimerebbe, e anche i partiti sono decisi a scavallare almeno la primavera per spartirsi in santa pace le tante nomine degli enti di Stato che sono in scadenza. Quindi una crisi, nonostante tutto, non sembra alle porte. Però è ormai chiaro che gli scenari futuri si vanno delineando con maggiore chiarezza. Nei 5Stelle la spaccatura tra filo-PD e nostalgici del passato è preludio di una divisione che prima o poi è destinata a esplodere, determinando ancor più il rimpicciolimento del Movimento. A sinistra Zingaretti è convinto che il suo PD ha ripreso l’egemonia dello schieramento e non teme più elezioni in estate, se ci saranno, anche disposto a perdere il prossimo Presidente della Repubblica.
A destra l’ascesa impetuosa della Meloni, che pur infastidisce Salvini, non determinerà comunque troppi scossoni. Forse la tragica anomalia italiana di un 5Stelle primo partito e arbitro dei governi, non è così lontana dal terminare.