Il dramma incancellabile che cambiò per sempre Paolo
Nella geniale sintesi caravaggesca della Conversione di San Paolo percepiamo tutta la drammaticità di ciò che sta accadendo di fronte ai nostri occhi: un uomo è caduto da cavallo e, sdraiato a terra, leva le braccia verso il cielo. Il fermo immagine di un istante che gli cambierà la vita. Un fatto compiuto e compiuto per sempre, incancellabile.
Michelangelo Merisi, La conversione di Paolo, Roma – Santa Maria del Popolo
“Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti” At 22, 8
Quando nel 1600 monsignor Tiberio Cerasi, tesoriere di Papa Clemente VIII, acquisì una cappella in Santa Maria del Popolo per farne il luogo della sua sepoltura, ne affidò la riqualificazione agli artisti migliori, in quel momento, sulla piazza di Roma. L’architetto Carlo Maderno ristrutturò il piccolo vano, Annibale Carracci dipinse la pala d’altare e il Merisi completò il programma iconografico sulle pareti laterali. Alla Vergine Assunta, in posizione centrale, il committente decise di affiancare le icone di Pietro e Paolo, facendo immortalare il martirio per il primo e la conversione per il secondo.
Le prime versioni delle opere caravaggesche non sono quelle che si ammirano oggi in loco. Per vicissitudini varie, le tavole originarie non furono mai esposte e vennero sostituite con due tele che il pittore eseguì successivamente, nell’arco di un breve lasso di tempo. Il soggetto di entrambe restò, comunque, immutato. La prima Crocefissione di Pietro è andata, purtroppo, perduta; la prima conversione di Paolo, invece, è oggi conservata in una collezione privata romana.
Il racconto dell’episodio paolino, così come si sviluppa nella cappella della chiesa, è, dal punto di vista stilistico, decisamente più moderno e, nella sostanza, estremamente essenziale quanto è incisivo, del resto, quello riportato nel brano neotestamentario. Nella geniale sintesi caravaggesca percepiamo tutta la drammaticità di ciò che sta accadendo di fronte ai nostri occhi: un uomo è caduto da cavallo e, sdraiato a terra, leva le braccia verso il cielo. Il fermo immagine di un istante che gli cambierà la vita.
Un “fatto compiuto e compiuto per sempre, incancellabile”, ebbe a scrivere a riguardo lo studioso Giulio Carlo Argan. Nel silenzio della scena, dominata dalla mole del cavallo in primo piano, trattenuto dall’anziano palafreniere, il mistero dell’incontro con Cristo si rende ancor più evidente.
Scarna è l’ambientazione della stalla, presumibilmente una stazione di posta sulla strada tra Gerusalemme e Damasco, e lo spazio, misurato in profondità dallo scorcio del corpo di Saulo, è interamente occupato soltanto dai testimoni dell’evento appena accaduto.
Caravaggio sceglie di non rappresentare Gesù ma una luce esplode e investe il giovane uomo, accecandolo. Il suo viso, però, risplende e quelle braccia alzate, nella momentanea cecità, sono il suo sì alla chiamata divina. Solo adesso Paolo comincia a vedere per davvero.