Il discorso del re
La storia, molto verosimile, di Giorgio VI, sovrano del Regno Unito. Un bel film avvicente e pure educativo. Vale le nomination all'Oscar che si è guadagnato.
- Il discorso del re (Regia: Tom Hooper; Interpreti: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Derek Jacobi, Michael Gambon, Timothy Spall; Genere: Storico; Durata: 111’).
Forse per compensare tutto il bailamme mediatico che avvolge i reali britannici, dalle le intrusioni nella vita privata alle “disavventure” familiari, ma il cinema inglese ha cominciato a fare film che presentano la famiglia reale anche in quegli aspetti che, a noi comuni mortali, li fanno apparire molto meno “privilegiati” di quanto si possa pensare. È stato così per The Queen, che rivelava una Elisabetta ben lontana dalla freddezza con cui si pensava avesse vissuto la tragedia della morte di Diana; è così anche in questo Il discorso del re, che rivela quanto Giorgio VI abbia dovuto affrontare: una corona non voluta (dopo la rinuncia di Edoardo VIII che preferì sposare Wallis Simpson), una guerra aborrita e, argomento del film, una balbuzie in grado di terrorizzare colui che doveva rivolgersi all’Impero Britannico in giorni di grande tribolazione. Nel 1939 la radio era il principale mezzo di comunicazione di massa e le prove che i sudditi di sua Maestà avrebbero dovuto di lì a poco affrontare nella guerra contro la Germania richiedevano una presenza pubblica e una voce forte e sicura, una cosa che mancava al giovane Re, alla disperata ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo. Il rapporto tra Giorgio VI e un logopedista australiano, (Lionel Logue, interpretato da Geoffrey Rush) è storico, e il regista Tom Hooper accentua la differenza tra i due uomini, che non è solo di casta: Lionel è un ex attore australiano, abituato a dare e farsi dare del tu, cosa che è totalmente inconcepibile per un monarca inglese. Mam Lionel capisce che deve convincere il Re a fidarsi di lui, o non riuscirà nell’impresa. Un film avvincente, educativo (chi dei nostri giovani conosce la storia dei genitori della Regina Elisabetta?), girato anche enfatizzando i particolari che distinguono il microcosmo reale, contrapposto alla vita quotidiana dei sudditi. Le tante nomination all’Oscar sono ben meritate.
- The Green Hornet (Regia: Michel Gondry; Interpreti: Seth Rogen, Jay Chou, Cameron Diaz, Christoph Waltz, Edward Furlong Edward James Olmos, Tom Wilkinson. Genere: Azione; Durata: 120’).
Il super eroe in questione questa volta non viene dai fumetti, ma da una serie televisiva Americana degli anni ’60. Un giovane ricco e ozioso alla scomparsa del padre decide di fare qualcosa di utile e scopre nel suo autista un prezioso alleato. Non è né Omero né La pantera Rosa, ma in fondo i super eroi parlano della parte migliore di noi.
- Parto col folle (Regia: Todd Phillips; Interpreti: Robert Downey Jr., Zach Galifianakis, Michelle Monaghan, Juliette Lewis, Jamie Foxx, Rza, Genere: Commedia; Durata: 93’).
Nel 1987 è uscita una bellissima commedia, Un biglietto in due, sulla storia di un poveraccio (Steve Martin) che voleva tornare a casa per il ponte del Ringraziamento e si ritrovava a dividere il viaggio con un tipo assurdo (John Candy). Il remake del 2010 (interpretato da Robert Downey Jr. e Zach Galifianakis) è adeguato ai nostri tempi: è crasso e scurrile, anche se in alcuni momenti è anche divertente (un po’ come un’altra commedia con Zalfianakis, Notte folle a Las Vegas). Ma, a differenza del personaggio di John Candy nel primo film citato, questo viene voglia di scaricarlo alla prima curva.
- Vento di primavera (Regia: Rose Bosch; Interpreti: con Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez, Thierry Frémont, Sylvie Testud, Genere: Drammatico; Durata: 115’).
Hitler nel film lo dice con disprezzo: a differenza dei francesi gli italiani non sarebbero mai riusciti a rispondere così bene alla nostra richiesta. E la “richiesta” era di mandare 50mila ebrei francesi e apolidi verso i campi di sterminio. In un giorno i francesi ne ammassarono 25mila (tra cui 5000 bambini) nel Velodromo di Parigi. Alla fine della guerra tornarono in 25, solo adulti. Un grande film, su un episodio che per la prima volta viene affrontato con sconcertante sincerità.