Il denaro è uno strumento, non la radice del male
I principali quotidiani hanno dato ampio risalto all'omelia del venerdì santo di padre Cantalamessa, operando una semplificazione che non trova riscontro nel Magistero della Chiesa. L'attaccamento smodato ai beni è frutto della perdita del senso della vita.
Alcuni quotidiani di sabato 19 aprile (Repubblica e Corriere , entrambi a pag 21) riportano, in modo frammentato, alcuni passaggi dell’omelia che padre Cantalamessa (il predicatore del Papa) ha tenuto durante la celebrazione del Venerdì Santo in San Pietro. Si legge: “il vero nemico di Dio non è Satana, ma il denaro”, “danaro vero nemico, il concorrente di Dio in questo mondo”, l’attaccamento a questo “anti-Dio” è “la radice di tutti i mali”. Vi sono poi riportati riferimenti a Giuda, agli stipendi scandalosi dei supermanager, al collegamento avidità di denaro con commercio droga e prostituzione, armi e persino organi umani. Ma persino la stessa crisi finanziaria si dovrebbe alla “esecranda bramosia di denaro da parte di pochi”. Conoscendo personalmente padre Cantalamessa ed avendo per lui stima illimitata, proprio per questa stima, mi permetto di proporre “integrazioni” a ciò che ho letto.
Primo. La Teologia e la tradizione della Chiesa, insegnano che la storia è fatta da tre avvenimenti chiave: la Creazione, il Peccato Originale, e la Redenzione. Da questi tre avvenimenti ricaviamo la sintesi che dall’inizio dei tempi l’uomo è conteso tra Dio e Satana. Questo conflitto fa la storia, il “vile danaro” è solo uno strumento, uno dei tanti, con cui il conflitto si svolge. Per vincere in questo conflitto sovrumano, l’uomo deve conoscere (come la teologia insegna) come ispirare il senso della propria vita ed azioni (incluso la produzione ed uso del danaro, che è solo uno strumento nelle sue mani, di per sé né buono né cattivo). Ma l’uomo deve anche imparare a lottare ispirandosi alla Passione di Cristo. Quando l’uomo perde i valori e i riferimenti forti, e si indebolisce, sono i comportamenti imposti dal mondo che ispirano le sue idee, il senso della sua vita.
Il comportamento materialistico, edonistico, l’attaccamento ai beni ed il loro cattivo uso, è conseguenza della perdita del senso della vita, perdita del bene e vittoria del male. Sempre la Teologia, e il magistero della Santa Chiesa, spiega che l’uomo arriva ad idolatrare il danaro ed i beni quando “si alimenta” in modo squilibrato. Intendo dire che l’uomo necessita tre alimenti: quello corporale-materiale, quello intellettuale e quello spirituale. Se uno dei tre viene a mancare l’uomo si squilibra. Se poi manca l’alimento spirituale ed intellettuale, l’uomo si soddisfa solo materialmente, si animalizza. Ma chi non gli ha fornito gli altri due alimenti?
Negli ultimi tempi poi, credo che non sia il “male” che è diventato più forte, credo sia l’uomo che è diventato più debole cibandosi sempre meno intellettualmente e spiritualmente. Io credo che non basti mostrare all’uomo le conseguenze negative prodotte dall’ansia di soddisfazione materiale, e perciò di danaro, così come non credo basti sottolineare le sofferenze e le ingiustizie e gridare allo scandalo. Occorre anzitutto capire e spiegare perché c’è il male, e come conseguenza, perché l’ingiustizia e le sofferenze, il cattivo uso dei mezzi, incluso il danaro. La natura non è stata corrotta dall’avidità di danaro, ma, credo, dall’orgoglio.
Secondo. Il danaro è uno strumento, come tanti (come le scienze, le tecniche, la medicina, la biologia, la politica, l’economia...), in mano all’uomo, esso può esser ben prodotto, ben gestito e ben utilizzato, producendo così cose buone per fini buoni. E’ dal Terzo Secolo d.C. che si discute sul danaro, si pensi a Clemente Alessandrino che ben lo aveva capito e spiegato. Il danaro è utile per sostenere opere di evangelizzazione, così come per distribuirlo ai poveri. Ma prima deve esser prodotto da qualcuno. E’ l’uomo che lo genera e lo usa che gli dà senso, buono o cattivo. E’ l’uomo perciò che ne fa strumento buono o cattivo. E’ pertanto l’uomo che va formato.
E’ il peccato che trasforma uno strumento neutrale in qualcosa di perverso che va contro l’uomo stesso. Già Giovanni Paolo II in Sollecitudo rei socialis aveva profetizzato che l’uomo immaturo in conoscenza avrebbe perso il controllo degli strumenti a sua disposizione. E Benedetto XVI in Caritas in Veritate ben spiega perché e come gli strumenti (economici e finanziari) prendono autonomia morale e danneggiano l’uomo. E spiega anche che quando gli strumenti non funzionano, non sono gli strumenti a dover esser cambiati, ma l’uomo che li usa. Caritas in Veritate poi fa ben riflettere sul fatto che l’attuale crisi finanziaria in corso non sia dovuta alla bramosia di danaro da parte di pochi, ma dalla negazione delle leggi naturali che governano la Creazione e dalla negazione della dignità dell’uomo figlio di Dio. L’attuale crisi è morale, frutto del nichilismo che ormai sembra aver corrotto il pensiero e la capacità di azione degli uomini. L’uomo necessita guida morale, come dice Papa Francesco in Lumen Fidei, necessita sacramenti, magistero e preghiera.