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IL LIBRO

Il delitto Ambrosoli, noir mozzafiato a colpi di matita

Una graphic-novel di Gianluca Buttolo, La scelta. Giorgio Ambrosoli, ricostruisce la storia di uno dei tanti misteri d’Italia. Il libro, anche se non aggiunge nulla di nuovo, è apprezzabile per i dialoghi, ma soprattutto per i disegni che rendono perfettamente l’idea dell’atmosfera cupa di quella vicenda.

Cultura 30_10_2015
La copertina del libro di Gianluca Buttolo

Il 22 marzo 1986 si chiuse per sempre l’affaire Sindona-Marcinkus-Calvi-Ambrosoli e compagnia variegata, uno dei (tanti) misteri contemporanei italiani, misteri svelati dalla magistratura ma il cui disvelamento, a perplesso avviso di chi scrive, complica il quadro anziché illuminarlo del tutto. Quel giorno il banchiere siciliano Michele Sindona morì avvelenato da una tazzina di caffè al cianuro. Suicidio, sentenziò l’inchiesta. Sì, ma ci sono modi meno dolorosi e più veloci di morire, modi fai-da-te che non richiedano qualcuno (chi?) che ti porti il cianuro in cella. Ma tant’è. 

Anche Gaspare Pisciotta, il cugino e luogotenente di Salvatore Giuliano, morì in carcere nella stessa identica maniera. É il suicidio preferito dai siciliani? Boh. Altra morte stravagante che non ho mai capito se fu suicidio o meno, quella del banchiere Roberto Calvi, implicato nella vicenda finanziaria su cui indagava l’avvocato Ambrosoli. Calvi fu trovato impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri. Aveva le mani legate dietro la schiena e due mattoni nelle tasche. Altro boh. Sindona morì nel carcere di Voghera, dove scontava l’ergastolo per essere stato il mandante, nel 1979, dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli, colui che aveva denunciato i suoi inghippi finanziari. Ambrosoli, pur destinatario di reiterate minacce telefoniche, aveva rifiutato in due riprese la scorta per un semplice motivo: tutti sapevano che lavorava sulle banche e i conti di Sindona, il quale –riteneva Ambrosoli- non era così stupido da mettere in moto qualcosa di cui sarebbe stato il primo –e unico- indiziato. Invece, la condanna all’ergastolo sentenziò che, sì, era così stupido. 

Una graphic-novel di Gianluca Buttolo (La scelta. Giorgio Ambrosoli, ReNoir) ricostruisce tutta questa storia, anche se non aggiunge nulla di nuovo, limitandosi a riportare quel che è ormai di assodato dominio pubblico. Perciò, se cercate retroscena o rivelazioni, scordatevele. Il libro, invece, è apprezzabile per i dialoghi, ma soprattutto per i disegni. Realizzato in un bianco e nero fortemente contrastato, senza mezze tinte e sfumature, rende perfettamente l’idea di un’atmosfera cupa, di un lavoro condotto tra carte e uffici, in un’attesa di tragedia finale (la quale, però, è nota solo al lettore). 

Giorgio Ambrosoli, avvocato cattolico di simpatie monarchiche, fu davvero un uomo tutto d’un pezzo, paragonabile al commissario Luigi Calabresi o al magistrato Paolo Borsellino o al giudice Rosario Livatino. Gente tutt’altro che di sinistra, figure scivolose per certa retorica politicamente corretta che da tempo cerca di appropriarsene. L’avventura di Ambrosoli si dipana tra occulte manovre finanziarie nell’Italia degli anni di piombo, la P2, la mafia, l’Fbi, lo Ior e la Dc andreottiana, un calderone di Macbeth in cui il «cosa c’è dietro» par valere più di quel che c’è davanti, e le famose Forze Oscure della Reazione sembrano sempre In Agguato (f.o.d.r.i.a., come le definiva un beffardo Giampaolo Pansa). 

Sindona che cerca di dare la colpa della sua persecuzione ai comunisti e alle “toghe rosse”, Andreotti che fa di tutto per proteggerlo, la massoneria deviata, il Vaticano affarista… È singolare come “belzebù” sia rimasto impiccato (basta fare un giro in internet per rendersene conto) a una sua frase sarcastica data in risposta a una domanda durante un’intervista volante: «Ambrosoli?… per dirla alla romanesca se l’andava cercando». 

Da qui a insinuare continuamente e ossessivamente che il vero burattinaio “a monte” del complicato ambaradam era lui, il passo è stato breve, anzi immediato, e da allora gli svelatori di complotti in servizio permanente hanno avuto scarsi dubbi. Così che i Buoni sono sempre i soliti e i Cattivi pure. Certo, anche su Andreotti la magistratura ha sentenziato. Ma si sa: le sentenze, come le leggi, con i nemici si applicano, per gli amici si interpretano. Mah.  Comunque, il lavoro di Buttolo è veramente egregio, e l’eroe protagonista era davvero tale. Il contorno, però, a me continua a restare nebbioso. Forse sarebbe stato meglio usare la tecnica del chiaroscuro e delle mezze ombre. Ma, come è stato autorevolmente detto, chi sono io per giudicare? 

Gianluca Buttolo, La scelta. Giorgio Ambrosoli, ReNoir, pp. 170.