Il Crocifisso di santa Veronica Giuliani
Nel diario di Veronica Giuliani, santa ricca di doni mistici, si legge di quando il Crocifisso nella sua stanzetta le parlò e schiodò un braccio per avvicinarla al Sacro Costato. Ricevette le stimmate, che furono riconosciute dall’Inquisizione. Una donna che parla al mondo di oggi, dimentico che la salvezza viene dalla Croce.
“Sposa mia - mi sussurra Cristo crocifisso - mi sono gradite le penitenze che fai per chi è in disgrazia davanti a me… Poi, schiodando un braccio dalla croce, mi fece cenno di avvicinarmi al suo costato… E mi trovai tra le braccia di Cristo crocifisso. Quello che ho provato allora non riesco a raccontarlo: sarei voluta rimanere per sempre sul suo santissimo costato”. Immagini forti, quelle raccontate nel diario di santa Veronica Giuliani (1660-1727), di cui oggi cade la memoria liturgica. Sono parole che echeggiano di un amore sconfinato, ultraterreno. Potremmo mai davvero comprenderle? I santi sono monumenti della fede e noi, davanti a queste figure, non possiamo che trovare un certo senso di inadeguatezza, dobbiamo riconoscerlo.
La figura della santa già destava scalpore “ieri”. Oggi, ancora di più, visto che sembra che quel Crocifisso dia fastidio a molti. Ma questa è un’altra storia. È meglio addentrarci in quella mistica, in quella dove l’Eterno risplende nelle parole e nella vita di santa Veronica Giuliani. L’abbraccio col crocifisso potrebbe divenire un monito per noi, oggi. La sua storia d’amore con il legno della Croce è tutta particolare, ma a distanza di secoli è ricca di insegnamenti per noi, figli di una contemporaneità così secolarizzata. Non può che suscitare riflessioni, meditazioni e - se vogliamo - sentimenti nel cuore di ognuno che rimangono impressi in maniera indelebile, dopo la lettura delle pagine del suo diario, chiamato anche “Tesoro nascosto”.
Veronica Giuliani è una donna follemente innamorata di Dio. La sposa del Crocifisso, così denominata, aveva un rapporto d’amore talmente intenso con Gesù da andare oltre ogni limite. Un tutt’uno con le piaghe della Passione, tanto da viverle quotidianamente. Veronica non fa cose eclatanti nella vita. È solo una donna che si lascia attraversare da un cambiamento, da un amore che le causa un patire ma allo stesso tempo un gioire: “Ditelo a tutte! L’amore si è fatto trovare”. Così scriveva nel suo diario, la santa di Città di Castello.
Il Venerdì Santo del 1697 le apparvero le stimmate sulle mani e sui piedi. In un attimo, tutti gli strumenti della Passione vivevano nel suo corpo. L’Infinito di Dio ha bisogno di poco tempo per entrare in ognuno di noi. Spetta a noi, solamente, farci rapire. E lei si fece rapire da quell’Amore che oltrepassa ogni collina dell’Umbria, della Città di Castello dove la santa ha soggiornato in un monastero di clausura, lontana dal mondo. “In un istante - scrisse la santa - vidi uscire dalle sue santissime piaghe cinque raggi splendenti; tutti vennero alla mia volta; e io vedevo i detti raggi divenire come piccole fiamme. In quattro, vi erano i chiodi. E in uno, la lancia d’oro, ma tutta infuocata, e mi passò il cuore da banda a banda, e i chiodi passarono le mani e i piedi”.
Vogliamo saperne di più di questa unione sponsale. Come inizia il dialogo tra Veronica e Gesù crocifisso? Ai tempi di santa Veronica, il crocifisso in legno era posto in infermeria, in una nicchia. Tutte le notti, Veronica si rivolgeva a Gesù, pregando - soprattutto - per la conversione dei peccatori e in suffragio delle anime sante del Purgatorio. Passava le nottate a pregare dopo aver accudito le sorelle inferme. Ore e ore passate a chiedere, a supplicare la misericordia di Dio. Lei chiedeva a Gesù: “Fammi sentire quello che tu hai sofferto!”. Quando le religiose del convento scoprirono che Veronica aveva le stesse ferite di Gesù sulla Croce, il Sant’Uffizio la sottopose a una dura prova per verificare che non si trattasse di un’impostura. L’Inquisizione finì poi per accettare la sincerità della sua sofferenza e la veracità delle sue stigmate.
Ancora oggi, a distanza di secoli, in quel monastero di Città di Castello è accessibile ai fedeli la stanzetta dove si trova il Crocifisso che staccò le braccia per consegnare a Veronica i segni visibili della Sua Passione. Durante la celebrazione del 350º anniversario della sua nascita, Benedetto XVI, lodandone la figura nell’Aula Paolo VI, il 15 dicembre 2010, aveva ricordato che - come il suo nome, che significa “vera icona” - santa Veronica è divenuta “una vera immagine di Cristo crocifisso”. Immagine e verità racchiusi in una sola persona. È la grandezza del Signore che si pone di fronte a noi. Quella grandezza di umanità e divinità espressa, appunto, nel Crocifisso. Benedetto XVI ricordava così la figura della santa e del suo rapporto con la Croce: “Il Cristo a cui Veronica è profondamente unita è quello sofferente della passione, morte e risurrezione; è Gesù nell’atto di offrirsi al Padre per salvarci”.