Il Covid sorride a sindaci e governatori sceriffi
Tra gli effetti imprevisti della pandemia c’è la riscossa di molti Presidenti di regione e sindaci, che qualche mese fa si avviavano verso una mesta uscita di scena e ora hanno conquistato una ribalta insperata: De Luca, Raggi, Appendino, Emiliano, Toti. Mentre Zaia e Bonaccini studiano da leader nazionali.
Tra gli effetti imprevisti della pandemia c’è senz’altro la riscossa di molti Presidenti di regione e sindaci di grandi città, che soltanto qualche mese fa si avviavano verso una mesta uscita di scena e ora invece hanno conquistato una ribalta insperata. Con la complicità di elettori abbagliati dal loro ingannevole temperamento da sceriffi, assurgono in alcuni casi al ruolo di veri e propri salvatori dei confini regionali dagli invasori lombardi e settentrionali.
A loro il Covid-19 ha servito sul piatto d’argento la riconferma nei rispettivi ruoli di governo. Con buona pace di chi, dentro il Pd e dentro i 5 Stelle, mirava a sostituirli. Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio. Anzitutto bisogna distinguere tra presidenti e sindaci in scadenza e presidenti e sindaci appena insediati o comunque lontani dalla verifica elettorale.
Tra i primi va menzionato il più plateale di tutti, il governatore campano Vincenzo De Luca, che imperversa sui social, sia con le sue esternazioni sia con le parodie che ne fanno milioni di italiani. Inviso a buona parte del Pd, che mai e poi mai avrebbe voluto ricandidarlo, osteggiato dai Cinque Stelle, che alla guida della Campania vorrebbero mettere un loro rappresentante, De Luca è diventato uno dei paladini nazionali della legalità, l’alfiere incorruttibile del rigoroso rispetto delle precauzioni anti-Covid 19 contro ogni possibile assembramento. Come se tutti gli altri amministratori locali non avessero a cuore la salute dei cittadini e fossero incoscienti.
Eppure sono in tanti ad aver abboccato alla propaganda del Presidente della Regione campana che, con il blocco dei confini, l’obbligo di quarantena per chi arrivava nel suo territorio durante la fase critica del contagio e una rete spietata di controlli in strade e quartieri napoletani, è ora pronto a monetizzare elettoralmente il consenso riconquistato. Impossibile, ora come ora, per il centrosinistra rifiutargli la ricandidatura. Il diretto interessato, se escluso dai partiti, si presenterebbe a titolo personale come candidato civico e stravincerebbe a mani basse, mettendo in imbarazzo le forze di governo, che quindi si preparano a ingoiare il rospo della sua riconferma.
Ma siccome gli umori dell’opinione pubblica sono cangianti, tanto più in questa fase di estrema volatilità dei punti di vista e delle opinioni, ecco che è lo stesso De Luca a fare fronte comune con altri governatori (in particolare il ligure Giovanni Toti e il veneto Luca Zaia) nel chiedere al Governo di fissare al più presto la data delle elezioni.
Anche Liguria e Veneto sono in scadenza. Mentre Zaia non avrebbe comunque corso rischi, essendo la sua popolarità molto elevata già prima della pandemia, Toti ha molti nemici nel centrodestra ligure e, soprattutto, potrebbe doversi scontrare con un centrosinistra unito e alleato del Movimento Cinque Stelle, orientato a non presentare un proprio candidato alla guida della Regione. Per l’ex giornalista Mediaset, quindi, la riconferma sarebbe certamente stata in bilico se il Coronavirus non avesse sparigliato le carte, ma lo sarebbe comunque se i liguri andassero a votare a fine settembre. Meglio, quindi, dal suo punto di vista, indire il voto al più presto, con gli elettori ancora impauriti dal virus e pronti a ridare fiducia a chi sta gestendo ora l’emergenza.
Chi in epoca di Covid-19 è tornata in prima linea dopo essere stata messa nell’angolo anni fa è Virginia Raggi. Come sindaco di Roma non ha brillato e i primi ad esserne consapevoli sono proprio i grillini, che mai avrebbero pensato di doverla ricandidare. In considerazione del suo rapporto solidissimo con l’attuale Pontefice e di alcune relazioni intrecciate dal primo cittadino in ambiti istituzionali e imprenditoriali, il Movimento Cinque Stelle starebbe valutando l’idea di ripresentarsi agli elettori romani con il volto di Virginia Raggi. Per farlo, però, dovrebbe compiere un ennesimo strappo alle regole pentastellate, anzi a uno dei più rigidi principi pentastellati, quello del vincolo dei due mandati.
Il sindaco di Roma è infatti già al suo secondo mandato elettivo (nella precedente consiliatura era stata consigliere comunale di opposizione) e quindi in teoria non sarebbe più ricandidabile. Nella sua stessa situazione Chiara Appendino, primo cittadino torinese, anche lei in recupero grazie all’emergenza pandemia, che ha fatto passare in secondo piano le sue inefficienze e i suoi errori nell’amministrare la città di Torino. Per entrambe sarebbe pronta la deroga, affinchè l’anno prossimo possano ricandidarsi. Non è detto che ce la facciano, però, visto il crollo dei consensi del Movimento che le ha espresse, e considerata l’indisponibilità del Pd ad appoggiarle. Dovrebbero quindi correre da sole, con il solo sostegno grillino e di qualche lista civica.
Chi sembrava in caduta libera e ora potrebbe rimanere in sella è Michele Emiliano, governatore pugliese, inviso a buona parte del Pd, ma sovraesposto negli ultimi mesi a causa dell’emergenza sanitaria, dalla quale esce comunque rafforzato, vista la situazione tutto sommato sotto controllo nella sua regione.
Tra i governatori appena rieletti, Jole Santelli (centrodestra) fin dall’inizio ha puntato tutto sulle riaperture, al fine di rilanciare l’economia della sua Calabria e di impedire che la sua regione finisca nelle mani della malavita organizzata, mentre Stefano Bonaccini (centrosinistra) sembra studiare da leader nazionale, considerato che l’Emilia Romagna sta dimostrando notevoli capacità di ripresa, soprattutto in ambito turistico. Bonaccini ha peraltro condannato gli attacchi politici al collega governatore lombardo Attilio Fontana, invocando solidarietà tra territori e unità nazionale contro l’emergenza Covid-19 e dimostrando, quindi, di saper volare alto rispetto ai bizantinismi e alle rivendicazioni di parte.
Quanto alla data del voto per le regionali, il Governo sarebbe orientato al 20 settembre come data dell’election day (regionali, comunali, referendum sulla riduzione del numero di parlamentari), mentre i governatori uscenti preferirebbero sfruttare l’effetto pandemia, con una campagna elettorale estiva e un voto già il 6 settembre. Forza Italia e le altre forze di centro-destra vorrebbero invece avere più tempo per organizzare le truppe e per individuare candidati in grado di contrastare le giunte uscenti e dunque propongono il 27 settembre. Ma c’è ancora qualche settimana per decidere. Il premier Giuseppe Conte punta a sterilizzare le divisioni tra le forze della maggioranza che lo sostiene e quindi a rinviare il più possibile la campagna elettorale. A prescindere dalla data del voto, è fuor di dubbio che i veri rivali di Conte e degli altri leader di governo non sono nel centrodestra ma vanno ricercati tra i governatori. Zaia e Bonaccini, ad esempio, al di là delle smentite, potrebbero farsi strada anche a livello nazionale.