Il Concilio parte dimezzato. Ma non tutto è perduto
A Creta – per celebrare quel Concilio panortodosso che dopo secoli avrebbe dovuto riunire tutte le 14 Chiese autocefale, alla fine ne sono arrivate solo dieci. Mancano le delegazioni dei patriarcati di Bulgaria, Georgia e di Antiochia. E manca il patriarcato di Mosca, quello che conta il maggior numero di fedeli.
Doveva essere la Pentecoste dell'unità quella celebrata dai cristiani ortodossi ieri. La Pentecoste dell'inizio - a Creta - di quel Concilio panortodosso preparato da più di cinquant'anni e che dopo secoli avrebbe dovuto portare a riunirsi insieme tutte le quattordici Chiese autocefale che formano oggi questo volto del cristianesimo con i suoi 250 milioni di fedeli. Sull'isola greca, invece, alla fine sono arrivate solo dieci di quelle Chiese per iniziare un appuntamento comunque storico.
Mancano le delegazioni dei patriarcati di Bulgaria, Georgia e di Antiochia (il patriarcato più importante tra le comunità ortodosse del Medio Oriente). E manca - soprattutto - il patriarcato di Mosca, quello che conta di gran lunga il maggior numero di fedeli, che ha deciso lunedì scorso di collocarsi a fianco delle tre Chiese ortodosse che già avevano annunciato la loro indisponibilità a mandare le proprie delegazioni a Creta a causa di contrasti sui contenuti di alcuni dei documenti che il Concilio dovrebbe promulgare.
Vuol dire, dunque, che questa Pentecoste ortodossa è già fallita? Le analisi schiacciate sulla politica lo hanno già decretato, additando la Russia di Vladimir Putin come l'immancabile colpevole. Secondo questa lettura sarebbe il desiderio egemonico di Mosca a minare lo sforzo di unità messo in atto dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, per un'ortodossia capace di andare oltre gli interessi nazionali e collocarsi come vero soggetto spirituale capace di parlare con una voce sola in un contesto globale. Se si guarda, però, al vento che soffia da Creta - e anche dalla stessa Mosca - la situazione appare un po' diversa. C'è molta più prudenza nelle dichiarazioni di entrambi gli schieramenti.
Come previsto sull'isola greca, ieri il Concilio si è aperto con la Divina Liturgia di Pentecoste durante la quale il patriarca Bartolomeo - come primus inter pares tra i patriarchi presenti - ha proposto nell'omelia una riflessione significativa sull'unità a partire dal dono dello Spirito. Ha ricordato che «ogni Chiesa locale ha il suo tesoro e lo offre a Cristo» e nessuna Chiesa può dire di «non aver bisogno dell'altra». Ma ha anche messo in guardia dal «gran numero di errori che circolano» e dalle «centinaia di fazioni» che cercano di portare i fedeli fuori strada. Di più su che cosa significhi questo rispetto alle decisioni del Concilio lo si capirà oggi, quando lo stesso Bartolomeo terrà la relazione introduttiva della prima vera sessione.
Però, intanto, un segnale interessante è arrivato da Mosca, attraverso il messaggio che il patriarca russo Kirill ha inviato «ai primati e ai rappresentanti delle Chiese ortodosse locali riunite a Creta». Come molti hanno subito notato, Kirill evita di utilizzare la parola Concilio, per via dell'assenza della sua di altre tre Chiese ortodosse. Però, nel testo i toni sono concilianti. Dice di essere convinto che ciascuna Chiesa abbia deciso «in buona fede» come comportarsi e per questo «merita rispetto». Ma aggiunge anche che se ci sarà «buona volontà» l'incontro di Creta «può diventare un passo importante per superare le differenze» e arrivare al Concilio che unisca le Chiese ortodosse «senza eccezioni».
In questo senso, è importante il fatto che a Creta alla fine sia presente anche il patriarcato della Serbia, che inizialmente aveva chiesto il rinvio del Concilio adducendo le stesse ragioni dei patriarcati di Bulgaria e Georgia. È come se - attraverso la presenza dei serbi - sia stato mantenuto aperto un canale di comunicazione anche con chi al Concilio oggi non c'è. Molto dipenderà, dunque, da quanto le delegazioni presenti a Creta decideranno durante questa settimana di lavori prima della conclusione fissata per domenica prossima. Il nodo probabilmente sarà la decisione riguardo ai sei documenti che il Concilio aveva in agenda di promulgare. Tre in particolare - quello sulle relazioni con le altre Chiese cristiane, quello sul rapporto tra le Chiese ortodosse e il mondo contemporaneo e quello sulla disciplina dei matrimoni - sono al centro di critiche e richieste di emendamenti.
I patriarchi presenti a Creta potrebbero anche decidere di lasciarli per il momento in sospeso, concentrandosi piuttosto su un messaggio comune da lanciare insieme sulle principali sfide che l'ortodossia ha davanti oggi. Un testo cui in realtà già da alcuni giorni il comitato preparatorio sta lavorando a Creta e potrebbe essere un documento di ampio respiro. C'è ancora tempo perché la Pentecoste ortodossa non rimanga nella memoria come la fotografia di una rottura, ma piuttosto l'inizio di un cammino faticoso ma fedele a quanto le sfide drammatiche del presente chiedono ai cristiani d'Oriente. E con ulteriori tappe davvero panortodosse. Anche per questo l'invito rivolto ieri all'Angelus da papa Francesco anche ai cattolici a pregare per il Concilio di Creta è un fatto importante. In gioco non c'è tanto un braccio di ferro tra patriarchi, ma la possibilità per una grande tradizione di continuare a essere voce dello Spirito anche nel mondo di domani.