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EDITORIALE

Il "cattolico vero" vuole unioni gay È tempo di mobilitarsi

Il premier Renzi prepara per settembre la legge che introdurrà il para-matrimonio per persone dello stesso sesso. E il recente successo elettorale gli garantisce, a parte alcuni casi isolati, il silenzio delle altre componenti del governo. Una risposta può arrivare solo dalla società.

Editoriali 17_06_2014
Matteo Renzi

Come avevamo previsto a caldo subito dopo il voto per le elezioni europee, la schiacciante vittoria di Renzi porta ad accelerare il processo di disgregazione della famiglia (leggi qui). Uno degli effetti immediati sarà infatti l’approvazione di una nuova legge sulle unioni civili (ma sarebbe meglio dire sulle unioni gay) che saranno di fatto un para-matrimonio. L’intenzione di procedere velocemente in questo senso l’ha manifestata lo stesso Renzi sabato all’Assemblea del Partito Democratico, ricordando che si trattava di una promessa fatta in campagna elettorale. Il compito poi ora gli è certo facilitato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale di cui abbiamo diffusamente parlato (leggi qui). 

E ieri l’Unità apriva la prima pagina proprio presentando «la legge sulle unioni gay» che il governo vuole approvare a settembre, tema a cui il quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha dedicato anche ampi servizi all’interno. Secondo quanto riferito dall’Unità il progetto sulle unioni civili è in effetti particolarmente rivolto alle unioni di persone dello stesso sesso che potranno godere di tutti i diritti delle coppie sposate ad eccezione dell’adozione: è prevista però la possibilità di adottare il figlio o la figlia del partner. Conviventi eterosessuali invece si dovranno accontentare dei “patti di convivenza”, una forma di riconoscimento più lieve. Il motivo di questa distinzione lo spiega la stessa Unità: «La filosofia è che mentre le coppie omosessuali non possono unirsi in matrimonio, le coppie etero possono sposarsi e quindi se non si sposano è perché non lo vogliono fare e quindi non possono essere estesi a loro i diritti ma anche i doveri che discendono dal matrimonio».

In pratica, come si vede, l’idea di fondo è quella di consentire i matrimoni gay senza chiamarli con questo nome: l’ultimo passaggio – come già messo in rilievo per il caso Gran Bretagna – seguirà dopo un po’ di tempo quando tutti si saranno assuefatti all’idea delle coppie gay così che la legalizzazione del matrimonio vero e proprio sarà indolore (leggi qui).

Ma in realtà l’equiparazione al matrimonio è già presente in questo progetto di legge, solo l’ipocrisia fa sì che non venga chiamato in questo modo. 

Chissà se Avvenire e Sir continueranno a definire Renzi «cattolico vero» e adeguato interprete della Dottrina sociale della Chiesa (vedi qui); certo fa impressione notare che nell’intervista all’Unità il sottosegretario alle riforme Ivan Scalfarotto, relatore del disegno di legge sull’omofobia, parlando di Renzi usa le stesse categorie di Avvenire, Sir e dell’editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia: «Il premier può fare queste cose – dice Scalfarotto – perché non ha retaggi ideologici ma da uomo di governo si rende conto che ci sono emergenze e bisogni che emergono dalla società a cui c’è da dare una risposta senza perdersi in posizionamenti tattici. Così sulle unioni civili nessuno potrà mai accusarlo, lui cattolico praticante, di brandire ideologicamente certi temi. Sa ascoltare gli altri anche su temi che non gli sono familiari e io che vengo da un’altra storia apprezzo questa scelta di non girare intorno ai problemi, ma di affrontarli e risolverli».

Ecco di nuovo teorizzato il catto-pragmatismo, come se affrontare i problemi e risolverli fosse un valore in sé a prescindere dai criteri usati. È vero che in Italia già la sola idea che qualcuno provi a cambiare qualcosa sembra una novità assoluta, ma credo non sfugga a nessuno la consapevolezza che quello che conta davvero sia la visione del mondo che porta a riconoscere i problemi, a ordinarli secondo una priorità e a suggerire i criteri con cui affrontarli. Anche Hitler e Stalin sapevano affrontare i problemi e risolverli,peccato che il loro modo di muoversi creasse qualche problema a centinaia di milioni di persone. E non c’è dubbio che in Italia non si sono mai fatte tante riforme come durante il ventennio fascista. E ancora: anche le agenzie delle Nazioni Unite fanno tanto per risolvere il problema della povertà, solo che la loro concezione del mondo fa sì che pensino che la soluzione stia nell’eliminare direttamente i poveri con aborto, contraccezione e sterilizzazioni di massa.

Il problema è che sul tema della famiglia, nel mondo politico assistiamo a una omologazione culturale che è davvero impressionante. Il recente voto alla Camera sul divorzio breve lo ha messo chiaramente in evidenza: salvo pochi “ribelli” e la Lega anche i partiti del centrodestra si sono schierati compatti a favore di una legge che già banalizza il senso del matrimonio e della famiglia. E sulle unioni gay non c’è da aspettarsi granché di diverso: anche per alcuni di coloro che provengono dal mondo cattolico vige il pragmatismo della poltrona da salvare. O peggio: magari mettono a rischio la poltrona in occasione del voto sulla riforma del Senato, ma mai l’hanno fatto per salvare la famiglia o la libertà di educazione.

Di fronte a questo spettacolo deprimente, soltanto dalla società può partire una ribellione che coinvolga anche le parti più sensibili del mondo politico e delle gerarchie ecclesiali. Da più parti si evoca un secondo Family Day - che nel 2007 riuscì a fermare la proposta di legge sui Dico, le unioni civili di allora -, o comunque una mobilitazione nazionale che ne faccia rivivere lo spirito. È venuto il momento di pensarci seriamente.