Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
COVID

Il caso Gibilterra smentisce l'emergenzialismo sanitario

A Gibilterra tutti vaccinati ma la curva dei contagi cresce e il governo vara nuove restrizioni sociali. Gibilterra è il caso limite che indica verso quale vicolo cieco stanno andando tutti i paesi che non hanno adottato un approccio realistico e proporzionato alla questione.

Editoriali 15_11_2021 English Español

La situazione venutasi a creare a Gibilterra in questi giorni è la rappresentazione eloquente delle insanabili contraddizioni insite nell'emergenzialismo sanitario che si è imposto in gran parte del mondo, e in particolare in Occidente, in risposta all'epidemia di Covid-19.

Nella piccola enclave britannica all'estremo Sud della Penisola iberica la percentuale di vaccinati è del 118%: cioè il 100% della popolazione adulta è stato vaccinato, e una consistente minoranza di essa ha già ricevuto un richiamo. Ciò nonostante, da ottobre i casi diagnosticati di Covid sono in costante crescita, benché la pressione ospedaliera sia minima e i decessi  siano episodici, se non del tutto assenti.

In questa situazione, il governo ha deciso di varare nuove restrizioni alla vita sociale. Attenzione, va rimarcato che - essendo Gibilterra pur sempre  un contesto britannico, sia pur mediterraneo - non si tratta di norme cogenti, ma di raccomandazioni, e per ora relativamente blande: limitare le riunioni, sospendere gli eventi di massa, indossare mascherine al chiuso (che dalle nostre parti ahimè sono rimaste invece sempre prescritte per legge ... ), e misure simili. Eppure, ci troviamo comunque di fronte all'ennesimo ritorno di una logica secondo cui il virus deve essere combattuto limitando e controllando la vita dei cittadini e le attività economiche. Una logica adottata in misura maggiore o minore in quasi tutta Europa, ma che ora in particolare nel caso di Gibilterra stride clamorosamente con la copertura vaccinale praticamente totale raggiunta in quel piccolo paese, per mesi propagandata come condizione ideale, condizione per il ritorno alla piena normalità, raggiungimento della mitica "immunità di gregge". La popolazione è vaccinata, nessuno o quasi muore di (o con) Covid, negli ospedali la situazione è sotto controllo, eppure si chiedono ulteriori sacrifici e limitazioni, che potrebbero aumentare se i casi crescessero ancora. In attesa di cosa? In vista di cosa? Dei "booster" per tutti, delle terze e quarte dosi, dell'estensione (ahinoi, e ahiloro) della vaccinazione ai ragazzi e ai bambini dai 5 anni in su.

Tutto questo fino a quando? Fino a che non sarà diagnosticato più nemmeno un caso, un ricoverato, un decesso addebitabile al Covid? Ma questo è da escludere avvenga grazie ai vaccini, che non impediscono al virus di circolare, né alla malattia di manifestarsi, anche in forme più serie. E allora? Quanti richiami si dovranno ancora fare? E a che serviranno? E nel frattempo la vita sociale è destinata a non tornare mai più alla normalità? Si dovrà continuare a vivere sotto controllo a tempo indeterminato?
Insomma, Gibilterra è il caso limite che indica verso quale vicolo cieco stanno andando tutti i paesi che non hanno adottato un approccio realistico e proporzionato alla questione, evitando di farla diventare un fattore di  paralisi della società, dell'economia, delle libertà individuali (in Europa praticamente soltanto la Svezia).

I sostenitori dell'emergenzialismo sanitario, quelli che ancora dicono che "siamo in guerra" contro il virus, devono scegliere. Non possono continuare a sostenere due tesi del tutto incompatibili tra loro. Se i vaccini sono la soluzione unica e definitiva al problema, come essi sostengono, e le fasce "fragili" della popolazione sono sufficientemente protette grazie ad essi, allora non è più giustificabile alcun lockdown, alcuna restrizione. Se al contrario si invoca ancora la necessità di restrizioni per la paura che un aumento dei casi, prevedibile nei mesi invernali e comunque sempre possibile, possa determinare nuovi pericoli per la vita dei cittadini e la sicurezza sociale, allora bisogna ammettere esplicitamente che i vaccini non sono la soluzione definitiva, ma solo uno strumento tra gli altri; e quindi non è giustificabile alcuna pressione o ricatto ai cittadini per vaccinarsi, né tanto meno alcun obbligo alla vaccinazione. Delle due l'una: non si può contemporaneamente dire A e non-A.

In entrambi i casi, comunque, è del tutto incomprensibile una campagna generalizzata di richiami vaccinali, indicata come il nuovo "santo Graal" da raggiungere. Se infatti i vaccini sono efficaci, non è necessario in linea generale alcun "booster", eccetto che per casi specifici di fragilità e debolezza immunitaria che andrebbero monitorati uno per uno. Se invece non sono efficaci, o sono efficaci solo in parte, a cosa serve ripeterli un numero indeterminato di volte, per giunta in presenza di un virus sempre più diverso dalla forma originaria per cui quei vaccini sono stati a suo tempo concepiti? Come può essere credibile, in quel caso, la promessa che quei richiami assicureranno ai vaccinati un'immunizzazione duratura, se questa promessa si è rivelata inaffidabile nel caso della prima vaccinazione? E soprattutto, nel frattempo che si fa? Per quanto tempo una società può rimanere sotto scacco, in libertà condizionata, posto che non appare esserci all'orizzonte per fortuna il rischio di un'ecatombe o di un collasso della sanità?

Viene qui al pettine il nodo fondamentale posto dal modo in cui gran parte dei governi mondiali - e in particolare occidentali - ha affrontato questo problema sanitario, consentendo ad esso di esondare in maniera incontrollata nella vita politica e civile. Se si ritiene necessario dichiarare un'emergenza generalizzata per un'epidemia virale (per giunta dalla letalità piuttosto bassa) è fondamentale che vengano indicati criteri chiari, incontrovertibili, pubblicamente verificabili in base ai quali l'emergenza potrà venire dichiarata conclusa. In mancanza di essi, o nel caso essi vengano continuamente modificati nelle comunicazioni dei governi, lo stato di emergenza tende inevitabilmente a sfociare – come ci ricorda continuamente Massimo Cacciari – in uno stato di eccezione permanente, in cui i limiti invalicabili posti al potere e i diritti fondamentali dei cittadini sono totalmente vanificati.

Tra non molto l'aporia di Gibilterra sarà quella di tutti gli Stati occidentali che hanno puntato tutte le loro carte sull'alternativa "vaccini o lockdown". E tanto più quella di un paese come il nostro, nel quale la pressione allarmistica, l'invadenza coercitiva del governo, la censura di ogni voce critica hanno raggiunto livelli parossistici: livelli dei quali l'adozione a tappeto del lasciapassare sanitario, le minacce a chi sceglie di non vaccinarsi, la richiesta (assente in qualunque altro paese liberaldemocratico) di obbligo vaccinale per legge, la crescente compressione della libertà di manifestare sono gli aspetti più eclatanti.