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EDITORIALE

Il "caso Benigni" evidenzia l'assenza della Chiesa

Le reazioni - positive e negative - allo spettacolo di Roberto Benigni sui dieci comandamenti mettono in evidenza un grande vuoto di proposta culturale. Così che su un semplice uomo di spettacolo si concentrano aspettative che sarebbero più adeguate se riferite a un vescovo.

Editoriali 21_12_2014
Roberto Benigni - Mosè

Caro direttore,
le scrivo in merito alla triste ed inquietante vicenda dello show di Benigni intitolato "I dieci comandamenti", durante il quale, tra le tante altre ipocrisie, il "comico" (le virgolette mi sembrano indispensabili...) ha sostenuto che la Chiesa avrebbe cambiato a suo piacimento il testo dei comandamenti, in particolare del sesto.
A quanto pare ben dieci milioni di italiani hanno visto questa trasmissione: tutta gente che ora rischia di perdere la fiducia nella Chiesa ed allontanarsi definitivamente dai Sacramenti.

Stefano Marrè Brunenghi – Verona

Caro Direttore,
scrivo per comunicarti la mia positiva sorpresa dopo avere visto la trasmissione di Benigni su Rai 1 con a tema i 10 Comandamenti. Credo che tutti, anche noi cattolici, ci si sia sorpresi per la scelta di un tema che abbiamo da tempo giudicato "superato" o perlomeno noioso": dieci frasi non molto all'altezza del nostro sofisticato modo di pensare.
Però, poi è venuta la trasmissione. Vedendolo parlare, appassionato, documentato, mi ha fatto venire molte riflessioni.
La prima è che mi ha fatto riscoprire la profondità e la ricchezza dei Comandamenti, tutti centrati sul volere dare all'uomo gli strumenti per essere libero, e ci ha fatto entrare nel rapporto drammatico di Dio con il suo popolo che ha reagito a queste prescrizioni, non volevano accettarle perché rivoluzionavano il modo di vivere che gli uomini avevano avuto fino ad allora.
La seconda riflessione è sul coraggio di Benigni. Questo è un uomo che sta facendo un cammino e che non ha paura di comunicarlo nonostante il clima culturale italiano (fatto quasi esclusivamente solo di opportunismo, sia a livello di intellettuali che di artisti) sia il più distante possibile da quello che sta a cuore a Benigni (faccio un esempio: nella  mostra su Chagall in corso al Palazzo Reale di Milano la guida ufficiale nel descrivere un quadro si "dimentica " di menzionare che Chagall ha inserito un crocifisso nel quadro stesso, e spaccia una Madonna con il bambino in braccio come "l'abbraccio tra due amanti"!).
Personalmente penso che Benigni abbia messo in evidenza quanto sia povera e "vecchia" la cultura che ci circonda, ha messo in evidenza che non è necessario "provocare", "distruggere", "insultare", "violentare la verità" per fare arte, per avere audience, se uno è un artista vero!
In ultimo un commento: se 10 Milioni di persone hanno assistito all'evento non vuole forse dire che c'è una larga fetta di popolazione che paga il canone e che vorrebbe soprattutto dal servizio pubblico qualche cosa di più serio dei deprimenti spettacoli basati sul nulla, sulla banalità che permeano il 99% di quanto mandato in onda? 

Stefano Socci - Monza

Caro Direttore,

ho ascoltato Benigni commentare i Dieci Comandamenti, in particolare i comandamenti dal quarto al decimo. Più volte ho chiesto al Signore di avere misericordia di lui. Anche una persona di provata fede, parlando per quasi quattro ore (in due puntate) di quelle dieci Parole di Vita scolpite sulla roccia, finirebbe per aggiungere "del suo" al pensiero di Dio; difficilmente, poi, parlando così a lungo, si potrebbe arginare  il rischio che  l'interpretazione e sensibilità personali addomestichino il pensiero di Dio, cosa che il demonio favorisce od istiga in ogni occasione privata o pubblica. (…)
Possiamo immaginare allora come "il piccolo diavolo", forte di un eloquio fluente, un alto credito di narratore conquistato con la lettura della commedia dantesca e un oscar cinematografico, possa aver infranto ogni barriera che la prudenza, ben prima della fede, avrebbe dovuto suggerire di non superare.
Il commento di Benigni ai comandamenti si è appiattito del tutto e completamente sul piano terreno. (…) Per tutta la serata  il comico ha fatto un gran parlare dell'amore, ma di quell'amore che rappresenta nei suoi film.
E al comandamento dell'amore ha tentato anche lui compendiare tutta la Legge di Dio, ma citando il brano del Levitico "amerai il tuo prossimo come te stesso" (Lv 19,18) e non il passo di Giovanni "Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato": Quest'ultimo brano implica la Croce e l'amore crocifisso... e questo amore, non terreno, è inconcepibile per chi non ha fede.
Il comico ha terminato lo spettacolo con un artificiale e azzardato collegamento tra il primo comandamento e l'ultimo, giungendo a dire che "Dio è il prossimo tuo".  E così tutto precipita e collassa sul piano terreno, e Dio torna ad essere lontano e solitario nei cieli...

Sergio Vicàri


Lo confesso: sono uno dei pochi italiani che non ha visto lo show di Roberto Benigni in tv sui Dieci comandamenti. Non per snobismo, ma perché impegnato in altre cose. Sto seguendo tuttavia con molta attenzione reazioni e commenti a quella esibizione, di cui le lettere pubblicate (mi scuso per i tagli ma erano troppo lunghe) rappresentano un interessante campionario. Al proposito è curioso notare che a un parere a caldo quasi unanimemente molto positivo – al limite dell’entusiasmo – si vanno aggiungendo delle critiche che aumentano col passare dei giorni. In ogni caso si tratta di un programma che ha riscosso un grande interesse e acceso un forte dibattito.

Proprio questo dibattito, aldilà del merito dello spettacolo, mi sembra importante rilevare, perché fa emergere con chiarezza il terribile vuoto di proposta culturale in cui viviamo. 

Vuoto di proposta, anzitutto della tv. Così che un semplice programma di buona qualità, fondato non sugli effetti speciali ma su un discorso - per quanto brillantemente sostenuto da un comico - e su un argomento niente affatto scontato, diventa un evento del quale si va avanti a parlare per giorni e giorni. Vuol dire che per il resto c’è il deserto. E se dieci milioni di persone hanno seguito un lungo monologo sui dieci comandamenti, vuol dire che per i programmi-spazzatura che occupano quasi tutto il palinsesto non vale più il luogo comune per cui «è quello che la gente vuole». La gente evidentemente apprezza molto di più programmi che, pur leggeri, mettono in moto la testa.

Ma il vuoto di proposta ancor più preoccupante è quello religioso, anzi cattolico. Non può non stupire tanta animosità, da parte di alcuni che imperversano su blog e social network, per gli errori “teologici” di Benigni, come se da lui ci si dovesse aspettare una lezione di catechismo, magari su richiesta della Conferenza episcopale. A tutti è chiesto il rispetto e di non usare le capacità artistiche per irridere alla religione e offendere la fede di tanta gente, e di non strumentalizzare la religione per propri fini ideologici (vedi Dario Fo). Ma nessuno dei critici muove questa accusa a Benigni, gli si rimprovera invece di aver dato letture parziali o troppo “umane” ai comandamenti.

Ma Benigni non è un prete o un vescovo: è un uomo di spettacolo, neanche credente – a quanto ne sappiamo – che però si fa interrogare dal fatto religioso, ne è in qualche modo attratto, e davanti ai comandamenti o alla Divina Commedia cerca di andarci a fondo, di capire, di studiare. Sicuramente non tutte le sue fonti sono ortodosse, e altrettanto le sue considerazioni, ma è innegabile che ci sia anche un cammino (basti pensare ai Dieci comandamenti proposti trent’anni fa). Non è certo a lui che possiamo o dobbiamo chiedere una spiegazione del catechismo, piuttosto dovremmo riflettere sul fatto che solo grazie a lui in televisione vanno quei Dieci comandamenti che – e sono ottimista – almeno la metà di coloro che partecipano alla messa ogni domenica non sarebbero neanche in grado di elencare in ordine.

Il fatto è che dei Dieci comandamenti normalmente non si sente parlare neanche in chiesa, figurarsi se possiamo pensare a una loro riproposta culturalmente intelligente in tv o nei teatri. Al recente Sinodo sulla famiglia abbiamo sentito vescovi e cardinali fare affermazioni sulla sessualità che negano la Rivelazione, e ce la vogliamo prendere con Benigni perché del sesto comandamento dà una versione molto personale? La Conferenza episcopale manda a commentare il vangelo su Rai Uno (e senza neanche essere simpatici) a quelli che sono stati definiti “preti di strada”, che più volte hanno sostenuto pubblicamente posizioni tutto fuorché ortodosse, e vogliamo crocifiggere Benigni perché dà un’interpretazione poco trascendente all’amore per il prossimo?

C’è qualcosa che non quadra. Non si può chiedere a Benigni di fare opera di supplenza alla Chiesa. Né si deve guardare a lui come un faro che ci guida nella fede. Se ci fosse una proposta pubblica seria, sia ecclesiale sia culturale, della fede cattolica non spaventerebbero le affermazioni eterodosse di Benigni, ai suoi spettacoli sarebbe dato il giusto peso e, forse, lo stesso Benigni sarebbe in grado di confrontarsi e fare proprie delle letture dei comandamenti più aderenti alla Verità.