Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
INTERVISTA

Il cardinale Duka: Ratzinger, esempio di fede radicata nella verità

«In Germania il cardinale Marx e il vescovo Bätzing rappresentano una corrente che vuole attaccare Ratzinger». «Gli abusi sessuali non sono un crimine della Chiesa, sono crimini delle persone. Questi report che vanno indietro di 100 anni non sono ricerca di pulizia, ma processo alla Chiesa». «Qualcuno vuole utilizzare gli abusi per cambiare l'insegnamento della Chiesa». Parla l'arcivescovo di Praga.

Ecclesia 19_04_2022 English Español
Il cardinale Duka con Benedetto XVI

“Sia invece il vostro parlare: sì,sì; no, no”. Il cardinale Dominik Jaroslav Duka, 79 anni fra pochi giorni, è abituato ad applicare nella vita di tutti i giorni quest’insegnamento evangelico. Lo ha dimostrato di recente protestando pubblicamente per come l’arcidiocesi di Monaco e Frisinga ha lasciato che il nome di Joseph Ratzinger venisse infangato dalle accuse contenute nel report sugli abusi. L’arcivescovo di Praga, inoltre, non ha lesinato critiche al presidente dei vescovi tedeschi, monsignor Georg Bätzing, secondo cui il papa emerito avrebbe dovuto chiedere scusa. Sono posizioni che il cardinale domenicano ci ha tenuto a ribadire in quest’intervista alla Nuova Bussola Quotidiana realizzata in occasione dei 95 anni di Joseph Ratzinger.

Eminenza, quanto è stato importante il pontificato di Benedetto XVI – col suo monito ricorrente contro la dittatura del relativismo - in un Paese fortemente secolarizzato come la Repubblica Ceca?
Benedetto XVI è un grande teologo con un’empatia umile verso l’uomo e verso la società. Lui è un esempio di uomo di fede. Di una fede radicata nella verità. Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger sono due grandi figure per la Chiesa proprio come lo furono nel Novecento Achille Ratti ed Eugenio Pacelli. Così come tra questi ultimi ci fu una piena collaborazione durante il pontificato del primo in un periodo difficile segnato dall’imminente scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fu grande la cooperazione esistente tra Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger soprattutto a livello teologico. Ratzinger e Wojtyla sono stati un grande regalo di Dio per l’Europa centrale: due papi così vicini alla nostra storia e alla nostra cultura. Giovanni Paolo II è stato un liberatore dell’Europa centrale dalla dittatura comunista e Benedetto XVI è stato ugualmente un dono perché comprendeva bene la nostra situazione, avendo vissuto la dura esperienza sotto la dittatura nazista.

Durante la sua visita apostolica a Praga, Benedetto XVI citò il suo amico Vaclav Havel sul legame tra verità e libertà. Ha avuto l’impressione che quel Papa che in gioventù aveva conosciuto la dittatura nazista avesse compreso pienamente il pericolo delle “false ideologie dell'oppressione e dell'ingiustizia" patito sulla pelle sia da Lei che da Havel, suo compagno di prigionia?
Ai funerali di Havel che ho presieduto nel Castello di Praga, nel 2011, ci fu chi ricordò che la libertà non è la causa ultima, ma è una via per il bene comune. Questa è esattamente la visione della libertà condivisa anche da Ratzinger. Mi ricordo bene la sua visita in Repubblica Ceca nel 2009 durante la quale dimostrò grande simpatia per la nostra società. In quell’occasione non fu solo predicatore di fede, ma anche professore di teologia e in generale uomo di scienze. Per questo motivo, durante l’incontro nel Salone di Vladislav del Castello di Praga, ad ascoltarlo c’era tutto il mondo accademico. I professori lo ascoltarono perché non lo vedevano su un trono, ma come un collega. Fu un momento meraviglioso di grande contatto tra Chiesa e società e anche tra fede e ragione.

Di recente Lei ha “gridato” in difesa del papa emerito dopo la pubblicazione del report abusi dell’arcidiocesi di Monaco. Si è sentito un po’ solo?
Sì. Ha ragione monsignor Georg Gänswein: in Germania c’è una corrente che vuole attaccare Joseph Ratzinger. Gli attacchi contro di lui da parte del cardinale Reinhard Marx e di monsignor Georg Bätzing non sono giusti perché quando Ratzinger era arcivescovo di Monaco non era responsabile per il caso contestatogli, dal momento che il prete accusato apparteneva alla diocesi di Essen. Ma mi faccia fare una considerazione..

Prego
Gli abusi non sono un crimine della Chiesa, sono crimini delle persone. Sono un po’ dubbioso sulla possibilità di far preparare questi report che vanno indietro di 100 anni. Non è una reale ricerca di pulizia, mi pare piuttosto un processo. Però io vedo la situazione in Repubblica Ceca, e nella mia patria esiste già la giustizia. È con la giustizia che bisogna trattare questi temi perché un vescovo non è un giudice, non è un poliziotto, non ha esperienza. I nostri tribunali sono ecclesiastici, ma questa è materia di criminalità e quindi deve essere affidata in mano alla giustizia penale.

Sugli abusi nella Chiesa, il Papa emerito ne ha attribuito la causa originaria al collasso morale per l’assenza di Dio che si è registrato dal ’68 in poi. Partendo dallo stesso problema, il Cammino Sinodale tedesco sta arrivando a tutt’altre conclusioni e sembra intenzionato persino a modificare punti della dottrina. Perché Ratzinger è sempre stato così poco capito in patria?
Sembra che qualcuno voglia utilizzare il problema degli abusi per cambiare tutto il resto. Questo Cammino Sinodale tedesco non è un movimento della Chiesa universale, sono gruppi. Le dichiarazioni che vengono rilasciate alle riviste tedesche dai suoi protagonisti sono una prova che c’è chi vorrebbe cambiare la Chiesa. Agiscono come se la Chiesa non fosse fondata da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli, ma la considerano piuttosto un’azienda o un partito politico. Le assemblee di questo Cammino sono composte da una combinazione tra Conferenza Episcopale e Comitato centrale dei cattolici tedeschi. Ma questo Comitato sembra piuttosto un gruppo politico della Repubblica federale tedesca. Negli ultimi tempi pare un partito liberal più che una realtà cristiana.

Di recente Lei ha avuto modo di incontrare Benedetto XVI: era contento per l’articolo da Lei fatto in sua difesa?
Il nostro è stato un incontro tra vescovi anziani (ride). È la seconda visita che faccio a Benedetto XVI in tempi recenti. La prima fu prima della pandemia, quest’ultima per gli esercizi spirituali che abbiamo seguito a Roma con altri due vescovi cechi. Ho voluto esprimere a Benedetto XVI la mia solidarietà. Lui è stato un uomo coraggioso, come papa ha fatto molto contro gli abusi nella Chiesa. Fece molto già come prefetto dell’ex Sant’Uffizio durante il pontificato di Giovanni Paolo II, preparando i documenti per contrastare il fenomeno.

Fu Benedetto XVI a sceglierla come successore del cardinale Miloslav Vlk a Praga. Fu sempre lui a crearla cardinale nel 2012. Si è chiesto il perché?
Penso possa aver influito il periodo che trascorsi come prigioniero durante la dittatura comunista e il lavoro svolto subito dopo. Con la fine del comunismo, la prima missione che mi venne affidata fu quella del rinnovamento della vita religiosa nella nostra patria. Con il presidente Havel avevo condiviso il carcere e conoscevo buona parte del nuovo governo libero. Quella fu una fase di grandi negoziazioni con le autorità civili. All’epoca avevo già contatti con Giovanni Paolo II ed anche con il cardinale Joseph Ratzinger. Mi occupai della ricostruzione delle infrastrutture della Chiesa nella Repubblica Ceca prima come semplice religioso, poi come provinciale dei domenicani ed infine come vescovo nella mia città originaria.