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INTERVISTA/GIANLUCA ALIMONTI

Il blackout uccide i sogni di auto elettriche e rinnovabili

L’estate è iniziata in anticipo. E sono arrivati anche i consueti blackout. Ma se la rete non riesce a reggere l'aumento dell'uso dei condizionatori, come faremo a viaggiare in auto elettriche, il prossimo decennio? Ne parliamo con il professor Gianluca Alimonti, docente di Energetica all'Università di Milano.

Creato 21_06_2022
Eolico ed auto elettrica

L’estate è iniziata in anticipo. E sono arrivati anche i consueti blackout, già a metà giugno. La settimana scorsa hanno colpito soprattutto Torino e Milano, dove, giovedì, è rimasto bloccato anche il centro storico (ascensore del Duomo incluso). Il venerdì invece si è registrato il blackout più lungo, sei ore, diffuso in tutto il quartiere Bovisa, nel Nord della città meneghina. Torino è colpita da giorni da interruzioni di corrente. Non è un fenomeno solo italiano. Anche a Monaco di Baviera, la settimana scorsa, si è registrato il peggior oscuramento (il più lungo e diffuso) negli ultimi vent’anni.

Le cause sono come quelle di tutte le estati torride: siccità e uso intenso e diffuso dei condizionatori. Ma è normale che il rialzo delle temperature paralizzi le città, in un Paese industrializzato? La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato con il professor Gianluca Alimonti, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e docente di Energetica all’Università degli Studi di Milano. Partiamo col discutere di blackout, ma poi spaziamo a tutto campo sul tema dell’energia. E sul futuro che ci attende.

Professor Alimonti, se rimaniamo al buio è solo colpa del caldo e dunque anche dei condizionatori?
Dipende dal livello di approfondimento a cui ci vogliamo fermare. È vero che questi blackout siano stimolati dal caldo anomalo. Il punto è che siamo abituati a usare i condizionatori e quindi il caldo origina un’elevata richiesta di corrente che, evidentemente, va oltre i limiti strutturali delle linee delle nostre città. Se vogliamo dire che i blackout siano originati dal caldo, quindi, diciamo il vero. Se vogliamo fermarci a questo livello di analisi.

Se invece vogliamo andare più a fondo?
Dobbiamo constatare che ormai questa non è più una novità. È una “novità” che si ripete puntualmente tutte le estati. Non è neppure una “emergenza” che si cerca di risolvere dopo la sua prima manifestazione. Questa richiesta di elevata corrente, semmai, non è supportata da una rete elettrica adeguata. E se questo è il risultato, non sembra che negli ultimi anni si siano fatti degli interventi migliorativi. Se il fenomeno, oggi, si ripete con questa frequenza, vogliamo prevedere il futuro? La temperatura, secondo i climatologi, è destinata a salire. E siamo sempre più spinti verso l’uso del trasporto elettrico. È recente la decisione del Parlamento Europeo di mettere fuori commercio i motori a combustione interna dal 2035. Vuol dire che nel futuro prossimo vi sarà un enorme aumento della domanda sulla rete, dovuta alla necessità di ricaricare le batterie delle auto elettriche.

Se dal 2035 avremo milioni di auto elettriche in circolazione, come faremo per potenziare l’infrastruttura?
Quasi mai si parla di questo tema. Si pensa a spostare sempre di più i nostri consumi sull’elettricità. Basti vedere anche la spinta per sostituire le caldaie con pompe di calore. Tutto porta a un aumento della domanda elettrica e non so fino a che punto si potrà parlare di ristrutturazione, oppure di una nuova infrastruttura. Se la sola accensione di più condizionatori origina questi blackout locali (e per il momento solo locali) questo ci dà una chiara indicazione che la nostra rete è già al limite. Se invece che 10mila auto elettriche ve ne fosse un milione in circolazione, non sarebbero alimentabili. Ricordo che, per minimizzare il tempo di ricarica, si parla di potenze significative delle colonnine. Non i tre o quattro kW necessari per alimentare un condizionatore, ma decine di kW per ogni colonnina di ricarica. Finché la rete non sarà adeguata, è velleitario parlare di trasporti elettrici e pompe di calore. E questi problemi vanno affrontati subito, non dobbiamo attendere il 2035.

Per quanto riguarda la produzione di energia, gas e nucleare dovrebbero essere esclusi dalla tassonomia delle energia sostenibili, secondo il Parlamento Europeo. Le sole fonti rinnovabili sarebbero sufficienti?
È inevitabile pensare al motto: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Il fatto che il Parlamento Europeo escluda gas e nucleare dalla tassonomia, non significa certamente che si vada verso il 100% di produzione con energie rinnovabili. Quello può essere un auspicio, ma attualmente non abbiamo la tecnologia per potercelo permettere. Non abbiamo la capacità, tanto per cominciare, di immagazzinare l’energia elettrica in quantità sufficiente e per lunghi periodi. Eolico e solare producono solo in condizioni meteo a loro favorevoli, quindi è fondamentale immagazzinare l’energia sufficiente (quando ne producono in eccesso rispetto alla domanda) per mantenere costante la distribuzione. Per immagazzinarla sono disponibili solo sistemi inefficienti e con costi insostenibili. Quindi non possiamo raggiungere l’obiettivo “100% rinnovabili”, se non in realtà molto piccole. E solo finché c’è tutta una rete intorno a loro in grado di sostenerle, in caso di necessità.

La Germania è all’avanguardia nel campo delle rinnovabili e sta smantellando le centrali nucleari. Resterà locomotiva d’Europa?
Il vicecancelliere Robert Habeck, esponente del partito dei Verdi, ha proposto di riaprire centrali a carbone per compensare la riduzione del gas. È una proposta molto pragmatica. Ed anche io avrei proposto la stessa misura in Italia. Se siamo in crisi energetica, si spera limitata e contenuta nel tempo, dovuta in parte alla guerra in Ucraina, se, in pratica, il gas arriva in quantità minori e costa di più, in questo periodo di emergenza riaccendiamo le centrali a carbone. In Italia ne abbiamo sette, che stiamo utilizzando pochissimo. Se funzionassero a pieno regime potrebbero permetterci di sostituire 8 miliardi di metri cubi di gas, circa un quarto di quello che importiamo dalla Russia. E potrebbero anche abbassare i costi dell’energia. Scartare certe soluzioni pratiche per motivi ideologici è una scelta miope, soprattutto considerando il quadro di insieme: ormai l’Europa emette l’8% della CO2 mondiale mentre in Cina si stanno costruendo tante centrali a carbone quante ce ne sono in tutta Europa.

 

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