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Ora di dottrina / 154 – La trascrizione

Il battesimo del Signore – Il testo del video

I tre sensi del battesimo di Giovanni e il legame con il catecumenato: la preparazione al sacramento. Il battesimo di Gesù, tre ragioni di convenienza: la purificazione delle acque, vecchio e nuovo Adamo, l’esempio. La scelta dei trent’anni: la differenza tra il Signore e noi.

Catechismo 09_03_2025

Riprendiamo con i nostri incontri sui misteri della vita di Cristo, misteri che san Tommaso commenta nella III parte della Summa Theologiæ. Questi commenti li presentiamo all’interno del nostro percorso di commento del Credo, del Simbolo della fede. Nel Simbolo si presenta non solo il “credo” nella persona del Signore, ma anche nei misteri del Verbo incarnato.

Oggi vediamo il mistero del battesimo del Signore nel fiume Giordano, che Tommaso affronta nella quæstio 39. Prima di vedere alcuni articoli di questa questione, è bene fare un passo indietro, focalizzandoci molto rapidamente sui primi due articoli della quæstio 38, nella quale san Tommaso cerca di capire il senso del battesimo di Giovanni. Poiché il Signore è stato battezzato da Giovanni, la questione previa è: che senso ha il battesimo di Giovanni? Era conveniente che Giovanni battezzasse e in quel modo? Ricordiamo sempre la densità di questo termine, “convenienza”, cioè si tratta della ricerca della sapienza divina, dietro alcune scelte, chiaramente non necessarie: Dio non è necessitato da qualche cosa, ma quando agisce, lo fa con sapienza.

Dunque, nell’art. 1 ci si chiede se fosse conveniente che Giovanni battezzasse. Si danno una serie di ragioni, ma a me interessa soprattutto la quarta: il battesimo di Giovanni aveva il senso di preparare il popolo di Israele al riconoscimento del Signore attraverso un battesimo di penitenza. Perché, come san Tommaso spiega negli articoli successivi, che vi riassumo, il battesimo di Giovanni è un battesimo chiaramente voluto, ispirato da Dio, ma non è un battesimo-sacramento, cioè non conferisce la grazia. Allora che senso ha?

Tommaso, in questo art. 1, scrive: «San Beda dice che “quanto è salutare per i catecumeni non ancora battezzati la dottrina della fede, tanto giovò il battesimo di Giovanni prima di quello di Cristo. Poiché, come quegli predicava la penitenza, prediceva il battesimo di Cristo, e attirava alla conoscenza della verità apparsa nel mondo; così i ministri della Chiesa, prima insegnano, poi redarguiscono per i peccati e infine promettono il perdono col battesimo di Cristo”» (III, q. 38, a. 1). Qui ci sono i tre sensi del battesimo di Giovanni: la predicazione della penitenza, della conversione, il predire il battesimo di Cristo e la conoscenza della verità venuta nel mondo. In pratica, il battesimo di Giovanni continua ad avere, anche nell’economia neotestamentaria, cioè anche dopo che il battesimo sacramentale vero e proprio è entrato nella vita della Chiesa, un valore; ed è il valore che noi ritroviamo nel catecumenato.

Questo è importante ribadirlo perché oggi c’è tanta confusione. Si è tanto dibattuto se persone che vivono in peccato manifesto, pensiamo alla questione delle persone transgender, che dunque hanno voluto cambiare la propria identità sessuale, possano essere battezzate o no. E con un certo “misericordismo” si è detto: “sì, certo”; in realtà non è così, nel senso che il battesimo dell’adulto richiede una preparazione di catecumenato.

Il catecumenato deve avere tre componenti fondamentali: 1) la penitenza, quindi la conversione, il rifiuto del peccato e perciò di ogni atto compiuto contro la legge di Dio; 2) l’insegnamento della verità apparsa nel mondo: c’è una verità e il confronto va fatto con questa verità, non con un proprio soggettivo sentire; 3) l’annuncio, l’introduzione al battesimo vero e proprio, cioè una catechesi della vita nuova data con il battesimo e quindi anche delle sue esigenze.

Dunque, vedete il senso del battesimo di Giovanni, perché in fondo il battesimo di Giovanni, la figura stessa di san Giovanni Battista è straordinariamente presente nella Chiesa; non è cessata perché è venuto il Signore Gesù, c’è sempre questa preparazione fondamentale, questo annuncio che deve essere dato, questo richiamo forte alla conversione, al cambiamento della vita.

Fatta questa doverosa premessa, vediamo più da vicino il battesimo del Signore Gesù. E anche qui c’è la convenienza di tutta una serie di elementi, anzitutto del battesimo stesso. Era conveniente che il Signore Gesù si facesse battezzare? E si facesse battezzare da Giovanni? Che senso ha il battesimo? Ancora, era conveniente che questo battesimo avvenisse nell’età della maturità del Signore, a trent’anni? Era conveniente che fosse nel Giordano, che si aprissero i cieli, che lo Spirito Santo discendesse sotto forma di colomba e si udisse la voce del Padre? Vedete che qui è proprio una ricerca della ragione, cioè della sapienza divina, che non a caso ha predisposto tutti questi elementi. Vedete ancora una volta l’importanza e la bellezza dell’intelligenza della fede. La fede ci è data e viene accolta prima ancora che noi ne possiamo comprendere la bellezza, che non finirà mai. E tuttavia questa accoglienza non frena la ricerca umile, appassionata, perseverante, costante della ragione dell’uomo: invece, la mette in moto, la sostiene, la stimola, perché l’uomo è una creatura ragionevole e quindi è giusto, è sano che cerchi le ragioni e sia poi capace di rendere ragione. Questo non nel senso razionalistico, cioè di chiudere la fede nei limiti angusti della ragione, semmai nel senso contrario, cioè di aprire la ragione alla misura delle verità soprannaturali.

Dunque, vediamo il primo punto trattato all’art. 1 della quæstio 39, cioè se Cristo dovesse essere battezzato. Ora, si potrebbe pensare di no: perché un battesimo di penitenza, di conversione, se Cristo non aveva assolutamente bisogno di penitenza e di conversione? Ancora, perché un battesimo che in fondo appartiene all’antica legge, non alla nuova, che Cristo è venuto a instaurare?

San Tommaso dà tre fondamentali motivi di convenienza. Per il primo motivo san Tommaso attinge al commento di sant’Ambrogio al Vangelo di Luca e dice: «“Il Signore fu battezzato non per essere purificato ma per purificare le acque, affinché queste, purificate dal corpo di Cristo che non conobbe peccato, acquistassero la virtù richiesta dal battesimo”, e così rimanessero “consacrate per coloro che sarebbero stati battezzati in seguito”, secondo l’espressione del Crisostomo» (III, q. 39, a. 1). Dunque, primo significato: questo battesimo indica non una purificazione del Signore, ma una purificazione – da parte del Signore – delle acque, che dunque divengono la materia propria, santificata del battesimo. Ecco perché la Chiesa continua a benedire le acque del fonte battesimale; ordinariamente il battesimo non si fa in acque non benedette; dico “ordinariamente”, perché è chiaro che in caso di assoluta e urgente necessità, come nel caso di una persona morente, quando non c’è un sacerdote, si può battezzare tranquillamente con l’acqua non benedetta, perché l’acqua è il segno proprio (materia) del battesimo. E tuttavia, proprio per collegarsi a questa santificazione delle acque operata da Cristo, la Chiesa santifica le acque del fonte battesimale.

Seconda ragione. Qui san Tommaso cita san Gregorio Nazianzeno: «Cristo si fece battezzare per immergere nell’acqua tutto il vecchio Adamo» (ibidem). Cioè, è vero che il Signore non aveva alcun peccato e neanche il fomite del peccato e dunque non aveva bisogno di purificarsi in nessun modo. E tuttavia aveva assunto una vera natura umana, che era la stessa di Adamo. E questa natura umana assunta viene immersa, a indicare che non apparteniamo più al vecchio Adamo, al primo Adamo, ma apparteniamo al nuovo Adamo, a Cristo. E dunque con il battesimo viene sepolta, immersa in quest’acqua purificatrice la natura che viene dal vecchio Adamo: viene immersa per risorgere, è una natura che viene trasfigurata dalla grazia, perché la natura umana è assunta dal Signore stesso.

Terzo motivo di convenienza. Qui san Tommaso cita sant’Agostino: «Perché volle fare ciò che aveva comandato a tutti gli altri» (ibidem). Cioè, il Signore compie in Sé, nonostante non dovesse farlo, quello che poi gli altri dovranno compiere, sapendo di avere necessità di ricevere il battesimo, per la salvezza.

Dunque, vedete le ragioni per cui il Signore riceve il battesimo e, in particolare, quello di Giovanni. Faccio notare che san Tommaso qui, in fondo, non fa altro che collegare tra loro il pensiero dei Padri. Solo in questo articolo vengono citati rispettivamente: sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo (più volte), san Gregorio Nazianzeno, sant’Agostino e di nuovo Ambrogio. È una brevissima spiegazione, una ventina di righe: una grande collezione – non di centoni buttati lì a caso – che indica il fatto che san Tommaso prende dai Padri, non se ne distanzia, accusa che spesso ricorre quando si dice che la Scolastica, e in particolare Tommaso, ha “tagliato” la teologia patristica: no, è esattamente il contrario.

Nell’art. 3 si parla dell’età: era conveniente che il Signore fosse battezzato all’età di trent’anni? Qual è la grande obiezione? Abbiamo detto che la terza motivazione del battesimo era l’esemplarità, cioè che il Signore ha fatto quello che altri, poi, avrebbero dovuto fare per necessità. Perché non si è fatto battezzare da bambino, visto che la Chiesa esorta a battezzare i bambini fin da piccoli, pochi giorni dopo la loro nascita? La ragione sta nel fatto che chiaramente c’è una differenza: è vero che il battesimo del Signore è esemplare, ha una sua esemplarità, ma è anche vero che permane una diversità essenziale tra il Signore e noi. E qual è questa diversità? Lo abbiamo già detto: il Signore non aveva bisogno del battesimo per una purificazione dei peccati e neanche di un battesimo di penitenza; invece noi sì. Ed ecco perché il Signore poteva tranquillamente attendere l’età adulta per il suo battesimo, mentre noi non possiamo, almeno non per scelta (se poi c’è una conversione da adulti è un altro discorso). Noi non siamo nella condizione di salvati e di senza peccato; e l’unico mezzo che Dio ha disposto per la remissione della colpa originale è il battesimo, non ce n’è un altro. Dunque, qui c’è tutta l’importanza di battezzare i bambini fin da piccoli, per non esporli al rischio della mancata remissione della colpa originale e dunque che non gli vengano aperte le porte del Cielo. Questo è importante ricordarlo in un tempo come il nostro, in cui sembra che ci si salvi solo per il fatto di esistere. Non è così, bisogna stare molto attenti.

San Tommaso ci dà anche un altro senso, iniziando a svelarci qualcosa che vedremo poi, soprattutto a partire dall’art. 4, ma che qui è già chiaro: un inserimento in un contesto di comprensione cristologica delle Scritture e in particolare nel contesto della lettura meditata, “masticata” delle Scritture, alla luce dei Padri e della lectio divina, che è il contesto normale – attenzione – della vita religiosa: è un contesto che nasce in ambito monastico, ma che si trasmette poi nella vita, in questo caso, dell’Ordine dei Frati Predicatori, dei domenicani, a cui san Tommaso apparteneva. Tra l’altro san Tommaso aveva conosciuto da vicino e frequentato il mondo benedettino prima del suo ingresso nell’Ordine dei Predicatori.

Leggiamo un estratto dell’art. 3: «Era giusto che Cristo fosse battezzato all’età di trent’anni perché [qui san Tommaso fornisce la prima ragione] il suo battesimo inaugurava il suo insegnamento e la sua predicazione, per cui si richiede l’età perfetta, qual è appunto quella dei trent’anni. Per questo nella Genesi si legge che “Giuseppe aveva trent’anni” quando prese in mano le sorti dell’Egitto. E così pure di Davide si legge che “aveva trent’anni quando cominciò a regnare”. Ed Ezechiele cominciò a profetare “nell’anno trentesimo della sua età”» (III, q. 39, a. 3). Attenzione, perché qui c’è un metodo di lettura e di approccio alle Sacre Scritture. Quando noi leggiamo che il Signore viene battezzato all’età di trent’anni e inizia il suo ministero all’età di trent’anni, lo prendiamo come un dato storico, che è già molto: è un dato storico, chiaramente, ma non solo. Non c’è nulla, nessun dettaglio nelle Scritture che sia insignificante, dettaglio che pure corrisponde a una verità storica, effettiva.

E qui sono citati tre testi: il primo è Genesi 41,46; Giuseppe, il patriarca, figlio di Giacobbe, «“aveva trent’anni” quando prese in mano le sorti dell’Egitto». Quindi, a trent’anni, Giuseppe che cosa fa? Prende in mano il mondo dei pagani, prende in mano il regno d’Egitto, uno dei più potenti regni della terra. Il secondo testo è preso dal Secondo libro di Samuele (5, 4): Davide, a trent’anni, prende in mano il regno di Gerusalemme, che poi da lì inizierà ad espandersi. Terzo riferimento: Ezechiele. Qui si tratta di una citazione proprio del primo versetto del primo capitolo del libro del profeta Ezechiele, che inizia la sua profezia all’età di trent’anni. Quindi, questo particolare di Gesù che aveva trent’anni quando riceve il battesimo accende delle lampadine nell’anima che si accosta alle Scritture, essendo abituata a leggerle perché ha letto la Genesi, ha letto i due libri di Samuele, i due libri dei Re, ha letto Ezechiele, eccetera. Questo dettaglio fa capire il senso di quello che avviene con il battesimo di Gesù e immediatamente dopo il battesimo: il Signore, come un nuovo Giuseppe, prende in mano le sorti dell’Egitto, prende in mano le sorti di un mondo paganizzato, che sta andando alla deriva, non conoscendo più la verità di Dio. Prende in mano il regno di Gerusalemme e in generale il popolo di Israele. E prende in mano, con l’inizio del suo ministero, le sorti del nuovo Israele: la Chiesa. E come un nuovo Ezechiele inizia a profetizzare.

Dunque, questo dettaglio dei trent’anni è più di un dettaglio, e c’è un mistero dietro questa scelta dei trent’anni del Signore.

Nell’art. 4, questo approccio cristologico, nutrito dalla lectio divina, lo si vede ancora di più. In esso san Tommaso si domanda se fosse conveniente che Cristo fosse battezzato nel Giordano. Perché il Giordano e non altre acque della Terra Santa? Perché non nel mare o presso una fonte o un pozzo, ad esempio il pozzo di Giacobbe? Nell’art. 4, san Tommaso richiama due testi fondamentali, uno lo lascia più in sottofondo, l’altro lo riporta un po’ più alla luce. Il primo è il capitolo 3 del libro di Giosuè: ricordate il passaggio del Giordano quando Giosuè fa entrare il popolo di Israele nella terra promessa da Dio e attraversa un fiume, appunto il Giordano? E l’altro è il Secondo libro dei Re, al cap. 2, dove abbiamo l’episodio di Elia che percuote il Giordano con il suo mantello, apre in qualche modo il fiume, viene portato in cielo e il suo spirito scende su Eliseo. Sono due episodi importantissimi. San Tommaso ci dice: «Il Giordano è il fiume attraverso il quale i figli d’Israele entrarono nella terra promessa» (III, q. 39, a. 4). Ora, il battesimo di Cristo ha una caratteristica nei confronti degli altri battesimi penitenziali, cioè introduce nel regno di Dio simboleggiato dalla terra promessa. Da cui le parole evangeliche: «Chi non nasce dall’acqua e dallo spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). L’episodio di Elia ha lo stesso significato, perché il profeta «prima di essere rapito in cielo su un carro di fuoco, divise le acque del Giordano; poiché a quelli che passano attraverso le acque del battesimo, viene aperto l’ingresso nel cielo mediante il fuoco dello Spirito Santo» (ibidem).

Ricordiamo che questo non è un commentario alle Scritture: è una summa teologica, dunque una presentazione dei grandi misteri della fede, in modo ordinato, ragionato e anche conciso. Qui, è come se si venissero a concentrare delle grandi, lunghe, profonde meditazioni su questi testi, che tra l’altro ritroviamo in Origene: sia il riferimento a Giosuè che quello al Secondo libro dei Re hanno un aggancio molto forte in Origene con il battesimo del Signore. Quindi, vedete ancora una volta come san Tommaso si colloca dentro il grande fiume dei Padri.

Qual è dunque il senso del Giordano? Il senso è che come Giosuè, aprendo, passando le acque del Giordano, fa entrare Israele nella terra promessa, così il Signore, che non apre le acque del Giordano, ma al suo ingresso nelle acque i cieli stessi divengono aperti, conduce non più a un regno terreno ma a quel regno eterno che ci era inaccessibile, da cui l’apertura dei cieli. Ancora, c’è un parallelo con l’episodio del profeta Elia, il quale passa il Giordano e così viene portato in cielo in un turbine di fuoco. E dice san Tommaso: coloro che valicano questo fiume nel battesimo vengono portati in cielo con il fuoco dello Spirito.

Ancora, sulla scorta di Origene, potremmo dire che qui abbiamo l’accostamento Elia-Eliseo e nuovo Elia-nuovo Eliseo. Ricordate che è il Signore stesso a dire, parlando di Giovanni Battista, «Elia è già venuto» (Mt 17, 12), cioè, l’Elia che era atteso da Israele come colui che avrebbe dovuto preparare la venuta del Messia. Una testimonianza fondamentale, quella di Gesù, perché se Elia è già venuto, allora il Messia è realmente presente. Dunque, Giovanni, che è nel fiume del Giordano insieme a Cristo, è l’Elia che doveva venire. Ma dopo questo episodio la sua luce inizia a discendere e sale quella del nuovo Eliseo, che è Cristo. Vedete anche qui il senso cristologico di questo passaggio, nel breve racconto del battesimo di Gesù nel Giordano.

Ancora, nell’art. 5 san Tommaso si domanda perché si aprono i cieli. Perché, come negli episodi storici che abbiamo citato, non si aprono le acque? Vedete, dunque, che c’è l’analogia e c’è la differenza, perché l’Antico Testamento adombra il primo; il Nuovo Testamento compie l’Antico, ma lo supera: dunque, c’è un elemento di continuità e uno di discontinuità.

Dunque, san Tommaso ci dice tre ragioni per cui era conveniente l’apertura del cielo. «Primo, la virtù principale da cui il battesimo trae la sua efficacia, che è una virtù celeste» (III, q. 39, a.5 ). Cioè, l’efficacia del battesimo sacramentale non è una virtù che viene dalle acque, non è un battesimo di penitenza, ma è un battesimo che trae la virtù dal cielo. Ecco perché si doveva aprire il cielo per capire da dove viene il battesimo della Chiesa, il battesimo della Nuova Alleanza.

«Secondo, all’efficacia del battesimo concorre la fede della Chiesa e di chi viene battezzato, perciò i battezzati fanno la professione di fede, e il battesimo è chiamato “il sacramento della fede”. Ora, con la fede noi contempliamo le realtà celesti che superano i sensi e la ragione umana» (ibidem). Dunque, non solo un’origine celeste, ma anche una “destinazione”, il senso della vita del cristiano. Nel battesimo la professione di fede che viene data non è un giuramento militare, ma è il senso della contemplazione a cui è chiamato il cristiano. Cioè, come dice san Paolo: «cercate le cose di lassù», «aspirate alle cose di lassù» (Col. 3, 1. 2).

Noi siamo chiamati a contemplare le realtà celesti, come dice san Tommaso, quindi c’è una destinazione in qualche modo della nostra vita. E anche una destinazione della vita in sé stessa perché, dice san Tommaso, ed è la terza ragione, «col battesimo di Cristo viene aperto a noi in maniera speciale l’ingresso al regno celeste»; quindi si tratta di una contemplazione che poi punta a un vero e proprio ingresso nel regno celeste. Dunque, nel battesimo del Signore, sul quale si fonda il battesimo nostro, dovevano rendersi chiare l’origine del battesimo, la nostra chiamata a contemplare le realtà del cielo e ad entrare nel regno celeste. Questo è il senso.

San Tommaso poi fa una precisazione importante: «Dopo il battesimo, però, è necessario che l’uomo preghi assiduamente per poter entrare in cielo» (ibidem). Non è che, se siamo battezzati, siamo sicuramente salvi: no. Benché infatti col battesimo i peccati vengano rimessi, resta tuttavia in noi il fomite del peccato, di cui abbiamo parlato, cioè di questa concupiscenza, di questa inclinazione al male che ci viene dalla ferita del peccato originale. Quindi rimane il fomite del peccato che ci sollecita dall’interno; e restano il mondo e i demoni che ci tentano dall’esterno. San Tommaso ci dice: attenzione, i cieli aperti non indicano che siamo già arrivati, indicano invece che siamo in una situazione ancora di battaglia. Ecco perché, come dice, è necessario che l’uomo preghi assiduamente.

L’art. 6 e l’art. 8 indicano altre due convenienze e cioè la manifestazione dello Spirito Santo nella forma della colomba e la voce del Padre dal cielo. Anche qui san Tommaso ci dice che era opportuno, conveniente che ci fossero queste due manifestazioni. Perché? Perché tutti quelli che si accostano al battesimo, sappiano che non è acqua e basta, ma c’è la virtù dello Spirito Santo; e perché la forma del battesimo sia nel nome di quella Trinità che già si manifesta nel battesimo del Signore: il Figlio nel Giordano, lo Spirito Santo sotto forma di colomba, il Padre nella voce dal cielo. Ecco perché la Chiesa dice che la forma insostituibile, pena l’invalidità del sacramento, del battesimo è che avvenga “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Ancora, un’ultima precisazione. Nel passo del libro di Giosuè che vi ho citato prima, al cap. 3, c’è un’altra indicazione importantissima che collega questi due testi: Dio dice a Giosuè che da oggi, da quel giorno lo avrebbe glorificato davanti al suo popolo: «Oggi stesso comincerò a glorificarti agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che come sono stato con Mosè, così sarò con te» (Gs 3, 7). Nel battesimo di Gesù noi udiamo la voce del Padre che dice: «Questi è il Figlio mio prediletto» (Mt 3, 17). Abbiamo dunque la glorificazione del Signore. Vedete il parallelo importantissimo tra questi due testi, a indicare che qui abbiamo un nuovo Giosuè: tra l’altro, la radice del nome Giosuè e Gesù è identica, cambia la vocalizzazione (Yehoshùaˁ), cambiano sole le vocali, ma la radice consonantica è esattamente la stessa. Quindi, a indicare che Gesù è il nuovo Giosuè che deve essere seguito per entrare non in una terra promessa materiale, ma in una terra celeste, nel regno dei cieli.

Vedete la ricchezza di questi passi, che ritroviamo condensata in san Tommaso. È un po’ come quando ci sono degli alimenti in sottovuoto, che magari vanno messi in acqua per ridargli la loro naturale struttura e conformazione. Qui è così: ci viene dato un “sottovuoto”, un essiccato quasi e, rimettendolo nelle sue acque, nel suo contesto, da cui questo concentrato è venuto fuori, noi ritroviamo la bellezza di tutti questi elementi che abbiamo visto e altri ancora.

La prossima volta continuiamo con questa riflessione, in particolare ci occuperemo delle ragioni di convenienza delle scelte di vita del Signore.        



Ora di dottrina / 154 – Il video

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