Il 2 giugno si celebrano i sanitari, ma si investe in armi
Nella parata del 2 giugno hanno sfilato anche gli operatori sanitari, a testimonianza dell'impegno nella lotta alla pandemia. Ma per l'anno prossimo è attesa una riduzione degli investimenti nel comparto sanitario, mentre l'aumento maggiore si registrerà nelle spese della difesa. Così ci disarmiamo in vista delle prossime emergenze.
Due anni di pandemia hanno lasciato il segno da tanti punti di vista. Gli errori commessi dalle autorità sanitarie nella gestione dell’emergenza li pagheremo a lungo, sia dal punto di vista della qualità della vita che dal punto di vista della tenuta socio-economica del Paese. E i segnali sono inequivocabili.
Nonostante queste sconcertanti evidenze, la retorica di Palazzo continua a regalare al popolo italiano cocenti contraddizioni istituzionali e a trasmettere messaggi davvero disarmanti. Si pensi alla parata del 2 giugno per la Festa della Repubblica, che dopo due anni di stop dovuto al Covid è tornata in presenza e con tutta la fastosità che le è propria. La novità di quest’anno è stata la presenza dei medici e degli esercenti le professioni sanitarie, che hanno sfilato e sono stati a lungo applauditi come i veri eroi della pandemia, come coloro che, lavorando con turni massacranti e disponibilità straordinaria, hanno contrastato in tutti i modi la pandemia, rendendo meno amaro il suo bilancio. Il messaggio è stato, quindi, la presa d’atto della centralità della tutela della salute come valore fondante una rinnovata unità nazionale.
Se questo tributo alla classe medica fosse stato davvero sincero, ad esso sarebbero seguiti atti e decisioni coerenti e conseguenti. Invece far sfilare medici, infermieri, psicologi e personale sanitario di altri ambiti potrebbe rivelarsi davvero un atto meramente celebrativo e fine a se stesso.
Nulla ha insegnato, infatti, l’emergenza pandemica, se è vero che gli investimenti in sanità sono destinati a registrare una contrazione, sia pur lieve, l’anno prossimo, e se gli stanziamenti più rilevanti che l’Italia immagina di varare riguardano il settore degli armamenti. Dunque, riassumendo, il sistema sanitario ha salvato vite, pur potendo contare su risorse insufficienti, la politica gli batte le mani ma poi destina somme ingenti all’industria delle armi, per continuare a finanziare la difesa dell’Ucraina dagli attacchi russi.
Il ragionamento è un tantino semplicistico, ma non distante dalla realtà delle cose. Anche perché le criticità del sistema sanitario italiano non sono affatto finite con il Covid, tutt’altro. L’impennata dell’incidenza di tante patologie anche gravi trascurate durante la pandemia prolungherà i suoi effetti nei prossimi anni. C’è poi tutto il tema dei medici sospesi in quanto non vaccinati. Anche quelli guariti dal Covid non possono tornare al lavoro, per disposizione del Ministero della Salute che, in una circolare emanata in risposta ai dubbi della Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), ha chiarito che la guarigione da Covid-19 di medici e operatori sanitari «non è circostanza idonea a legittimare la revoca della sospensione» dal lavoro avvenuta per non aver assolto all'obbligo di vaccinazione. Dunque, «non è elemento determinante» per l’Ordine professionale di appartenenza, che deve invece «accertare lo stato di avvenuta vaccinazione del professionista».
Negli altri Stati non è così, eppure nessuno ha avuto il coraggio di far presente l’anomalia italiana, che impedisce a migliaia di medici di tornare in servizio per fronteggiare le innumerevoli emergenze sanitarie in corso. Ci sarebbe bisogno di più medici di base e di più specialisti nelle strutture ospedaliere, gli organici presentano vuoti molto dannosi per l’erogazione di servizi di assistenza medica essenziali. Eppure si va avanti nella linea miope di non monitorare la realtà e di non riadattare le strategie pensate per un periodo emergenziale a un periodo come quello attuale che è sicuramente molto diverso.
Che le autorità sanitarie non fossero in grado di recepire i segnali della realtà lo abbiamo riscontrato già all’inizio della pandemia, con il sistematico boicottaggio delle cure domiciliari, la mancanza di protocolli per la medicina di base, la sostanziale marginalizzazione dei medici generici nelle strategie di contrasto al Covid.
Ora la storia si ripete perché il chiodo fisso dell’esecutivo pare essere quello di continuare ad armare gli ucraini per difenderli dall’invasione russa, incrementando gli stanziamenti militari, senza minimamente lavorare sul fronte della prevenzione di nuove eventuali emergenze sanitarie, sfruttando quei filoni innovativi come la telemedicina, peraltro finanziabili con i progetti del Pnrr, che valorizzano in tutti i campi l’impiego di moderne tecnologie.
Quella del 2 giugno può essere considerata, quindi, per le professioni sanitarie una soddisfazione poco più che platonica. Senza una valorizzazione effettiva delle professionalità del settore, con robuste politiche di investimento in ambito sanitario, il Paese si ritroverà disarmato di fronte alle esigenze di tutela della salute della popolazione, destinate a crescere in maniera esponenziale a causa della pandemia.