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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

IL CASO TRASPONTINA

Idoli, era dovere dello Stato difendere la vera religione

A difendere la religione cattolica dagli idoli dovrebbero essere solo i due "militi ignoti" della Traspontina oppure dovrebbero impegnarsi anche le leggi stesse e il potere politico?  La politica deve riconoscere che il culto degli idoli tra i cittadini della propria comunità politica è dannoso per la stessa vita politica, perché depotenzia l’uso della ragione politica a vantaggio dell’irrazionalismo pagano e sottomette la persona a forze sotterranee. Ecco perché di fronte a quegli idoli anche il potere politico aveva il dovere di intervenire. 

Dottrina sociale 22_10_2019

A difendere la religione cattolica dagli idoli dovrebbero essere solo i due "militi ignoti" della Traspontina oppure dovrebbero impegnarsi anche le leggi stesse e il potere politico?  La politica deve riconoscere che il culto degli idoli tra i cittadini della propria comunità politica è dannoso per la stessa vita politica, perché depotenzia l’uso della ragione politica a vantaggio dell’irrazionalismo pagano e sottomette la persona a forze sotterranee. Ecco perché di fronte a quegli idoli anche il potere politico aveva il dovere di intervenire. 

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Il cosiddetto “furto” della Traspontina ha dato la stura a molte considerazioni sul tema della difesa della religione. I due ignoti che – come risulta dal video da essi stessi fatto circolare in rete – sono entrati nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, in via della Conciliazione a Roma, per togliere le statue degli idoli amazzonici e gettarli nel Tevere, hanno commesso un furto o esercitato una legittima difesa? Tommaso Scandroglio ha vagliato il problema sulla Nuova BQ, sostenendo con valide argomentazioni che dal punto di vista morale si è trattato di un atto di legittima difesa perché: a) si era di fronte ad un attacco alla religione cattolica, b) ci si era appellati alle autorità ma invano, c) in assenza dell’autorità è lecito farsi giustizia da sé.

Queste considerazioni riguardano l’ambito morale e indirettamente anche quello giuridico. L’attuale ordinamento giuridico italiano però non le recepisce in quanto si allontana sempre di più dal contemplare il dovere giuridico-politico di difesa della religione cattolica. Ed è proprio qui che il discorso degli idoli in Tevere si fa molto interessante per la Dottrina sociale della Chiesa.

Si è giustamente fatto notare che le varie celebrazioni pubbliche idolatriche tenutesi in occasione del Sinodo sull’Amazzonia evidenziano gravi responsabilità dentro la Chiesa, ma ci si può anche chiedere se esistono – o dovrebbero esistere – anche delle responsabilità del potere politico a difesa della religione cattolica dalle religioni idolatriche, per esempio formulando un sistema giuridico a ciò finalizzato. La dissonanza evidenziata da Scandroglio tra ciò che dice la morale e ciò che dice la legge andrebbe sanata politicamente? A difendere la religione cattolica dagli idoli dovrebbero essere solo i due "militi ignoti" della Traspontina, facilmente accusabili di furto in base alle leggi vigenti, e infatti per questo già denunciati, oppure dovrebbero impegnarsi anche le leggi stesse e il potere politico? Buttare gli idoli nel Tevere è stato un abuso o una supplenza? 

Il tema è urticante perché ci connette con i doveri della politica verso la religio vera, contro cui si scagliano la laicità moderna, il processo di secolarizzazione e gran parte degli uomini di Chiesa, infastiditi da temuti ritorni del periodo costantiniano. Eppure la Dottrina sociale della Chiesa non ha mai rinunciato a questo principio. Se esso era esplicitamente enunciato ai tempi di Leone XIII, non ha cessato di esserlo con i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Le espressioni adoperate sono cambiate ma la sostanza è rimasta: questi doveri esistono e dell’idolatria si dovrebbe occupare anche il potere politico e non solo i Robin Hood di Santa Maria in Traspontina.

Per capire il motivo di questo dovere bisogna chiedersi se la politica abbia o no bisogno della religione. Sembra doversoso rispondere di sì, che ne ha bisogno, perché la politica è autonoma ma non sa fondarsi ultimamente da sola e se lo facesse diventerebbe un orribile totalitarismo. Una volta stabilito che ne abbia bisogno, bisognerà poi decidere se ogni religione può ugualmente assolvere a questo compito oppure no. Allora si confrontano le religioni in base alla loro verità e si vede che solo quella cattolica risponde pienamente alle esigenze naturali e razionali della politica. Quindi si conclude sostenendo che la politica vera non può farcela a rimanere vera senza la religione vera. Se la politica vi rinuncia, allora rinuncia anche alla propria verità.

Tradotto in parole semplici: la politica deve riconoscere che il culto degli idoli tra i cittadini della propria comunità politica è dannoso per la stessa vita politica, perché depotenzia l’uso della ragione politica a vantaggio dell’irrazionalismo pagano e sottomette la persona a forze sotterranee. Non si tratta di religioni “dal volto umano” e su di esse è impossibile costruire una comunità che rispecchi i doveri e i diritti della persona. Accettare politicamente che tutte le religioni siano uguali per la politica significa suicidarsi, dichiarandosi incapace di contenere in sé una verità che le serva da criterio.

Se, come sostiene Scandroglio, nell’incursione alla Traspontina si è trattato di legittima difesa perché si era davanti ad un attacco alla religione cattolica, va chiarito non solo che a rispondere agli attacchi alla religione cattolica dovrebbe essere senz’altro la Chiesa, che nel caso dei riti pagani ha invece rinunciato a questo suo dovere, bensì anche il potere politico. Questo secondo aspetto non viene mai preso in considerazione come invece dovrebbe essere.