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TASSE

Ici: quello che Monti non chiarisce

Il tanto invocato chiarimento del premier Monti in realtà apre la porta a brutte sorprese per le scuole paritarie in sede di applicazione delle norme. 

Attualità 29_02_2012
Ici

Non per il gusto di fare i guastafeste o per mettersi di traverso quando le cose sembrano andare per il verso giusto, ma sulla questione dell’ICI alle scuole paritarie occorre muoversi con molta prudenza, per evitare brutte sorprese in sede di applicazione delle norme.
Il tanto invocato chiarimento del Presidente Monti pare aver messo d’accordo tutti: l’ICI non sarà applicata alle “scuole che svolgono la propria attività con modalità concretamente ed effettivamente non commerciali”.

Affermazione che molti hanno definito chiara e definitiva
; ma si riferisce davvero a tutte –dico tutte-  le scuole paritarie senza scopo di lucro che svolgono un servizio pubblico e sono gestite da privati non profit? E’ ciò che ci auguriamo, ma vorremmo esserne più sicuri.
Infatti, se la precisazione ampiamente illustrata dai rappresentanti del governo non diventerà parte integrante di un testo di legge, potrebbe verificarsi quanto è già accaduto in questi ultimi anni.

Infatti, la circolare del MEF (circ. 26 gennaio 2009, n.2 – Direzione Federalismo fiscale)
cui si fa ripetutamente riferimento in questi giorni per risolvere il “casus belli” (circolare che si era resa necessaria per spiegare meglio la situazione dopo la definitiva abolizione dell’ICI sulla prima casa decisa nel 2008), aveva già declinato a suo tempo le caratteristiche necessarie alle scuole per godere dell’esenzione:
1.    niente guadagni, cioè la scuola non deve chiudere con un risultato superiore al pareggio, o comunque gli eventuali avanzi di gestione devono essere reinvestiti esclusivamente nell’attività didattica;
2.    rispetto dei programmi ministeriali, adozione e rispetto dei contratti collettivi di lavoro del settore e pubblicazione del bilancio;
3.    non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, compresi ovviamente quelli disabili.

Niente di nuovo sotto il sole, è né più né meno la fotografia della scuola paritaria.
Del resto, si tratta di requisiti già previsti dalla stessa Legge di parità scolastica (L.62/2000). Tutto bene, allora? Macché: non pochi istituti paritari senza scopo di lucro sono stati costretti, in questi anni, a pagare l’ICI ugualmente. L’ente gestore della scuola, infatti, identificato dai comuni di residenza come impresa e dunque come erogatore di un servizio considerato commerciale ai fini fiscali (eh già, le cooperative sociali onlus sono considerate imprese ex lege, e non c’è nulla da fare…) non poteva godere dell’esenzione. Alla faccia della circolare del MEF. Occorre saperlo: in caso di contenzioso, i giudici  basano le loro decisioni sulle leggi e non sulle circolari, che nella gerarchia delle fonti giuridiche valgono poco più di una chiacchierata in pizzeria fra amici.
Non è questione, allora, di scuola cattolica o non cattolica come insinuano malignamente certi quotidiani: ogni scuola paritaria senza scopo di lucro, in quanto espressione di una realtà non profit, deve avere diritto all’esenzione. Non vorremmo trovarci, domani o dopodomani, a dover assistere alla chiusura di tante realtà scolastiche che hanno solo la “sfortuna” di essere gestite da cooperative sociali o fondazioni private che, pur essendo ONLUS, ai fini fiscali sono considerate ugualmente imprese commerciali.

Dato che per giungere alla conclusione della vicenda occorre ancora un po’ di tempo
(prima dovrà essere approvato il decreto legge sulle liberalizzazioni con l’emendamento che stabilisce il principio generale; poi dovrà arrivare una norma di dettaglio che dovrebbe ricalcare quanto precisato dal Presidente Monti e già contenuto nella citata circolare del MEF), ci sono forse i margini di tempo e gli spazi politici per dare maggiore solidità giuridica alle precisazioni fornite dal governo, facendole diventare testo di legge. Sarebbe sufficiente mettere per iscritto una semplice e universale evidenza: l’attività della scuola paritaria senza scopo di lucro è non commerciale”. Non sembra difficile.

Diversamente, temiamo che potrebbe non bastare un semplice riferimento  alla circolare del MEF o anche alla sua riproposizione nel decreto attuativo del ministro per non trovarsi nuovamente in balìa di qualche zelante ufficio dell'Agenzia delle Entrate…