I respingimenti dei clandestini? Ora è la Libia a farli
I respingimenti degli immigrati clandestini? Li stanno già attuando, ma a parti rovesciate. Italiani ed europei contavano sul governo Tripoli per fermare i flussi di immigrati, ma il premier libico, , al-Sarraj, ci ha fatto sapere che la Libia non riprenderà i clandestini che pure lascia salpare dalle sue coste. Ma non solo.
Europa sempre più allo sbando sul fronte immigrazione. Travolta da flussi che non riesce a gestire, da frontiere che non sa o non vuole difendere e dalla ricerca di soluzioni raffazzonate e improbabili.
Un disastro che comincia dalla Libia dove il “nostro uomo a Tripoli”, il premier del governo di riconciliazione nazionale voluto dall’Onu, Fayez al Sarraj, ha già capito che l’Europa è una mucca da mungere non una potenza da temere. Italiani ed europei contavano su al-Sarraj per stabilizzare la Libia e fermare i flussi di immigrati clandestini, ma il premier libico ci ha fatto sapere che la Libia non riprenderà i “migranti” respinti, cioè non accoglierà coloro che pure lascia salpare ogni giorno dalle sue coste.
«Non accetteremo che l'Unione europea ci mandi indietro i migranti», ha affermato Sarraj. «L'Europa deve trovare il modo di farli tornare nei loro Paesi d'origine. Non possono stare con noi. Occorre cercare la soluzione nei Paesi d'origine dei migranti», ha detto al-Sarraj in un’intervista a Repubblica aggiungendo che in quei Paesi sono necessari «stabilità politica ed economica, e opportunità di sviluppo». In pratica, per far cessare gli sbarchi occorre attendere che il Sahel abbia lo stesso tenore di vita della Svizzera!
Un’assurdità a quanto pare condivisa da Roma e Bruxelles. Matteo Renzi popone da tempo un “Migration compact” che altro non è che un’apertura di credito ai governi africani riempiendo di euro i loro regimi perché li usino per creare sviluppo, fingendo di non sapere che invece quel denaro aumenterà corruzione e clientelismo. Anche il programma proposto da Federica Mogherini all’Onu minaccia di seminare miliardi nel Sahel per indurre quei Paesi a tenersi stretta la loro popolazione e ben rappresenta la pochezza politica della stessa Mogherini e della Commissione europea di cui fa parte.
Bene che ci vada i leader di quegli Stati verranno in visita in Europa a bordo di aerei presidenziali fiammanti, si spera prodotti almeno in Europa: sarà questo l’unico ritorno che avremo (eventualmente) dal denaro che butteremo poiché la storia della cooperazione e sviluppo in Africa insegna che i fondi donati non hanno quasi mai creato sviluppo. Il problema vero, e cioè l’illegalità dei flussi migratori sia per i profughi di guerra sia per i migranti economici, viene di fatto ignorato da Italia e Ue mentre è su questi punti che andrebbe imbastita la risposta. Anche su questo fronte le dichiarazioni della Mogherini non solo non aiutano, ma rappresentano un ulteriore incoraggiamento per milioni di africani pronti a partire per la Libia e l’Italia.
«Nessun migrante è illegale. Può essere illegale il modo con cui cercano di entrare in Europa, ma sono tutte persone. Nessuno è illegale sulla faccia della terra», ha detto candidamente l'Alto Rappresentante Ue Federica Mogherini incontrando i giornalisti dopo la riunione con il Consiglio di Sicurezza. Se questa è la deterrenza che riesce a esprimere l’Europa, oltre tutto attraverso le parole del suo alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, meglio rassegnarsi all’idea che i flussi migratori subiranno un incremento costante che determinerà però un proporzionale successo di forze politiche nazionaliste e anti immigrazione che nei prossimi anni avranno una crescita di consensi esponenziale.
Invece di ottuse dichiarazioni buoniste ci vorrebbe uno sforzo congiunto per ripristinare la legalità. Innanzitutto, leggi europee e delle singole Nazioni della Ue che neghino asilo e aiuti a chiunque giunga in Europa grazie ai trafficanti che secondo l’ultimo rapporto Europol solo l’anno scorso hanno incassato tra i 5 e i 6 miliardi, sono legati ai gruppi terroristici islamici e infiltrano jihadisti attraverso i flussi usati dai clandestini. I profughi di guerra chiedano asilo (come è stato sempre fatto in passato) nei campi istituiti dall’Onu appena oltre i confini siriani e dove Usa, Canada e Gran Bretagna vanno a prendere chi ha diritto all’asilo a differenza degli europei che accettano chiunque paghi i criminali.
Decisioni da abbinare a espulsioni immediate nei Paesi di origine e respingimenti sulle coste turche e libiche per coloro che arrivano, con temporanee eccezioni per chi avesse bisogno di cure. Le resistenze dei singoli Paesi africani, di al-Sarraj e di Ankara potrebbero venire facilmente risolte con decise pressioni economiche, politiche e militari. Basterebbe infatti condizionare gli aiuti europei alla disponibilità degli Stati africani a riprendersi i clandestini con costi di rimpatrio da scalare dagli aiuti che ogni anno la Ue invia oltre il Mediterraneo. Gli stessi Paesi africani, i cui ambasciatori hanno premiato la Guardia Costiera italiana per aver salvato e portato in Europa oltre mezzo milione di clandestini negli ultimi anni, dovrebbero venire chiamati dall’Europa ad assumersi le loro responsabilità anche per una questione di reciprocità, tenendo cioè conto delle severissime pene inflitte a chi entra illegalmente negli stessi Paesi africani di provenienza dei clandestini.
Quanto ad al-Sarraj darebbe sufficiente minacciare di fornire supporto politico e aiuti militari al generale Khalifa Haftar, suo acerrimo rivale, per indurre il premier di Tripoli a più miti consigli anche se difficilmente potrà fermare flussi migratori che arricchiscono le tribù della Tripolitania che sostengono il suo governo. Circa la Turchia, l’accordo con la Ue è già naufragato: i clandestini riportati in territorio turco sono 400 mentre quelli sbarcati in Grecia negli ultimi due mesi sono 5 mila. Solo l’anno scorso tra il territorio turco e i Balcani vi sono stati oltre 2 milioni di attraversamenti illegali, oltre il 3.000% in più rispetto all'anno precedente come riporta la Western Balkans Annual Risk Analysis 2016, pubblicata dall’agenzia europea per le frontiere Frontex.
Se alla Turchia gli europei applicassero sanzioni economiche simili a quelle imposte a Mosca, in poche settimane Ankara dovrebbe scegliere tra il tracollo della sua moneta e della sua economia e lo stop ai flussi di immigrati clandestini che tra l’altro arricchiscono enormemente una criminalità turca che non potrebbe certo operare senza più di una complicità con le autorità. Il tutto tenendo conto che respingimenti ed espulsioni scoraggerebbero in breve tempo il business dei trafficanti poiché nessuno è disposto a pagare migliaia di euro per ritrovarsi sulla spiaggia da cui è salpato. Soluzioni severe, ma efficaci per ripristinare la legalità negli accessi all’Europa certo non mancano: latitano invece statisti in grado di assumersi le necessarie responsabilità.