I rapimenti di massa degli studenti in Nigeria
In Nigeria, uomini armati a bordo di motociclette e pick-up hanno raggiunto la scuola secondaria governativa femminile di Jangebe, hanno aperto il fuoco e hanno rapito 317 studentesse. Una settimana fa era toccato a un liceo di Kagara, quasi 50 persone rapite. E' purtroppo un caso frequente e non è solo Boko Haram
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio in Nigeria, nello Stato nord occidentale dello Zamfara, uomini armati a bordo di motociclette e pick-up hanno raggiunto la scuola secondaria governativa femminile di Jangebe, hanno aperto il fuoco e hanno rapito 317 studentesse. Un insegnante ha detto che alcuni rapitori indossavano uniformi delle forze di sicurezza governative. Secondo un altro testimone, i rapitori erano più di 100: “hanno sfondato il cancello della scuola e sparato al custode, poi hanno raggiunto i dormitori, hanno svegliato le ragazze dicendo che era l’ora delle preghiere e le hanno portate via. Mentre si inoltravano nella foresta continuavano a sparare in aria”.
È il secondo rapimento di studenti nel giro di pochi giorni, il quarto in meno di tre mesi, sempre con le stesse modalità. Il 17 febbraio è toccato a una scuola secondaria del vicino Stato del Niger, il collegio scientifico governativo di Kagara. Anche in quel caso i rapitori sono arrivati nel cuore della notte, hanno neutralizzato i sorveglianti della scuola e hanno portato via 42 persone che sono ancora tutte nelle loro mani: 27 ragazzi, tre insegnanti e alcuni parenti degli studenti. L’11 dicembre è stato attaccato l’istituto secondario maschile di Kankara, nello Stato nord occidentale del Katsina. Il collegio ospita più di 800 ragazzi, la maggior parte dei quali, svegliati dagli spari e dalle urla, sono riusciti a mettersi in salvo. Ma i rapitori hanno portato via 344 studenti che sono poi stati liberati il 17 dicembre. Solo due giorni dopo, il 19 dicembre, altri 84 studenti, della scuola islamica Hizburrahim Islamiyya, sono stati rapiti, sempre nel Katsina, mentre stavano tornando a casa, nel villaggio di Mahuta, dopo aver preso parte a una cerimonia religiosa. Sono stati liberati quasi subito perché i loro rapitori hanno avuto la peggio nello scontro con le forze di sicurezza e i vigilantes locali subito allertati e accorsi.
In alcuni Stati africani i sequestri di persona a scopo di estorsione sono frequenti. Ne hanno fatto le spese nei giorni scorsi il nostro ambasciatore nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, il carabiniere, Vittorio Iacovacci, sequestrati nel Nord Kivu e uccisi nello scontro a fuoco tra i rapitori e i ranger del vicino parco dei Virunga che tentavano di liberarli. In Nigeria i rapimenti sono un vero flagello. In una sola settimana, l’ultima di gennaio, circa 100 persone sono state rapite in differenti azioni compiute in quattro diversi stati: Kaduna, Niger, Katsina e Taraba. Addirittura il 23 gennaio uomini armati hanno fatto irruzione in un orfanotrofio alla periferia della capitale Abuja e hanno rapito sette orfani di età compresa tra 10 e 13 anni. Soprattutto negli Stati del sud, più ricchi, sono diventati comuni i sequestri lampo, per cifre anche contenute, nell’ordine delle migliaia di dollari, che prendono di mira famiglie di classe alta e medio alta. Negli ultimi anni sono stati rapiti anche alcuni sacerdoti. Di solito in questi casi i sequestri durano pochi giorni, si concludono con il pagamento del riscatto e il ritorno a casa delle vittime.
Tuttavia finora solo Boko Haram, il gruppo jihadista del nord est, aveva compiuto sequestri di massa come quelli degli ultimi mesi. Il più clamoroso è stato quello delle 276 studentesse in gran parte cristiane della scuola secondaria femminile di Chibok, nello Stato nord orientale del Borno. È successo nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 2014. La maggior parte sono state liberate dall’esercito, grazie a trattative tra governo e Boko Haram e in cambio di denaro. Ma circa 100 ragazzine non sono mai tornate a casa.
C’è chi teme che anche questi rapimenti siano opera di Boko Haram. Indicherebbe che il gruppo ha esteso notevolmente il proprio raggio d’azione che invece dal 2016 si era drasticamente ridotto. Altri ritengono che ad agire siano bande armate locali, ma in contatto con i jihadisti e anche questa sarebbe una evoluzione allarmante della situazione nel nord del Paese dove si concentra la popolazione mussulmana. Le autorità nigeriane sostengono che si tratta di bande criminali che agiscono per denaro e assicurano che finora non sono stati pagati riscatti.
Sono tutte prospettive allarmanti. Lo è soprattutto il dilagare della violenza in tanta parte del paese, la facoltà lasciata a gruppi armati di agire su territori estesi, alle comunità etniche di contendersi terre e pascoli con le armi, l’evidente assenza di una strategia governativa di contrasto alla criminalità, la mancanza della volontà stessa di farlo sotto la pressione di logiche tribali e, su tutto, della corruzione che sottrae risorse finanziarie, che andrebbero destinate alle forze di sicurezza, e risorse umane, demotivando agenti e militari.
Commentando il sequestro delle studentesse di Jangebe, l’ex senatore Shehu Sani ha avanzato l’ipotesi che i sequestri possano essere opera di bande di Fulani, l’etnia del nord che negli Stati centrali della Nigeria è diventata una minaccia soprattutto per le comunità agricole: “ormai più letali e devastanti di Boko Haram”.
Invece, all’indomani del sequestro degli studenti del liceo di Kagara, il ministro della difesa nigeriano Badhir Magashi ha esortato la popolazione a stare in guardia in previsione di un aumento degli attacchi ai villaggi da parte di bande armate… e si è lamentato del fatto che al minimo allarme la gente scappa: “non bisogna essere vigliacchi – ha detto testualmente – a volte i banditi hanno soltanto poche munizioni, ma al primo colpo tutti fuggono. Proprio non capisco perché la gente scappi per così poco”.