I quattro amori
L'amore secondo il grande scrittore cristiano C.S. Lewis si esprime in quattro forme: affetto, amicizia, eros e carità. Un saggio per districarsi su una forza oggi banalizzata da sentimentalismi o riduzioni evoluzioniste e psicanalitiche.
Ripetere con San Giovanni che “Dio è Amore” più che chiarire il mistero di entrambi lo infittisce. L’amore ha infatti molti modi di espressione, molti raggi dell’unica luce. Clive Staples Lewis ne parlò in una serie di conversazioni radiofoniche, trasformate in libro nel 1960: I quattro amori, appena ristampato da Jaca Book.
Secondo il grande autore fantasy e apologeta cristiano le forme fondamentali dell’amore sono appunto quattro: affetto, amicizia, eros e carità. Nessuna di queste, al contrario di come vorrebbe il sentimentalismo, è particolarmente rassicurante. Prima di tutto abbiamo bisogno d’amore perché “nella vita niente è duraturo, tranne il bisogno”; si riesce ad amare veramente solo se si riconosce la propria condizione di inadeguatezza al mondo, pur sforzandosi di amare il mondo e le creature mondane. Un vago misticismo disincarnato c’entra poco con l’amore, ma solo con l’ignorare che “l’azienda celeste è anche un’azienda terrena”. Inoltre ogni amore, eccetto la carità, “se innalzato a culto, finisce col diventare un dio, e dunque un demonio; e i demoni non mantengono mai le promesse”.
L’affetto è “il più umile e diffuso” degli amori, il più istintuale; la madre che allatta il suo bimbo lo condivide con la cagna che nutre il cucciolo. Non è troppo selettivo, “si rivolge solo a ciò che gli appare famigliare” e conosciuto. Ci solleva dall’egoismo ma può diventare bestialmente feroce per gelosia o soffocante come nella tipica madre troppo possessiva. L’amicizia è invece “il meno organico, biologico, gregario” dei sentimenti. Quando due o più persone diventano amiche vedono una stessa verità particolare, attuano una piccola secessione. L’amicizia è intrinsecamente nemica delle ideologie massificatici proprio perché “sottrae gli individui dalla solidarietà collettiva”. Non è difficile cogliere in questo aspetto il potenziale pericolo accanto al potenziale beneficio: “tutte le religioni e tutti i movimenti politici hanno avuto inizio in cerchie di amici”. Ciò vale per gli apostoli come per i primi nazisti.
L’eros è ben altro da ciò che vorrebbero le riduzioni psicanalitiche o evoluzioniste. Si tratta di una “combinazione di molteplici fattori, oltre a quello sessuale”. Non vuole solo il piacere fisico, non è riducibile all’impulso sensoriale; ”l’innamorato desidera l’amata per quello che è, e non per il piacere che gli può procurare”. Neanche mira alla felicità, piuttosto “ci fa preferire l’infelicità insieme all’amata alla felicità in qualunque altra condizione”. Proprio nella sua grandezza “si annida il seme dannoso”, c’è sempre il rischio che venga trasformato in religione, in idolatria, in tragedia come quello dell’Anna Karenina tolstojana.
Solo la carità non nasconde inganni: ci insegna che “gli affetti naturali non sono autosufficienti”, che “la pienezza di vita cristiana” deve incarnarsi nei rapporti, venendo in soccorso al puro sentimento”. Nell’accettazione umile della Grazia e nello sforzo caritatevole verso il prossimo, anche del meno amabile, ci avviciniamo di più a Dio, all’amare l’amore stesso.
Clive Staples Lewis
I quattro amori
Jaca Book, 2009, pagine 128, euro 14