I primi pericolosi passi del biotestamento
A Milano è stato istituito un registro che conserva le attestazioni di deposito dei testamenti biologici, mentre a Venezia si è già passati alle dichirazioni anticipate di trattamento, con tanto di firma del notaio.
«Registro per l'attestazione delle dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari, in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti, nonché in ordine alla cremazione e alla dispersione delle ceneri». E’ il titolo non di uno dei film della Wertmüller, bensì della delibera che Palazzo Marino ha approvato l’11 luglio scorso. Il sindaco di Milano Pisapia sin dal suo insediamento avevo puntato ad ottenere anche presso il capoluogo lombardo l’istituzione di un registro che raccogliesse i testamenti biologici dei suoi concittadini, ma dopo aspre battaglie e dopo il veto della Segreteria generale per questioni di privacy si è dovuto accontentare di un registro che conserverà solo le attestazioni di deposito dei biotestamenti. In pratica Tizio avrà facoltà di indicare presso un registro comunale dove terze persone potranno rinvenire le sue dichiarazioni anticipate al fine di dare ad esse attuazione. Dichiarazioni le quali potranno essere lasciate nelle mani solo di un notaio, o di un’associazione o di un medico di fiducia.
Operazione dunque innocua? Non proprio. In primo luogo – come spesso accade nelle battaglie sui principi non negoziabili – vale più il gesto che il risultato pratico. Come è stato per la presa della Bastiglia, in cui erano rinchiusi solo quattro falsari, due pazzi, un maniaco sessuale e sette delinquenti comuni. Però la Bastiglia è diventato un mito. Lo ha sottolineato anche l’assessore alle politiche sociali Majorino: “Un piccolo ma importante passo”, ha detto, quasi fosse sbarcato sulla luna. Sono i simboli, le bandiere che muovono i cuori e spronano gli animi. Tanto più che questa delibera non ha nessun valore giuridico perché – come più volte abbiamo commentato anche da queste pagine – la materia “salute-sanità” e le questioni anagrafiche sono di competenza dello Stato. Inoltre, per citare Majorino, il passo è breve: oggi dichiarazioni anticipate dal notaio, domani nel comune e dopodomani eutanasia per tutti.
Poi i media penseranno comunque loro a semplificare la faccenda, a renderla potabile per il popolino. E così alla fine l’uomo della strada al bar commenterà con l’amico: “Ma lo sai che ora c’è il testamento biologico? Così finalmente non potremo più fare la fine di Welby e Eluana”. E’ a questo che si punta alla fine. Gutta cavat lapidem, la goccia scava la roccia dicevano i latini e questa iniziativa è la prima di una serie di gocce ideologiche che scaveranno nella coscienza dei cittadini milanesi e non. Dello stesso avviso è Mario Melazzini, assessore regionale alle attività produttive, il quale commenta: “I pazienti sono già tutelati dal codice deontologico, il registro sulle dichiarazioni sul fine vita è inutile. Rafforza solo l’idea che esistono vite non degne”.
E poi, ammettiamolo: a chi può interessare lasciare scritto in comune il recapito dove si può recuperare il proprio testamento biologico? Un giro dell’oca che mette in evidenza l’operazione meramente ideologica dei consiglieri di maggioranza. Poco importa che non servirà a nulla e che nessuno se ne servirà, importa che ci sia, che esista un registrino con quattro fogli dentro. C’è però da aggiungere che anche se ai più tale trovata di Pisapia non interesserà, purtroppo – volenti o nolenti - interesserà i loro portafogli. Come infatti ha messo in evidenza il consigliere del Pdl Matteo Forte: “Ci ritroviamo una delibera che non comporta nulla se non un possibile impiego di risorse umane e finanziarie del Comune”. Gli fa eco Riccardo De Corato: “Tanto rumore per nulla, però il rumore è costato almeno 100mila euro ai milanesi”. Si chiama distrazione di risorse.
Cinque giorni prima che Palazzo Marino deliberasse, anche Venezia si è dotata del proprio registro. Qui però l’operazione è ancor più insidiosa e pericolosa perché si raccoglieranno presso la municipalità della Serenissima proprio le famigerate dichiarazioni anticipate di trattamento. La dichiarazione sarà vidimata da un notaio, però non è previsto l’affiancamento di un medico per la redazione del documento. E dunque chissà cosa scriveranno i siori di Venezia, quali termini ambigui useranno per redigere il proprio testamento biologico, che significato avranno nella loro testa e poi sulla carta le espressioni “accanimento terapeutico” ed “eutanasia”, quale speciale sfera di cristallo useranno per prevedere la patologia da cui saranno affetti e le relative terapie a cui vorranno o non vorranno sottoporsi allorchè non saranno più capaci di intendere e volere. Poi c’è discussione in merito ai doveri del medico. Si è escluso che il medico sarà obbligato giuridicamente ad eseguire i desiderata del dichiarante. Ma qualcuno sostiene che sarà però vincolato deontologicamente a prendere visione del documento e ad adeguarsi al suo contenuto. Insomma si dice una cosa e poi si sostiene il suo contrario. Se il testamento biologico è nato per portare chiarezza sui temi di fine vita, beh, cominciamo bene.