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Ora di dottrina / 137 – Il supplemento

I papi rinascimentali, dal “guerriero” Giulio II a Leone X

Durante il Rinascimento i papi e in generale i pastori finirono per smarrire progressivamente la dimensione spirituale per adagiarsi troppo su quella mondana. Una situazione che causò freddezza nel popolo e una crescente contesa con il potere secolare.

Catechismo 10_11_2024
Ritratto di Giulio II, ritaglio (Raffaello)

Non tutti i papi rinascimentali furono dei viveurs. Terminato il pontificato di Alessandro VI, che regnò per undici anni, i cardinali elettori compresero che la Chiesa non poteva permettersi di proseguire con un pontefice altamente vizioso (vedi qui). Fu il cardinale Giuliano della Rovere (1443-1513), oppositore per eccellenza dei Borgia, e per questo finito in esilio per quasi tutta la durata del pontificato di Alessandro VI, a giocare un ruolo decisivo nel conclave che portò all'elezione di Francesco Nanni Todeschini Piccolomini (1439-1502), nipote del più noto Pio II, che prese il nome dello zio. Ma il suo pontificato non durò neppure un mese. I cardinali designarono quindi direttamente Giuliano, artefice della sconfitta dei Borgia, che prese il nome di Giulio II.

Certamente inattaccabile dal punto di vista della sua vita morale, Giulio II aveva però il “vizio” della politica, con evidenti accenti bellici, tanto da passare alla storia come il “papa guerriero”. Il suo intento fu quello di restaurare il potere dello Stato pontificio nelle città di Bologna e Perugia, dove le signorie locali di fatto facevano ormai il bello e il cattivo tempo. E lo fece ovviamente manu militari. Poi architettò la famosa Lega di Cambrai, per far sloggiare i Veneziani da Rimini e Faenza, e la Lega Santa, per liberare l'Italia dalla presenza francese. La Battaglia di Ravenna si svolse nientemeno che nel giorno di Pasqua (11 aprile) del 1512 e fu una carneficina, perché per la prima volta vennero usati pezzi d'artiglieria. Decisamente un po' troppo per un pontefice, che deve pur sempre avere come priorità l'unità della Chiesa e dei cristiani.

Giulio II inaugurò anche un mecenatismo di alto livello, radunando attorno alla Sede apostolica artisti e architetti di immarcescibile memoria. Ma l'attrazione dell'arte divenne quasi un'idolatria nel successore, papa Leone X (1475-1521). Giovanni di Lorenzo de' Medici fu eletto il 9 marzo 1513, raccogliendo attorno alla propria persona il desiderio dei cardinali di avere un papa meno belligerante e più incline a pacificare la Chiesa. In effetti, Leone X desiderava questa rappacificazione degli animi, nella consapevolezza che la fioritura delle arti è pressoché impossibile in un contesto di guerra. È fuori discussione la cura che egli ebbe nel rendere Roma un gioiello, ma questa opera mise a dura prova le finanze romane; si registrò perciò un pressante zelo nel richiedere molto denaro ai cattolici del continente europeo, i quali però, nel frattempo, potevano constatare il declino della Chiesa nelle proprie contrade, con una evidente trascuratezza della formazione del clero e della santificazione dei fedeli.

Il nepotismo si era diffuso un po' dappertutto e, sebbene non sempre nomine ispirate a questo criterio risultarono infelici, non era raro vedere vescovi e arcivescovi ben poco preoccupati per la salvezza delle anime e senza una particolare pietà, così come “cardinali prodigio”, che ricevevano la berretta rossa quando erano ancora adolescenti e senza alcun interesse per il bene della Chiesa. Il regime della commenda si diffuse a dismisura: laici divenivano titolari di vescovadi, dai quali semplicemente traevano benefici e titoli onorifici, spesso senza nemmeno ricevere poi gli ordini sacri e senza darsi alcuna pena pastorale. Complessivamente, i pastori della Chiesa comunicavano l'idea di una Chiesa assai interessata all'arte, estremamente attiva negli affari politici, particolarmente attenta a distribuire e accumulare privilegi e rendite, ma poco attenta alla sua missione più prettamente spirituale.

Nessuna leggenda nera dei papi rinascimentali, ma la consapevolezza storica di quanto, nelle loro condotte, avessero «forgiato e rafforzato la convinzione che il Romano pontefice fosse più preoccupato degli affari temporali che di quelli spirituali, il che comportò indifferenza nei confronti del papato. Mentre nei secoli precedenti la Chiesa creava le università, ora governatori secolari fondavano istituti di istruzione superiore come entità separate dalla Chiesa. I re divennero più indipendenti dalla Chiesa mentre nel contempo cercavano di renderla un apparato del loro governo» (Steve Weidenkopf, Light from Darkness, 2021, p.159).

Vi fu una tragica inversione: mentre nel Medioevo era la Chiesa a cercare di animare e ispirare la vita culturale e politica, durante il Rinascimento furono una cultura e dei criteri politici non cristiani ad entrare nella Chiesa e a stendere i loro tentacoli sulla sua vita e le sue istituzioni. Non solo i papi, ma in generale i pastori, erano andati gradualmente smarrendo la propria autonomia e superiorità spirituale, finendo per adagiarsi eccessivamente su un piano mondano. Di conseguenza il potere secolare si pose in una situazione di sostanziale contesa con i vescovi e con il papa, che percepivano come dei concorrenti. Talvolta questa concorrenza condusse allo scontro, ma più frequentemente il potere secolare cercò di occupare gli spazi propri della Chiesa e renderla instrumentum regni. Quello che accadrà da lì a poco in Inghilterra fu purtroppo il frutto velenoso della maturazione di questa tendenza. I vescovi venivano percepiti con un acuto senso di estraneità da parte dei fedeli, quando non con grande irritazione.

Un cuneo si era di fatto inserito tra la gerarchia e il popolo, una diffidenza che non di rado si andava trasformando in repulsione. In un contesto simile, una piccola fiamma fuori controllo avrebbe potuto provocare un grande incendio.



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