I marò non sono pirati. Ma New Delhi prende tempo
Il governo indiano rinuncia a incriminare i due fucilieri di marina italiani sulla base del Sua Act (legge anti-pirateria). Difesa soddisfatta. Ma così il governo indiano prende altro tempo con un 27mo rinvio. Il governo Renzi inizia a muoversi.
Gli indiani prendono tempo e a Roma il governo Renzi si riunisce per discutere della vicenda dei marò ancor prima di aver avuto la fiducia in Parlamento. Ieri mattina il governo indiano ha comunicato alla Corte Suprema la rinuncia a incriminare Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sulla base del Sua Act, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte. Un passo importante ma che da un lato non risolve il problema della pretesa indiana di giudicare i due militari italiani e dall’altro conferma la totale sudditanza della magistratura di Nuova Delhi nei confronti del potere politico. Il procuratore generale G. Vahanvati ha insistito perché i capi d'accusa vengano formulati comunque dalla National investigative agency (Nia), la polizia antiterrorismo che ha svolto le indagini ma che, a questo punto, non era legittimata a farlo al di fuori dell’applicazione del Sua Act.
Un'eventualità a cui la difesa si è opposta con forza come del resto era prevedibile, con il risultato che il giudice B.S. Chauhan ha avuto buon gioco a rinviare tutto di altre due settimane (27° rinvio da quando è iniziata questa saga giudiziaria) dando una settimana di tempo alla difesa per esporre il suo punto di vista, e all'accusa un'ulteriore settimana per replicare alle argomentazioni dei legali dei marò. All'uscita dell'udienza l'avvocato che difende i due militari, Mukul Rohatgi, ha voluto sottolineare il risultato di aver eliminato lo scoglio rappresentato dalla anti-terrorismo e anti-pirateria. «Con l'eliminazione del Sua Act abbiamo fatto un primo passo. Ora presenteremo le nostre motivazioni avverse al mantenimento della polizia investigativa Nia».
L’impressione è però che il ricorso della Difesa faccia anche il gioco del governo indiano che punta a guadagnare tempo, rinvio dopo rinvio, fino alle elezioni politiche di aprile. Del resto sarà difficile trovare un’altra legge in base a cui formulare capi d’accusa contro i due militari italiani per fatti accaduti fuori dalle acque territoriali e quindi fuori dalla giurisdizione delle leggi indiane. Proprio per questa ragione la Corte Suprema tolse il caso alla magistratura del Kerala sostenendo che l’unica legge per processare Latorre e Girone è il Sua Act applicabile in tutta la Zona economica esclusiva indiana che si estende fino a 200 miglia dalla costa. Ora l’alta corte ha cambiato idea? L’impressione è che l’India avrà serie difficoltà a procedere legalmente contro i due italiani ma guadagna tempo utilizzando escamotage come quello di voler lasciare alla Nia il compito di presentare i capi d’accusa. Il Partito del Congresso deve portare avanti la causa contro Latorre e Girone almeno fino alle elezioni di aprile per evitare di favorire l’opposizione e di essere accusato di cedimenti nei confronti degli italiani, connazionali di Sonia Gandhi che è ancora leader del partito. Dopo il voto l’Italia dovrà “negoziare” con un nuovo governo indiano per chiudere la vicenda.
Non a caso domenica il ministro della Difesa, A. K. Antony, ha fatto il duro proprio in Kerala (suo collegio elettorale) ripetendo che per l'incidente in cui morirono due pescatori indiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone «saranno processati in base alle leggi indiane» e senza «alcun compromesso» malgrado il pressing dell'Italia che tra le varie ipotesi nelle settimane scorse ha evocato la possibilità di ricorrere ad un arbitrato internazionale per risolvere la vicenda. In aula ieri non erano presenti né l'ambasciatore d'Italia Daniele Mancini (richiamato a Roma "per consultazioni" il 18 febbraio scorso) né tantomeno l'inviato governativo Staffan de Mistura, che ha preso parte al vertice con il neo premier Matteo Renzi e i nuovi ministri degli Esteri e della Difesa, Federica Mogherini e Roberta Pinotti che avevano già tutti e tre contattato telefonicamente i due militari in India.
Nel suo discorso in Senato per la fiducia, Renzi ha parlato in un passaggio dei due marò italiani «bloccati a New Delhi per una vicenda allucinante e assurda», sulla quale il premier ha assicurato «il massimo impegno personale e del governo». Il caso marò è stato menzionato anche in apertura della seduta plenaria del Parlamento europeo dal presidente Martin Schulz, che ha sottolineato di condividere le preoccupazioni del nostro Paese «sulla lunghezza e i ritardi del caso», rivolgendo «un appello all'India affinché sia rispettato pienamente e prontamente il diritto internazionale». Dalle voci che si raccolgono negli ambienti romani l’ipotesi più probabile è che l’Italia chieda un arbitrato internazionale sulla vicenda, scelta che non abbrevierebbe i tempi giudiziari ma accentuerebbe la crisi di credibilità davanti alla comunità internazionale dell’apparato politico-giudiziario indiano.