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CONTRADDIZIONI

I cattolici tedeschi ignorano chi è Gesù. E Bätzing non li aiuta

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Nella sua lettera pastorale per la Quaresima, il vescovo di Limburgo cita un sondaggio secondo cui solo il 32% dei cattolici tedeschi sa che Dio si è rivelato in Gesù. Per Bätzing, che richiama Nicea, la soluzione sarebbe la sinodalità all’insegna del “dialogo”. Ma a Nicea i Padri si riunirono per affermare la verità.

Editoriali 21_03_2025 English

Monsignor Georg Bätzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca (Cet), ha pubblicato domenica scorsa la sua lettera pastorale di Quaresima. Una lettera che suscita allarme e confusione: allarme per ciò che dice, confusione per come poi affronta le cose.

Il punto di partenza di Bätzing è il 1700° anniversario, che cade quest’anno, del Concilio di Nicea (325). Il Concilio si riunì in risposta all'eresia cristologica. Ario stava promuovendo una visione di Cristo che negava la sua divinità, riducendo Gesù a una sorta di creatura intermedia che non era Dio. Sant'Atanasio (ca 295-373), naturalmente, lo combatté per affermare di Cristo ciò che un Concilio successivo avrebbe articolato meglio come «vero Dio e vero uomo».

Dopo questa breve presentazione storica del motivo per cui si riunì il Concilio di Nicea, Bätzing passa a ciò che è veramente allarmante: cita un sondaggio del 2023 sulla “appartenenza alla Chiesa” tedesca secondo cui solo il 32% degli intervistati ha affermato la proposizione che «c'è un solo Dio che si è fatto conoscere [o «si è rivelato»] in Gesù Cristo...». Neanche un terzo dei cattolici tedeschi sa chi è veramente Gesù Cristo!

Quando un sondaggio del Pew Research Center del 2019 ha rilevato che solo un terzo dei cattolici negli Stati Uniti sembrava comprendere la Presenza Reale, ossia come Gesù è presente nell'Eucaristia, ha fatto scattare sufficienti campanelli d'allarme nella gerarchia del Paese da generare un rinnovamento eucaristico triennale culminato in un Congresso Eucaristico Nazionale. Ma «l'evaporazione di un concetto personale di Dio» e un «preoccupante assottigliamento dei principi centrali della fede cristiana» non sembrano far suonare troppi campanelli d’allarme a Limburgo. Al contrario, ci viene detto che «ogni generazione di cristiani… dovrebbe essere in grado di rispondere alla domanda: “Chi era veramente Gesù Cristo?”». E, per aiutarvi a farlo, prendete una bella dose di sinodalità.

Con tutto il rispetto, una Chiesa locale in cui due terzi dei cattolici che si dichiarano tali (cioè che pagano la Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica) non sanno dire che Gesù Cristo è la rivelazione definitiva di Dio all'uomo ha bisogno di molto più di una lunga chiacchierata. Se i cattolici non sanno dal sangue di Chi sono stati salvati e in nome di Chi sono stati battezzati, l'ultima cosa di cui hanno bisogno è una discussione intellettuale su ciò che la gente pensa di queste cose. Hanno bisogno di una catechesi solida e rudimentale sugli elementi essenziali della loro fede. Sono un paese missionario.

Per coincidenza, l'anno scorso Bätzing ha ammesso che la Germania è un «paese di missione» in cui «meno della metà dei cittadini tedeschi appartiene ancora a confessioni cristiane». Considerati i dati dell'indagine citati da Bätzing nella sua lettera quaresimale, coloro che ancora si riconoscono nominalmente in una confessione cristiana sembrano non sapere il perché. Considerando questi risultati e il fatto che il Vangelo è stato predicato per almeno 1.400 anni in quella che oggi è la Germania, “mantenere la rotta” non sembra certo la via più saggia da seguire.

Ma questo, a quanto pare, non preoccupa il vescovo di Limburgo. Al contrario, egli lancia un inno alla sinodalità, sia nella Chiesa locale che in quella universale. Bätzing sostiene addirittura che si tratti di una continuazione di Nicea (che ha anche definito un “sinodo”), sostenendo che «ci sono stati ripetuti dibattiti su questioni essenziali di fede, atteggiamenti morali fondamentali e l'orientamento della Chiesa in vista del presente».

Ebbene, no. Nicea non doveva essere una società di dibattito, ma doveva adottare una cristologia ortodossa. La recalcitranza degli eretici, che successivamente richiese la convocazione del Concilio di Costantinopoli I (381), non fu un aspetto positivo del “dialogo”. Fu un aspetto negativo che indebolì l'unità ecclesiastica per oltre 50 anni. Il Credo niceno-costantinopolitano finale, che separò definitivamente gli ariani dai cristiani, non fu la fine del dialogo, ma il tipo di separazione essenziale tra il grano e la pula, una separazione necessaria affinché i «cristiani» non dubitassero che «esista un solo Dio che si è fatto conoscere in Gesù Cristo».

Bätzing ammette che Costantino riunì i vescovi a Nicea perché voleva una Chiesa unita. L'imperatore non si aspettava un “dialogo” interessante, ma l'unità ecclesiale attraverso una chiara dottrina. Ma Bätzing sembra meno interessato all'unità dottrinale che ad alcune conseguenze utilitaristiche della coesione ecclesiastica: «Lo sperimento spesso nelle conversazioni con gruppi sociali e leader politici. Anche se non credono personalmente, fanno comunque affidamento su di noi cristiani, nello spirito di Gesù, che lavoriamo al di là di ogni confine confessionale per la giustizia nel mondo, per la coesione umana e per un orientamento basato su valori e atteggiamenti fondamentali».

Il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo (che la maggior parte dei cattolici tedeschi lo sappia o meno) non ha fatto in modo che «i cristiani nello spirito di Gesù che lavorano al di là di ogni confine confessionale» diventassero una sorta di Ong di assistenza sociale con un goccio di acqua santa.

Il presidente della Conferenza episcopale tedesca conclude affermando che, quando recita il Credo (dalla mia esperienza nella maggior parte dei paesi di lingua tedesca il Credo degli Apostoli costituisce regolarmente la Professione di Fede la domenica), «sente (…) l'armonia della fede» e «la sua bellezza». È bello, ma il cristianesimo non è un'estetica.

L’autore di questo articolo ha sinceri dubbi su un “dialogo” infinito costruito su sentimenti e impressioni che mancano di basi teologiche forti e solide. Lungi dal costruire la Chiesa, tale attività sembra l'assunzione di una squadra permanente di demolitori, che mette costantemente in discussione la dottrina e la disciplina consolidate. La Chiesa in Germania ha intrapreso questa strada diversa da molti anni. Se, di conseguenza, anche solo un terzo dei cattolici tedeschi può affermare pubblicamente che Gesù Cristo è la rivelazione definitiva di Dio, i frutti di tale processo sembrano essere stati messi alla prova… e ci dicono che il risultato non è buono (1 Tessalonicesi 5,21).