I belati di un ex rivoluzionario: il caso Tsipras
La Grecia è paralizzata. Oltre che dalla crisi economica, il Paese è da dieci giorni bloccato da una lunga sfilza di scioperi. Una protesta trasversale: incrociano le braccia gli agricoltori e gli allevatori (settore che in Grecia dà il 12% del Pil), i commercianti, i pescatori, gli autisti e perfino i giornalisti.
Migliaia di trattori che da dieci giorni bloccano le principali strade del Paese, un enorme striscione appeso al Partenone con la scritta “Il mercato sta morendo, non ne possiamo più”, i mercati del pesce deserti per lo sciopero dei pescherecci di Preveza fermi per protesta e benzinai rimasti senza carburante a Salonicco. Sono queste alcune delle immagini che arrivano da una Grecia che, oltre che dalla crisi economica, è da dieci giorni bloccata da una lunga sfilza di scioperi. Una protesta trasversale: incrociano le braccia gli agricoltori e gli allevatori (settore che in Grecia dà il 12% del Pil), i commercianti, i pescatori, gli autisti e perfino i giornalisti.
Due giorni fa, in piazza Syntagma, i manifestanti sono tornati più agguerriti che mai: in centinaia hanno affrontato, a suon di molotov, i poliziotti che hanno risposto con manganellate e lacrimogeni. Scene cui la Grecia si era già dovuta abituare dal 2010 a seguito dei vari piani d’austerity promossi dai governi Papandreou, Papademos e Samaras, ma che stavolta – per la prima volta – hanno come obiettivo Alexis Tsipras. Già perché il governo più progressista d’Europa, che ha vinto due campagne elettorali all’insegna della lotta all’austerity, ha intenzione di approvare una proposta di legge per riformare il sistema pensionistico tagliando i contributi versati dal 2013 a oggi e innalzando le imposte sulle pensioni stesse.
Una vera e propria riforma rigoristica che Tsipras, appena un anno fa, avrebbe bollato come un’odiosa imposizione della Troika, che oggi si propugna in barba alle opposizioni interne al Paese e al suo stesso partito. Cosa è cambiato? È cambiato che, nel frattempo, Tsipras è diventato un premier con una responsabilità di governo e ha dovuto accettare dei diktat internazionali per evitare il default della Nazione. Nello specifico, sempre due giorni fa, la direttrice del Fmi Christine Lagarde ha dichiarato che il fondo è disponibile a concedere una parziale cancellazione del debito di Atene in cambio di una riforma pensionistica. Sì perché – è il ragionamento della Lagarde – non ha alcun senso concedere un beneficio economico a un Paese che spende in pensioni il 10% del Pil contro il 2,5% di media dell’Unione europea. Con costi così alti ogni beneficio economico verrebbe spazzato via in breve tempo.
Le performance economiche della Grecia sono del resto tutt’altro che entusiasmanti. Gli ultimi dati disponibili sul Pil (fonte Tradingeconomics, clicca qui) danno un calo dello 0,9% nel 2015, che annullerebbe i benefici dell’aumento del 2014. Nello stesso periodo la disoccupazione è scesa solo di un punto percentuale, mentre quella giovanile è addirittura aumentata di quattro decimi nel corso del 2015 (dal 48,2 al 48,6%): in totale ci sono ancora 1,18 milioni di disoccupati su appena 4,8 milioni di persone in età da lavoro. Il debito pubblico continua a veleggiare attorno al 180% del Pil, di fatto il più alto al mondo dopo il Giappone.
Per venire a capo di questa situazione drammatica Tsipras è stato prima costretto ad accettare e approvare il terzo piano di salvataggio (bail-in) dei creditori che, al pari dei due precedenti, garantiva fondi in cambio di riforme. Un piano di salvataggio accettato a dispetto del voto popolare del luglio scorso in cui aveva prevalso il “no”. Già lo scorso 12 novembre centinaia di manifestanti erano scesi in piazza e alcuni di loro avevano lanciato molotov contro la National Bank of Greece di Atene. «Prima delle elezioni», commentava allora alla Cnbc Dimitris Karageorgopoulos, portavoce del sindacato Gsee, «erano state fatte delle promesse alla società. Ora non possiamo sopportare oltre. Lo dobbiamo alle nostre famiglie, ai nostri pensionati e ai nostri giovani, che stanno lasciando la Grecia. Non possiamo più sopportare non solo le misure (di austerity), non possiamo sopportare più di essere presi in giro».
Una manifestazione che aveva spinto il governo a ritirare le proposte di austerity per rimpiazzarle con un piano sociale, ritirato quando - a dicembre - i creditori hanno minacciato di congelare il prestito da un miliardo di euro. Così, appena un mese dopo, Tsipras si è visto costretto a presentare la scure delle pensioni in Parlamento. Proprio lui che alle elezioni europee del 2014 prometteva di essere «il candidato di ogni cittadino europeo che combatte contro l’austerity, indipendentemente dal voto che questo cittadino esprime alle elezioni politiche nazionali e indipendentemente da dove questo cittadino vive». Cosa è cambiato nel frattempo? Una cosa sola: Tsipras, nel frattempo, è andato al governo.