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DI BATTISTA ALL'ATTACCO

I 5 Stelle temono per il rischio scissione

Mentre è scoppiato il caso dei presunti fondi chavisti ai pentastellati, il Movimento 5 Stelle è alle prese con lo spauracchio della scissione evocato da Di Battista. Una eventuale scissione grillina costringerebbe Conte a cercare altri voti al Senato, dove la maggioranza è risicata, e aprirebbe altri scenari consociativi. Certo è che il nodo della democrazia interna al Movimento appare non più rinviabile e va sciolto in fretta.

Politica 16_06_2020

L’intervista rilasciata domenica pomeriggio in tv da Alessandro Di Battista a Lucia Annunziata ha provocato un vero e proprio terremoto nell’universo 5 Stelle. In verità il fuoco già covava sotto la cenere e lo si era capito nei giorni precedenti, con il disagio crescente di Davide Casaleggio, la battaglia sui due mandati, lo scontro sul ruolo della piattaforma Rousseau e il dilemma sulla figura del premier Giuseppe Conte.

Il merito di Di Battista è dunque quello di aver fatto chiarezza in una situazione ibrida che proietta i grillini verso una deflagrante scissione.

Ieri, peraltro, è arrivata una vera e propria bomba dalla Spagna. Il quotidiano spagnolo conservatore ABC ha rivelato che dieci anni fa il governo del Venezuela, guidato da Hugo Chavez, avrebbe finanziato il Movimento 5 Stelle con tre milioni e mezzo di euro. Stando alla ricostruzione del giornale, il presidente venezuelano Nicolas Maduro, all’epoca Ministro degli Esteri, diede l’autorizzazione a inviare una valigia contenente quella somma al Consolato Venezuelano di Milano destinata al M5S. Come prevedibile, è arrivata pioggia di smentite da parte dei diretti interessati, ma anche la conferma da parte della testata giornalistica, che asserisce di aver fatto tutte le verifiche del caso.

Paradossalmente questa rivelazione choc ha avuto l’effetto di ricompattare almeno in parte il mondo grillino, che tuttavia è profondamente diviso in correnti. Solo il collante del potere tiene unite le diverse anime del Movimento, che in questa legislatura ha ottenuto il premio di maggioranza alla Camera e quindi se ne guarda bene dal provocare una crisi di governo che quasi sicuramente porterebbe a nuove elezioni.

Di qui i disperati tentativi di tenere in piedi l’alleanza di governo con il Pd e di dare una parvenza di unità a un Movimento che nel corso degli anni ha progressivamente rinunciato a tutti i suoi cavalli di battaglia e ora si ritrova lacerato da lotte correntizie e dalla brama di potere dei suoi principali leader.

Domenica pomeriggio, nello studio televisivo di “Mezz’ora in più”, è andata in scena un’anteprima di quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni dentro i Cinque Stelle. Alessandro Di Battista, da molti accreditato come il capo di una fronda interna contraria all’alleanza con i dem e pronta a far cadere Conte, è stato molto perentorio nelle critiche all’attuale gestione: «Il M5S deve organizzare un congresso, un’assemblea costituente. Chiedo formalmente il prima possibile un'assemblea in cui tutte le anime possano costruire una loro agenda e vedremo chi vincerà». A stretto giro è arrivata la replica del fondatore, Beppe Grillo: «Assemblea M5S? Pensavo di averle viste tutte, ma ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film Il giorno della marmotta». 

Sullo sfondo c’è il tema del ruolo di Conte, che secondo alcuni vorrebbe costituire un suo partito ed erodere le basi elettorali di Pd e Cinque Stelle e secondo altri punterebbe solo a conquistare la leadership grillina. Un sondaggio Ipsos, nei giorni scorsi, sostiene che il Movimento 5 Stelle con Conte leader potrebbe raggiungere il 30% dei consensi.

Ma i dissidenti anti-governativi, che dentro i 5 Stelle sono tantissimi e sempre più organizzati, credono che si tratti di un fuoco di paglia e che già a settembre, con la probabile drammatica crisi di liquidità, gli italiani volteranno la faccia al premier, che perderà gran parte degli attuali consensi.

Di Battista ne ha parlato dalla Annunziata: «Questa Repubblica è diventata una sondaggiocrazia - lamenta - io i sondaggi non li commento. Se il Presidente del Consiglio volesse diventare il capo politico del Movimento e portare una linea, si deve iscrivere a M5S e al prossimo Congresso, chiamiamolo anche così perché gli Stati Generali li stanno facendo tutti». 

Di Battista ha anche spiegato perché secondo lui è indispensabile un congresso, eventualità che Grillo non prende neppure lontanamente in considerazione. «Perché il Movimento tante cose buone le ha fatte - spiega Dibba - siamo nati nel 2010 con Beppe che diceva "fuori i ladri, tutti a casa". Questi risultati li abbiamo portati a casa. Un ricambio generazionale, diciamo fisico, di una serie di parlamentari, c'è stato. Oggi abbiamo bisogno di sapere che cosa vogliamo fare».

Ma a lanciare l’ultimatum a Grillo, Di Maio e soci sono anche altri parlamentari pentastellati, tutti contrari all’attuale esecutivo. L’ex Ministro per il sud, Barbara Lezzi, ad esempio, la pensa come Di Battista: «Assemblea costituente, Congresso, Stati Generali come si vuole chiamare non ha importanza per me, quello che conta è che ci sia uno spazio in cui gli iscritti al M5S (eletti e non) diano una guida autorevole e condivisa». Sulla stessa lunghezza d'onda anche la deputata Dalila Nesci: «Concordo nell'avviare al più presto un congresso davvero democratico all'interno del M5S». Si accoda ai seguaci di Dibba anche Giulia Grillo, ex Ministro della salute: «Condivido l'idea di Alessandro Di Battista, tanto che lo chiedevo quasi un anno fa: fondamentale per riorganizzare la vita democratica del MoVimento 5 Stelle, a partire dalla nostra attività nei territori, vicino alla gente», scrive su Twitter.

L’attuale reggente, Vito Crimi, cerca di riportare la pace tra le correnti e invoca unità interna, ma l’impressione è che tra gli iscritti il malcontento verso una dirigenza sempre più concentrata sul potere e sulle poltrone e sempre più distante dalle istanze della base sia crescente. Probabilmente, se anziché un Congresso si facesse una votazione sulla piattaforma Rousseau, potrebbero esserci sorprese. Lo stesso Casaleggio, infatti, appare sempre più intollerante alla deriva poltronara dell’ala governativa del Movimento e infatti si è espresso contro la deroga alla norma dei 2 mandati e quindi contro l’ambizione dei big nazionali, da Di Maio a Fico, e dei sindaci uscenti, da Virginia Raggi a Chiara Appendino, di regalarsi altri “giri di giostra”.

Una eventuale scissione grillina costringerebbe Conte a cercare altri voti al Senato, dove la maggioranza è risicata, e aprirebbe altri scenari consociativi. Certo è che il nodo della democrazia interna al Movimento appare non più rinviabile e va sciolto in fretta. Anche a costo di mettere a rischio la tenuta del Governo. Ne sono convinti tutti quelli che, tra i grillini, fanno il tifo per Dibba.