Hudal, il vescovo che cercò di cristianizzare il nazismo
Nel suo romanzo storico L'anima del Fuhrer, il giornalista Dario Fertilio rievoca la figura controversa di Alois Hudal, il vescovo austriaco che fece fuggire molti criminali di guerra nazisti in America Latina. E' anche una storia sul senso del totalitarismo e della presenza del Male nella storia. Abbiamo intervistato l'autore.
E’ uno degli aspetti più controversi della storia contemporanea. Un vescovo austriaco, Alois Hudal, aiutò molti gerarchi e criminali di guerra nazisti a fuggire in America Latina. Oggetto di attenzione degli storici e ispiratore di uno dei più potenti argomenti anti-clericali, Hudal viene ora rievocato nel nuovo romanzo storico del giornalista Dario Fertilio, L’anima del Fuhrer (Marsilio, Venezia 2015). Il tema è dei più delicati, ideologicamente molto pericoloso, perché si addentra in una polemica sempre ardente da 70 anni a questa parte. Abbiamo contattato l’autore per telefono per farci spiegare direttamente le sue tesi.
Alois Hudal, figura storica da assolvere o da condannare?
Io non dò un giudizio definitivo, perché credo che non sia questo il compito di un narratore, specie per personaggi complessi come Hudal. Indubbiamente lo pongo di fronte al fallimento del suo progetto visionario, perché l’idea che si potesse cristianizzare il nazismo era estrema, folle. Ma lo comprendo. Prima di tutto perché, negli anni 30 e 40, soprattutto fra i cristiani più conservatori, esisteva una corrente di pensiero che metteva sullo stesso piano il bolscevismo sovietico e l’individualismo borghese. Fra costoro, c’erano personaggi importanti come il sociologo Dawson, il politologo Voegelin e il poeta Eliot, tutti intellettuali che ritenevano la cristianità alla base dell’identità europea e pensavano che quest’ultima fosse minacciata dai nuovi sistemi politici emergenti. Hudal, in conclusione, era in buona compagnia. Di suo fu molto più radicale, nel senso che appoggiò apertamente il nazionalismo pan-germanico. Il secondo motivo di comprensione riguarda la carità cristiana, che non deve fermarsi di fronte a nulla. Anche il più grande peccatore, anche un Eichman, anche un Mengele, può essere aiutato ad avere un’opportunità di pentimento. Ed è questo il motivo, per cui Hudal li aiutò. Ma c’è da dire che aiutò anche ufficiali alleati e perseguitati politici dei nazisti.
Riemerge periodicamente la polemica su Pio XII, nel suo libro che ruolo gioca?
Il romanzo si apre con una scena storica molto forte e poco conosciuta: l’esorcismo di Pio XII nei confronti di Hitler. Era convinto che il dittatore tedesco fosse posseduto dal demonio e tentò degli esorcismi a distanza. Esorcismi che fallirono (secondo padre Gumpel, responsabile del processo di beatificazione di Pio XII) perché erano effettuati senza il deliberato consenso del posseduto. Questo dà l’idea di quanto il Papa fosse distante dal nazionalsocialismo. Contemporaneamente, però, Pio XII amava la Germania di cui era stato Nunzio Apostolico e schierarsi contro i tedeschi, apertamente, sarebbe stato impossibile per lui. Di fatto, era combattuto fra questi due sentimenti. Il Papa protesse Hudal, ma non lo ricevette mai, né approvò mai la sua visione politica favorevole al nazismo.
In che modo il nazionalsocialismo avrebbe potuto essere “recuperato al cristianesimo”, come intendeva fare Hudal?
Il vescovo era convinto che due forze stessero combattendo per il dominio del mondo, una spirituale e una atea-materialista, nella quale includeva sia il capitalismo che il comunismo. Entrando in questa logica, Hudal virava al positivo tutte le radici del nazionalsocialismo: nazione, razza, patria, destino, che erano valori neopagani, a suo avviso, si sarebbero potuti interpretare anche in senso cristiano. Ad esempio, la valorizzazione della “razza germanica”, senza scadere nell’odio per l’altro, avrebbe potuto anche essere un valore positivo, sarebbe stato un ritorno al modello del Sacro Romano Impero Germanico. Naturalmente, oggi sappiamo che la lettura che Hudal dava del nazionalsocialismo fosse errata e frutto di un’illusione, perché il movimento di Hitler non era cristiano. Hudal era convinto che si potesse isolare dal nazismo la sua “ala pagana”, che contestava il cristianesimo rifacendosi alla mitologia germanica. Hitler era da lui considerato una “vittima” dei neopagani. Il risultato dell’operazione culturale di Hudal fu catastrofico, anche in Germania: i suoi libri, che prendevano di mira il neopaganesimo nazista, vennero censurati.
Come mai il suo romanzo si divide fra due personaggi, fra Hudal e un ufficiale sovietico?
L’altro protagonista del mio romanzo è, appunto, un ufficiale sovietico di origine tedesca, dislocato nella Koenigsberg occupata (quella che poi sarebbe diventata l’attuale Kaliningrad russa, ndr), viene poi mandato a Roma a indagare sulla rete di Hudal, dopo la guerra. E’ il controcanto di Hudal. E si convince che, tutto sommato, un totalitarismo vale l’altro. Che comunque nessun ideale giustifica lo sterminio.
Non tutti pensano che i due totalitarismi siano moralmente equivalenti…
I nazisti che si incontrano nel romanzo non sono affatto pentiti di quel che hanno fatto, al massimo ammettono di aver commesso ‘qualche eccesso’ nello sterminio di ebrei, rom e slavi. Sono la prova provata del carattere genocida del nazionalsocialismo. Per quanto riguarda il bolscevismo, invece, i suoi crimini non vengono ricordati dai personaggi, ma raccontati direttamente. L’occupazione di Koenigsberg, che avviene in contemporanea con la “fuga dei ratti” (la fuga dei nazisti in Sud America), si traduce in una pulizia etnica dei tedeschi che vi abitano. Nel romanzo la descrivo in modo molto dettagliato: i cittadini tedeschi di Koenigsberg vengono ridotti in schiavitù, assoggettati a fatiche, fame e freddo, muoiono a migliaia e quei pochi che sopravvivono vengono espulsi. I due totalitarismi si specchiano, dunque.
Nel romanzo aleggia un pensiero dell’Inferno, come si inserisce nella trama?
Io credo nell’esistenza di forze del Bene e del Male, non solo terrene, ma anche soprannaturali. La presenza di forze non solo terrene è sempre attuale. Nel discorso di Hitler di Norimberga del 1934 e nell’esorcismo di Pio XII, le scene sconfinano nel soprannaturale, spero di aver dato l’idea che certe presenze siano molto reali e influenzino le azioni umane. Noi abbiamo sempre a che fare con Dio e con Satana, che non sono solo spettatori, ma anche suggeritori. Non credo che ci sia una separazione completa fra “al di qua” e “aldilà”.
Il libro contiene una riflessione sulle anime in pena, sospese prima del Giudizio. Riguarda soprattutto i totalitari?
Riguarda tutti. La filosofia di fondo del libro è che noi tutti siamo povere anime, siamo sempre al confine fra la redenzione e la dannazione. Siamo mortali ed estremamente corruttibili. Non c’è un Paradiso in terra e nemmeno un Inferno in terra. Le forze che potrebbero travolgerci devono essere contrastate. Nel timpano della Chiesa di Santa Maria dell’Anima, ai piedi della Madonna ci sono due anime che pregano fervidamente, ma noi non sappiamo se queste due anime si salveranno. Non sappiamo nemmeno se Hudal si salverà, né lo sappiamo di Mengele, di Eichmann, di Stalin, di nessuno.
Il totalitarismo, si dice, “cercò di costruire il Paradiso in terra e creò l’Inferno”. E’ d’accordo con questa frase?
La trovo particolarmente corretta. Non perché l’Inferno debba coincidere necessariamente con la sofferenza terrena, perché vi sono pene infinitamente peggiori del dolore fisico. Il demonismo, piuttosto, è il gusto di fare il male per il male, di distruggere per il puro gusto della distruzione. Nei regimi nazisti e comunisti, le violenze commesse sulle vittime vanno molto oltre una mera logica umana e terrena. Non ci sarebbe stato affatto la necessità di sopprimere totalmente gli ebrei o i kulaki ucraini e in quel modo così crudele, poi. In realtà questa distruzione va “al di là”, ha una logica diabolica. Ovviamente questo è un discorso a doppio taglio. Se sosteniamo che Hitler e Stalin fossero demoni, come sosteneva lo storico François Fejto, da un lato li si demonizza, ma dall’altro li si assolve, li si solleva dalle loro responsabilità. Anche questa è una grande ambiguità, difficile da risolvere. Esiste il lavoro del diavolo sulla terra, ma noi siamo ugualmente responsabili delle nostre azioni. Solo nel segreto del cuore umano si compie la scelta finale. Esiste un mistero di fronte al quale ci dobbiamo fermare.