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CHIESA

Hollerich e l’omosessualità, quanti errori dal cardinale

In un’intervista alla Kna, Hollerich fa diverse dichiarazioni sull’omosessualità, auspicando un cambiamento di dottrina. Ma il cardinale sbaglia. E dimentica che l’insegnamento della Chiesa si fonda sulla morale naturale e che c’è piena concordanza tra Antico e Nuovo Testamento nel giudicare negativamente la condizione e gli atti omosessuali.

Ecclesia 05_02_2022 English Español

È di qualche settimana fa il coming out in Germania di 125 dipendenti di vari enti cattolici. Il cardinale Jean Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Comece) e relatore generale del Sinodo dei vescovi, è intervenuto sul tema dell’omosessualità in un’intervista all’agenzia tedesca Kna. Il cardinale ha dichiarato: «Credo che il fondamento sociologico-scientifico di questo insegnamento non sia più corretto». L’alto prelato sbaglia. Il fondamento della condanna della Chiesa cattolica in merito all’omosessualità e agli atti omosessuali deve essere rinvenuto non nell’ambito delle scienze empiriche e della sociologia, bensì in ambito morale e, in specie, della morale naturale.

Perché la Chiesa afferma che l’omosessualità e dunque le condotte omosessuali sono intrinsecamente disordinate? L’omosessualità è condizione moralmente disordinata perché contraria alla natura razionale dell’uomo. Per natura, nella sua accezione metafisica, si intende un fascio di inclinazioni che tendono al loro fine. La persona umana è inclinata/attratta a ricercare una persona del sesso opposto. Si potrebbe obiettare che esiste anche un’inclinazione naturale omosessuale. La risposta all’obiezione si articola facendo leva sul principio di proporzione: un’inclinazione è naturale se la persona è in possesso degli strumenti necessari per soddisfare i fini a cui tende questa inclinazione. Il fine deve essere proporzionale alle facoltà dell’uomo. Ad esempio, possiamo affermare che la conoscenza è un fine naturale perché l’uomo è dotato dello strumento dell’intelletto che è adatto per soddisfare questo fine. Se dunque la persona perseguisse un obiettivo impossibile da soddisfare, non per meri accidenti esterni, ma perché sprovvisto per natura degli strumenti adatti a soddisfarlo, tale obiettivo non sarebbe un fine naturale e si agirebbe contro la natura razionale dell’uomo.

Dato che l’omosessualità è un’attrazione verso persone dello stesso sesso, questa attrazione, per trovare compimento perfetto, deve portare al rapporto carnale. Le finalità del coito - sia la finalità procreativa che quella unitiva - non possono essere soddisfatte dal rapporto carnale omosessuale: lo strumento non è adatto al fine. E, come spiega l’Aquinate, «tutto ciò che rende un’azione inadatta al fine inteso dalla natura, va definito come contrario alla legge naturale» (Summa Theologiae, Supp. 65, a. 1 c), ossia contrario alla natura razionale dell’uomo. Il rapporto genitale di tipo omosessuale è incapace di soddisfare il fine naturale della procreazione e dell’unione. Dunque, è contraddittorio affermare che l’omosessualità è secondo natura quando è incapace di soddisfare i fini naturali del rapporto sessuale.

La controbiezione che si muove in genere a questa riflessione è la seguente: anche molte coppie eterosessuali sono sterili o infertili. I motivi però che generano l’infecondità sono diametralmente opposti: il rapporto omosessuale è fisiologicamente infecondo, quello etero sterile è patologicamente infecondo; il primo per sua natura è infecondo, il secondo per sua natura è fecondo; il primo per necessità, cioè sempre e comunque, è infecondo (il rapporto omosessuale non può che essere infecondo), il secondo solo eventualmente (il rapporto sessuale eterosessuale può essere infecondo); il primo è normale che sia infecondo, il secondo non è normale che sia infecondo.

Un altro motivo per asserire che l’omosessualità è contraria alla morale naturale è dato dalla complementarità dell’amore. Fisicamente e psicologicamente l’uomo e la donna sono complementari perché diversi (la diversità degli organi genitali esterni dell’uomo e della donna prova plasticamente questa complementarità: gli uni presentano una conformazione anatomica adatta per incontrare gli altri). Non si può infatti trovare un proprio completamento in ciò che è uguale (omo) a sé. La complementarità esige la differenza (etero).

Torniamo al cardinale Hollerich, il quale nell’intervista ha aggiunto che “il modo in cui il Papa si è espresso in passato [sull’omosessualità] può portare a un cambiamento nella dottrina. […] Penso che sia il momento di una revisione fondamentale della dottrina”. La dottrina che si vuole cambiare è quella contenuta in: Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2358; Congregazione per la Dottrina della Fede, Persona humana, n. 8; Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 3; Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, n. 10; Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, n. 4. Ma la dottrina che il cardinale vorrebbe modificare è da tenersi come definitiva e irriformabile. Quindi è inutile che chieda che si cambi ciò che non si potrà mai cambiare.

Evidentemente si insiste sulla dottrina per cambiare la pastorale che così sarà in dissonanza con la dottrina. Ed infatti, per fare un esempio tra mille, il cardinal Reinhard Marx, in una conferenza stampa di qualche giorno fa, aveva affermato che se una persona dichiara pubblicamente la propria omosessualità, ciò non deve rappresentare “un limite alla sua capacità di diventare sacerdote. Questa è la mia posizione e dobbiamo difenderla”. Questa sarà pure la posizione del cardinal Marx, ma non è quella della Chiesa. Un’istruzione del 2005 della Congregazione per l’Educazione Cattolica dichiara che “se un candidato pratica l’omosessualità o mostra profonde tendenze omosessuali, sia il suo direttore spirituale che il suo confessore hanno il dovere di dissuaderlo in coscienza dal procedere all’ordinazione” e che “sarebbe gravemente disonesto per un candidato nascondere la propria omosessualità per procedere, nonostante tutto, all’ordinazione”. Ritroviamo i medesimi principi in un documento del 2016 della Congregazione per il Clero sulla formazione dei sacerdoti.

Il cardinale Hollerich ha così proseguito: “Ciò che veniva condannato in passato era la sodomia. A quel tempo [quale tempo?] si pensava che tutto il bambino fosse contenuto nello sperma dell’uomo. E questo veniva semplicemente trasferito agli uomini omosessuali”. Pensiamo che il cardinale si rifaccia, seppur in modo assai impreciso, alla teoria medioevale, sopravvissuta fino a quando le conoscenze scientifiche non si sono evolute, secondo cui il principio attivo della persona (l’anima vegetativa che poi sarebbe diventata sensitiva e infine razionale) era contenuto nel seme maschile e invece il gamete femminile offriva solo il principio passivo, ossia solo la mera materia biologica (cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 4). Il ragionamento del prelato sembrerebbe dunque essere il seguente: dato che un tempo si pensava che il principio attivo - che per il cardinale è erroneamente “tutto il bambino” in senso “spirituale” - era solo nel seme maschile, allora tale principio attivo, nei rapporti omosessuali, veniva trasferito da maschio a maschio, ma questo comportava che tale rapporto non avrebbe mai avuto la possibilità di generare un bambino in carne ed ossa perché mancante del principio passivo/materiale dato dal gamete femminile. Oggi invece sappiamo che non è il seme maschile a contenere l’anima del nascituro, bensì è l’incontro tra i due gameti, quello maschile e quello femminile, a concepire l’essere umano e laddove c’è essere umano c’è persona.

In breve, pare che il cardinal Hollerich ci voglia tranquillizzare dicendoci che nei rapporti omosessuali non va “perso” nessun bambino, dato che la scienza ci ha detto che negli spermatozoi non è contenuta di certo l’anima personale. La Chiesa pensava così una volta perché non c’era ancora l’embriologia, ma oggi, con le conoscenze scientifiche attuali, la Chiesa dovrebbe cambiare parere. Rispondiamo che la condanna dell’omosessualità della Chiesa sia oggi che nel Medioevo non si fonda e non si fondava certo sulla riflessione articolata dal cardinale (anche perché, se fosse stato così, gli atti omosessuali lesbici sarebbero stati considerati leciti dato che in questo caso nessun bambino andava “perso”), bensì per i motivi prima accennati.

Hollerich così continua: “Ma non c’è omosessualità nel Nuovo Testamento. C'è solo la menzione di atti omosessuali, che erano in parte atti rituali pagani. Questo era, ovviamente, proibito”. Ammesso e non concesso che “non c'è omosessualità nel Nuovo Testamento”, questo cosa vuol dire? Che il Vecchio Testamento, in cui si condannano molte volte l’omosessualità e i relativi atti, vale meno del Nuovo? Il cardinale pensa che ciò che viene dopo, per il semplice motivo che è successivo, valga di più? Il Nuovo Testamento come nuovo modello di testamento è quindi più affidabile, maggiormente performante?

In merito al fatto poi che nel Nuovo Testamento si condannino solo gli atti ma non la condizione omosessuale, ciò non è vero. San Paolo scrive: “anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri” (Rm 1,27). Il termine “desiderio”, che in altre traduzioni troviamo come “passione” o “libidine”, esprime compiutamente e perfettamente l’attrazione omosessuale, ossia l’orientamento omosessuale che, se costante, diventa condizione che è status differente dalle condotte omosessuali ad essa conseguenti. Inoltre pare che per l’alto prelato solo gli atti facciano problema, non la condizione. Ma le cose non stanno così. Si può esprimere un giudizio morale anche in relazione alle condizioni: pensiamo allo stato di peccato mortale, al vizio che è un habitus, alla condizione di divorziati (il giudizio in questo caso è negativo se la persona ha deciso di divorziare, non se ha subito il divorzio). Inoltre, dato che gli atti omosessuali sono conseguenti ad una condizione omosessuale, come si potrebbero censurare i primi senza censurare la seconda? Solo se la condizione è disordinata potrà produrre atti disordinati e dunque atti disordinati non possono che essere causati da una condizione disordinata.

Infine pare che, sempre per il cardinale Hollerich, gli atti omosessuali nel Nuovo Testamento fossero condannati solo quando avessero rappresentato atti di culto pagano. Ma anche questa volta il cardinale prende un granchio. Basta andarsi a leggere San Paolo (Rm 1,24-28; Rm 1, 32; 1 Cor 6; 1 Cor 9-10; 1 Tm, 1, 10) per rendersi conto che il giudizio negativo paolino riguardava l’omosessualità in quanto tale e gli atti omosessuali in quanto tali.