"Ho scoperto la bellezza con San Tommaso (e Heidi)"
Il libro della giovane ricercatrice Angela Monachese sul Bello come riflesso di Dio. Per arrivare a San Tommaso biogna partire però da Heidi: "Mi colpiva vedere la meraviglia con cui quella bambina osservava i paesaggi e l’entusiasmo che le suscitava. Heidi mi ha fatto capire quanto sia importante concentrarsi sul Bello come forza creatrice".
Angela Monachese, pugliese, poco più che quarantenne, filosofa e teologa, dopo aver conseguito il Baccellierato in Teologia presso la Pontificia Università dell’Italia Meridionale ed essersi trasferita a Roma si dedica allo studio del «Bello» come riflesso di Dio tanto da dedicare all’argomento un libro, La bellezza nel pensiero di Tommaso d’Aquino, (ed. Armando). La Nuova BQ l'ha intervistata per sapere cosa l’ha spinta a scrivere, oggi, un saggio su questo tema.
La lettura del suo libro ci lascia con una convinzione: attraverso la Bellezza incontriamo Dio. Come è arrivata a questa conclusione?
«Io per prima l’ho sperimentato: la bellezza mi ha salvato la vita! Ha preservato la mia sanità mentale, ha edificato il mio ottimismo ed entusiasmo, mi ha indicato il senso, ha nutrito la mia gioia, mi ha condotta a Dio e regalato momenti di gioia nell’incontro con Lui. Sembrerà buffo, ma una delle cose più importanti della mia vita, è stato un cartone animato: Heidi. Da piccola era un appuntamento fisso: mi colpiva vedere la meraviglia con cui quella bambina svizzera osservava i paesaggi e l’entusiasmo che le suscitava il poter godere di quelle meravigliose valli. Mi commuoveva la forza d’animo di questa bimba che, pur colpita da profondi dolori, non perdeva mai il suo ottimismo e il suo desiderio di far felici tutti coloro che la circondavano. Ho capito che il segreto era proprio nella sua capacità di sapersi arricchire della bellezza che era in ogni cosa, nella tenerezza del burbero nonno, nelle amicizie, nei bellissimi panorami che la attorniavano. Decisi di adottarla quale maestra di vita! Insomma Heidi mi ha fatto capire quanto sia importante concentrarsi sul Bello come forza creatrice».
Può raccontarci un aneddoto in cui ha fatto una particolare esperienza della bellezza?
«Ricordo che un giorno osservando un tramonto, la mia attenzione fu catturata dal perfetto rapporto dei colori tra di loro, mi ritrovai a pensare che una simile perfezione non poteva essere frutto del “caso” perché quella bellezza presupponeva un’Intelligenza capace di comporre quell’Armonia. Fino ad allora avevo sentito parlare di Dio, avevo frequentato la Chiesa per obbligo morale, ma ora la sua Bellezza e le molteplici bellezze che capivo essere Suo dono, mi attiravano a Lui. Fu allora che decisi di donare a Dio tutte le mie forze, la mia intelligenza, la mia vita».
Il rapporto con Tommaso d'Aquino, quando è avvenuto l'«incontro», come è continuata la «passione», perché?
«Più volte avevo letto della Bellezza di Dio, io stessa l’avevo sperimentata e tuttavia tutti i miei tentativi di trovare qualcuno o un testo che mi si spiegasse cosa essa fosse fallirono. Quella realtà il cui nome risuonava costantemente, anche nelle omelie domenicali rischiava di diventare vuota di contenuto. Quale migliore occasione di un Dottorato in Filosofia per portare luce alla mia intelligenza e consolidare la mia fede? Scelsi di studiare la riflessione di un teologo che, sebbene vissuto in un epoca molto lontana e diversa dalla mia, mi ha affascinato per il suo metodo di indagine e per l’incredibile intelligenza dei risultati a cui è giunto: Tommaso d’Aquino. Persuaso che l’intelligenza sia lo strumento che la provvidenza di Dio ha dato a l’uomo per condurlo al suo amore e per servirlo, il teologo domenicano ricercava l’accordo tra verità di fede e comprensione razionale. Scelsi dunque di rivolgermi alla sua riflessione per cercare di capire cosa significa che Dio è Bello».
Ma cos'è la bellezza per lei, una definizione, una realtà ideale, sentimentale?
«No di certo! Come ho detto, la bellezza è stata ed è un elemento molto concreto nella mia vita: una realtà che mi infonde forza, serenità e che addirittura mi spinge a dare il meglio di me e a non temere la morte. Il gran numero di persone che mi hanno avvicinata in questi anni, non semplicemente per fini accademici, ma anzitutto esistenziali, mi ha confermata nella persuasione che la bellezza, intesa in tutta la sua ricchezza non solo emotiva, è la via che conduce alla pienezza di senso, alla pace, a Dio. Tutto ciò che facciamo lo facciamo perché, direttamente o indirettamente, lo giudichiamo bello: paradossalmente anche chi sceglie il brutto lo fa perché lo ritiene più bello del bello. È perciò molto importante capire se ciò che è bello è bello in sé o ognuno giudica belle cose diverse; questa comprensione, o viceversa questa ignoranza, ha ricadute sociali gravissime perché minaccia la comunicazione e rischia di promuovere l’individualismo a scapito della collaborazione; rischia di negare la giustizia di certe norme valide per tutti e così via».
Quali sensi godono della bellezza e come Dio ci parla attraverso il bello nella quotidianità?
«Incontriamo le bellezze, anche quella di Dio, a partire dalle percezioni sensibili, dai sensi, ma tutta la nostra persona è fatta per godere delle bellezze: vedere, sentire non basta per gioire della bellezza: è necessario anche fare attenzione a ciò che sentiamo, vediamo. Se siamo distratti – direbbe il teologo Romano Guardini – ci imbattiamo in tante bellezze senza incontrarle. Fare attenzione alle cose significa coinvolgere la nostra intelligenza ossia la parte più profonda di ciascuno: con essa raccogliamo le sensazioni, le conserviamo, ritorniamo su di esse, le colleghiamo con altre esperienze, riflettiamo, ecc., e ciascuno fa tutte queste cose con modalità uniche e irrepetibili. Dio ci ha creati capaci di intercettare le tante bellezze che ci circondano e capaci di capire che sono suo dono perché Lui è la perfetta Bellezza che ci dona tutte le bellezze create perché ci vuole felici».
Sì, ma la bellezza è solo «soggettività», interpretazione, memoria?
«La maggior parte delle persone oggi ritiene che la bellezza sia qualcosa di soggettivo: ciascuno avrebbe la sua interpretazione del bello…una bellezza soggettiva sembra essere più attraente perché “più democratica”, più rispettosa dell’individuo. Non è proprio così: ci sono tanti tipi di bellezze e tanti tipi di armonie: la bellezza è il risultato dell’incontro fra gli aspetti oggettivi della realtà e quelli propri del soggetto che incontra questa realtà. Questa visione della bellezza non mortifica la persona, ma anzi la esalta: ciascuno ha i suoi gusti, dovuti alla sua sensibilità, cultura, storia, ma i gusti non bastano a riconoscere la bellezza. I giudizi sulla bellezza che si basano esclusivamente sui gusti rischiano di essere errati perché non tengono conto del dato oggettivo ».
Oggi c'è tanto bisogno di bellezza? Se sì, in che contesti?
«Come detto, ritengo la questione della bellezza fondamentale, anzitutto per fare un abbondante carico di serenità: scoprirsi attorniati da molteplici cose belle di cui non sono io l’artefice con le mie emozioni fuggevoli, mi fa scoprire che c’è un ordine, un’armonia bella nell’universo, nel mondo, nella mia vita. In ogni contesto c’è bisogno di bellezza: lo avevano capito bene molte culture antiche che per formare buoni cittadini creavano belle città! Anche la nostra Chiesa cattolica, è stata maestra in questo e poi…».
Bellezza e arte sacra ed elevazione a Dio: sarebbe importante tornare al bello nelle Chiese?
«Sarebbe a mio avviso fondamentale. Oggi, anche in ambito ecclesiale c’è una certa confusione in merito a cosa sia bello e cosa no, a cosa sia arte e cosa no. Sembra ahimè che a volte la moda anche nella Chiesa abbia la meglio sul buon senso. Persone costrette a vivere la liturgia in Chiese buie, di cupo e freddo cemento, finiscono con l’agognare il termine della celebrazione per tornare alla luce del sole. All’interno di chiese caratterizzate da vere opere d’arte, vengono sovente installate opere di dubbio gusto o di fattura scadente che finiscono col generare disorientamento nell’animo del povero fedele. Tutto ciò, anziché consentire ai fedeli di incontrare il riflesso della bellezza di Dio nella bellezza dell’edificio sacro, sembra piuttosto indurli a vivere il precetto domenicale con sofferenza. Pensiamo anche ai canti, alla stessa liturgia… Tante volte mi chiedo: ma ci si crede ancora che Dio è bello e che è bello stare con Lui? Bisogna però considerare con gioia che tanti all’interno della Chiesa, anche tra i pastori, stanno cercando di condurre i credenti alla riscoperta della bellezza in generale e della bellezza di Dio in particolare. Il libro della Sapienza afferma: «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore»: come la natura è portatrice del lieto annunzio della Bellezza di Dio così la Chiesa, quale diacona di questo vangelo, dovrebbe custodire e proclamare questa verità».