Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Saba Archimandrita a cura di Ermes Dovico
GLI SCONTRI

Hezbollah minaccia Israele, il fronte del Libano fa paura

Ascolta la versione audio dell'articolo

Un altro fronte di crisi potrebbe aprirsi per Israele al confine col Libano. Gli Hezbollah hanno montato delle tende come avamposto militare. Israele ha cercato sin da subito di farle rimuovere, ma lo scontro è stato vicinissimo. 

Esteri 07_08_2023

Un altro fronte di crisi potrebbe aprirsi per Israele al confine col Libano. Le tensioni sono aumentate nella regione del Monte Dov, nota anche come Fattorie di Sheb’a. Proprio in questo lembo di terra, da qualche mese, gli Hezbollah hanno montato delle tende come avamposto militare. Israele ha cercato sin da subito di farle rimuovere. Una è stata rimossa a seguito di un "messaggio" di Israele a Hezbollah, col quale si minacciava uno scontro armato. Hassan Nasrallah, capo della milizia sciita libanese, ha risposto, da parte sua, che avrebbe reagito ad ogni provocazione dell’esercito israeliano. «Siamo pronti a qualsiasi opzione e non resteremo in silenzio di fronte a qualsivoglia atto provocatorio», ha dichiarato Nasrallah in un discorso in occasione del festival dell’Ashura.

L'area, in cui sono state montate le tende-avamposto, fu sottratta alla Siria durante la guerra dei Sei giorni del 1967 e successivamente annessa allo stato ebraico, insieme alle alture del Golan e al villaggio di Ghajar; il governo libanese afferma, invece, che l'area appartiene al Libano. I residenti di questo piccolo villaggio alawita, a cavallo del confine con il Libano, si stanno preparando al peggio, preoccupati, perché dopo i razzi dello scorso mese di aprile, altri missili sono stati lanciati dal Paese dei cedri, uno è esploso proprio vicino al villaggio di Ghajar. «In risposta, l'IDF ha organizzato un’incursione colpendo la zona da cui è stato effettuato il lancio», hanno dichiarato i militari israeliani.

La scorsa settimana, Hezbollah ha affermato di aver abbattuto un drone israeliano che sorvolava un villaggio nel sud del Libano. «La Resistenza islamica ha abbattuto, con armi adeguate, un velivolo senza pilota israeliano nelle vicinanze alla città di Zibqin nel sud del Libano», si legge in un comunicato di Hezbollah, dopo che il drone era penetrato per circa sette chilometri nello spazio aereo libanese. Il portavoce dell'Unifil, la forza delle Nazioni Unite presente lungo il confine tra il Libano e Israele, ha affermato di aver inviato le forze di pace per indagare sull'incidente, mentre il capo della missione ha parlato con le autorità libanesi e israeliane per stemperare la tensione. «Esortiamo tutti - ha proseguito il portavoce Unifil - a esercitare moderazione e ad evitare qualsiasi azione che possa causare un'ulteriore escalation».

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in un vertice con i capi della sicurezza, ha discusso delle recenti tensioni al confine settentrionale. Che la situazione inizi ad essere preoccupante lo dimostra anche la recente visita al confine con il Libano del capo di stato maggiore dell'IDF, il tenente generale Herzi Halevi e del presidente Isaac Herzog. L'IDF, Israel Defense Forces, ha valutato che le possibilità di un progressivo aumento di tensioni con Hezbollah siano le più alte dalla guerra del 2006 e prevede che un possibile conflitto possa scoppiare su più fronti. Hezbollah è stato a lungo il più potente avversario dell'IDF ai confini di Israele, con un arsenale stimato di quasi 150.000 razzi e missili che possono raggiungere qualsiasi parte di Israele. «L'Iran è la forza trainante. Trasferisce risorse, ideologia, conoscenza e addestramento ai suoi affiliati», ha detto Yoav Gallant, ministro della Difesa del governo israeliano, riferendosi ai gruppi terroristici palestinesi di Gaza, agli Hezbollah libanesi e alle altre milizie sostenute dal regime iraniano in tutta la regione.

Alle tensioni con il Libano, va aggiunto il confronto con la jihad palestinese. La Palestina settentrionale sta vivendo in un vuoto di potere. L'Autorità palestinese non ha più il controllo della Cisgiordania; intere aree, quartieri e villaggi sono sotto il controllo dei gruppi di miliziani costituitisi negli ultimi anni. Queste milizie sono talvolta affiliate al gruppo di Hamas o finanziate dall'Iran. Ma in maggioranza si tratta di raggruppamenti locali, nati come reazione alle incursioni e agli attacchi dell’esercito e delle forze di sicurezza israeliane che entrano nei paesi con la tecnica della caccia all'uomo casa per casa.

È quello che sta accadendo, in questi ultimi mesi a Jenin, villaggio considerato il centro nevralgico delle milizie palestinesi nel nord della Cisgiordania. Nel mirino c’è il "centro di comando congiunto" che organizza e pianifica attacchi, controlla depositi di armi ed esplosivi e assicura nascondigli per i miliziani coinvolti negli attentati degli ultimi mesi. Ne è testimonianza l'ultima operazione conclusasi in quarantott’ore. «La reazione ebraica - come ha sottolineato il portavoce dell'IDF -, sarà un continuum di operazioni, non necessariamente limitate nel tempo, che si prolungheranno fino all'annientamento dei terroristi presenti nella Samaria settentrionale».

Impegnato sui due fronti della Cisgiordania e degli Hezbollah, il governo di Netanyahu deve anche affrontare le manifestazioni di piazza contro la proposta di revisione della giustizia, proteste che si protraggono ormai da molti mesi.

Siamo alla trentunesima settimana di proteste e manifestazioni. Un’altra marcia pacifica è stata organizzata a Tel Aviv, con partenza da piazza Kikar Dizengoffper e arrivo a Kaplan Street, un'importante arteria nel centro della capitale, alla quale hanno partecipato decine di migliaia di cittadini; contemporaneamente altri manifestanti si sono radunati davanti alla residenza di Netanyahu, in Azza Street, a Gerusalemme, scandendo slogan polemici all’indirizzo del primo ministro.

Mercoledì scorso alcune migliaia di persone si sono dirette verso la sede del tribunale distrettuale di Tel Aviv per manifestare il loro sostegno alla Corte Suprema, che in questi mesi è impegnata a preservare il proprio margine di indipendenza di fronte all'esecutivo. Mentre centinaia di riservisti, sia piloti che ufficiali dell'aviazione, minacciano, come protesta, di non garantire il loro servizio, in caso di chiamata alle armi.

Le ribellioni spontanee sono andate intensificandosi all’annuncio delle dimissioni del capo della polizia di Tel Aviv, nel caso fosse stato trasferito a un ruolo più marginale. Amichai Eshed, questo il suo nome, ha affermato di essere stato rimosso dal suo ruolo a causa di quelle che ha definito "considerazioni politiche" e per essersi rifiutato di impiegare "una forza sproporzionata” contro i manifestanti. L'ospedale Ichilov di Tel Aviv ha emesso un comunicato nel quale si afferma che quattordici dimostranti sono ricorsi alle cure del nosocomio. Sei avevano ferite agli occhi, e un caso ha richiesto un intervento chirurgico. In una dichiarazione, il prof. Igal Leibovitch, direttore dell'istituto oculoplastico della stessa clinica, diffusa dal portavoce dell'ospedale, ha denunciato l'uso da parte della polizia di cannoni ad acqua. «Il getto, ad alta potenza, è paragonabile ad un pugno violento diretto in faccia, che crea sanguinamento interno dell'occhio e può danneggiare il cristallino e la retina».