Gustavo Gutiérrez e l’erronea teologia della liberazione
Il 22 ottobre scorso è morto il “padre” della teologia della liberazione. Il cordoglio per la sua morte non può far dimenticare tutti gli errori di questa corrente teologica dai tratti marxisti, causa di tanti danni spirituali in America Latina.
A 96 anni, il 22 ottobre scorso, è morto il teologo peruviano Gustavo Gutiérrez (1928-2024), considerato giustamente il “padre” della teologia della liberazione. Il funerale si è svolto il 24 ottobre nella basilica del Santissimo Rosario a Lima. Papa Francesco ha espresso il proprio cordoglio in un videomessaggio nel quale ha lodato l’uomo di Chiesa che «ha saputo fare silenzio quando doveva fare silenzio», e ha saputo portare avanti «tanto frutto apostolico e tanta ricca teologia». L’arcivescovo di Lima, durante l’omelia alla Messa di esequie, ha messo in evidenza tre caratteri di Gutiérrez: la capacità di farsi interpellare dalla gratuità dell’amore di Dio, il suo prendere le mosse dalla «opzione preferenziale per i poveri» e l’annuncio del Vangelo a tutti.
Ci si chiede se queste valutazioni riguardino l’uomo e il cristiano Gustavo Gutiérrez, le sue disposizioni di sacerdote e di fedele, il suo lavoro personale per il Vangelo… o siano anche in relazione con le idee teologiche da lui elaborate e che vanno appunto sotto il titolo di “teologia della liberazione”. Questa corrente teologica è stata caratterizzata dall’apporto di tanti teologi, e ha avuto anche molte versioni, ma se Gutiérrez ne è il “padre”, come in effetti è, credo che bisogni soffermarsi non solo sulla sua figura personale ma anche sul quadro delle idee che egli ha impostato e promosso. La fede non riguarda solo l’atto personale ma anche le verità in cui si crede.
Esaminando la questione da questo punto di vista, bisogna dire che la teologia della liberazione ha diffuso tanti errori, non ha prodotto una «ricca teologia» e, perciò, non può aver portato nemmeno un «grande frutto apostolico». E questo indipendentemente dalle intenzioni di chiunque, compreso Gutiérrez. Viceversa, non ci sarebbe stato bisogno di due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede che negli anni Ottanta mettevano in chiaro tutti questi molteplici errori. Né si può pensare che dall’errore possano nascere frutti apostolici.
La teologia della liberazione ha annullato la Dottrina sociale della Chiesa, ha importato in America Latina tutte le novità, spesso eterodosse, della teologia europea di avanguardia, ha rifiutato la tradizione del cattolicesimo ispanico in quel sub-continente, ha assunto la nuova impostazione della “teologia politica” tedesca e ha insegnato a partire dalla prassi e non dal Vangelo. Ha quindi secolarizzato la fede cristiana in America Latina, è stata alla base di tante altre teologie che hanno inseguito tutte le fenomenologie sociali facendosi guidare da esse anziché fare il contrario: dalla teologia femminista alla teologia nera della liberazione. Ancora, ha favorito la nascita di comunità cristiane di base irrequiete quanto a riferimenti dottrinali e magisteriali, ha messo in crisi spirituale tanti sacerdoti, ha indirettamente assecondato movimenti rivoluzionari violenti, ha fatto entrare nella Chiesa idee di origine marxista e socialista.
Stefano Fontana