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DUELLO NELL'ARTICO

Groenlandia, la minaccia di Trump preoccupa seriamente l'Europa

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Appena una settimana di amministrazione ed è già crisi nera fra gli Usa di Trump e gli alleati europei. Il nuovo presidente insiste che vuole la Groenlandia, territorio danese. A Copenhagen si consultano gli alleati e si rafforzano le difese.

Esteri 30_01_2025
L'aereo di Trump a Nuuk, Groenlandia (la Presse)

Come se non bastassero le guerre in Ucraina e Medio Oriente e le tensioni tra Occidente e Cina, il neo presidente statunitense Donald Trump sembra determinato ad aprire nuove crisi con Canada, nazioni dell’America Latina e con gli alleati europei.

Le pretese “neo imperialiste” di riassumere il controllo di Panama e di annettere agli Usa Canada e Groenlandia, di colpire con dazi Messico, Colombia e tutti i Brics, espresse da Trump dopo la vittoria elettorale e ribadite dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, si stanno trasformando da “boutades” sopra le righe in minacce concrete che sollevano critiche in tutto il mondo e mettono a rischio la stabilità già incerta della Nato.

Trump aveva già espresso durante il suo primo mandato, nel 2019, il desiderio di acquistare la Groenlandia ma ora i toni sono ben più duri. «Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti d'America ritengono che il possesso e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta» ha postato Trump sulla piattaforma Truth Social.

Le minacce rivolte alla Groenlandia sono state prese molto sul serio dalla premier danese Mette Frederiksen che il 25 gennaio ha avuto un colloquio telefonico di 45 minuti molto teso con Trump. Secondo il Financial Times, che cita alti funzionari europei, il presidente americano avrebbe insistito sulla determinazione ad acquisire la Groenlandia. Secondo questi funzionari, «Trump è stato aggressivo e conflittuale» dopo che il primo ministro danese ha dichiarato che l'isola non è in vendita, nonostante la sua offerta di una maggiore cooperazione sulle basi militari e sullo sfruttamento delle risorse minerarie.

«La Groenlandia? Penso che ce l'avremo. E penso che i suoi 55 mila abitanti vogliano stare con noi. Non so davvero quali pretese abbia la Danimarca su di essa. Ma sarebbe un atto molto ostile se non lo permettessero», ha detto Trump spiegando che la vuole «per proteggere il mondo libero, non è per noi». «In questo momento ci sono navi russe, navi cinesi, navi da vari Paesi. Non è una bella situazione e credo che la otterremo».

Non c’è dubbio che a Trump interessi il controllo della Groenlandia (e del Canada) per eguagliare la Russia nell’estensione territoriale sull’Artico (oggi limitata all’Alaska), delle sue risorse e delle rotte commerciali oggi navigabili. Ma è altrettanto evidente che l’approccio con un alleato storico (e tra i più filo-americani d’Europa) come la Danimarca risulta insolente e aggressivo. In primo luogo perché gli Stati Uniti controllano da decenni la base aerea di Thule, nel nord della Groenlandia e Copenhagen non avrebbe problemi a consentire un rafforzamento di tale presenza nel contesto di un maggiore presenza nella regione artica in un’ottica anti-russa.

Quanto allo sfruttamento delle risorse minerarie (petrolio, gas, oro, diamanti, uranio, zinco, piombo…), dal 2009 la Groenlandia decide in autonomia come sfruttarle e nel 2019 gli Usa hanno firmato un memorandum sulla cooperazione in questo settore come ha fatto la Ue nel 2013.

L'Ue ha identificato 25 dei 34 minerali presenti nel suo elenco ufficiale di materie prime essenziali, tra cui le terre rare ma al momento in Groenlandia esistono solo due miniere, una di rubini, che sta cercando nuovi investimenti, e l'altra di anortosite, un metallo contenente titanio: le difficili condizioni ambientali hanno reso troppo costoso e non conveniente lo sfruttamento di tali risorse che, in ogni caso, le grandi compagnie statunitensi potrebbero aggiudicarsi senza bisogno che Washington si annetta o invada la grande isola.

Anche la minaccia adombrata da Trump circa la presenza di navi russe e cinesi è campata per aria. Le rotte commerciali sono aperte a tutti, ma non vi sono basi russe o cinesi in Groenlandia come del resto non ve ne sono a Panama dove Trump afferma di voler ripristinare il controllo statunitense perché ora vi sarebbero “i cinesi”. 
Pechino ha una sola base all’estero (gli USA centinaia) e si trova a Gibuti, in Africa Orientale, non a Panama. Quanto al controllo dei porti da parte di società cinesi è un elemento riscontrabile anche altrove, ad esempio nel porto ateniese del Pireo. Trump vorrà conquistare anche la Grecia?

Il premier della Groenlandia, Múte Egede ha reso noto il 21 gennaio che il suo governo "sta lavorando" per organizzare un incontro con Trump affermando che «se gli Stati Uniti vogliono parlare della Groenlandia devono parlare con la Groenlandia» e ammettendo la seria “preoccupazione della popolazione” dopo che Trump non ha escluso l'impiego della forza militare per arrivare ai suoi scopi.

«I groenlandesi devono dire chiaramente quello che vogliono essere. Non vogliamo essere danesi. Non vogliamo essere americani». Un sondaggio reso noto ieri dal quotidiano danese Berlingske rileva che l'85% dei groenlandesi non vuole che la loro isola diventi parte degli Stati Uniti, solo il 6% sarebbe favorevole all'annessione e il 9% non si è voluto esprimere.

Autonoma dal 1979, la Groenlandia, ha 56.000 abitanti e un’estensione di quasi 2,2 milioni di chilometri quadrati (4 volte la Francia), ha bandiera, lingua, istituzioni e un governo che lascia alla Danimarca la gestione di difesa e politica estera. Non fa parte della Ue ma ha ricevuto finanziamenti comunitari in quanto territorio d'oltremare associato all'Unione tramite la Danimarca.
Egede fa parte del partito Inuit Ataqatigiit (di ispirazione socialista e indipendentista), e a fine 2024 ha dichiarato che nel prossimo mandato potrebbe istituire una commissione per varare un referendum per l’indipendenza, sulla carta gradita a molti ma solo se non comportasse un peggioramento degli standard di vita considerando le forti cifre investite ogni anno a fondo perduto dalla Danimarca.

A conferma che il governo danese non sottovaluta le minacce di Trump, ha varato un rafforzamento della presenza militare sulla grande isola, ha inviato forze speciali in addestramento e annunciato in dicembre un piano da 2 miliardi di euro per rafforzare la sicurezza dell'Artico.

Al quartiere generale della Nato il segretario generale Mark Rutte è stato prudente. Nel timore di irritare gli Usa ha detto che «stiamo lavorando insieme per migliorare la sicurezza nel Mar Baltico, sostenere l'Ucraina e investire di più nella difesa, anche nel Grande Nord», aggiungendo che «non ho motivo di credere che ci sia una minaccia militare contro la Groenlandia o la Danimarca».

Tra le poche voci che in Europa ha espresso un sostegno concreto alla Danimarca è stata quella del generale austriaco Robert Brieger, presidente del Comitato Militare della Ue, che ha proposto di stazionare in Groenlandia truppe europee per mandare "un segnale forte" e contribuire "alla stabilità nella regione". E questa volta non è per far fronte alla minaccia russa ma bensì a quella statunitense.
Sostegno simile anche da Parigi. «Inviare truppe europee in Groenlandia? Perché no, dato che effettivamente si pone una questione di sicurezza. Le frontiere dell'Unione europea non sono negoziabili», ha affermato il ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot che si è detto però certo che gli americani non invaderanno la Groenlandia.,

Resta in ogni caso curioso che mentre l’Europa rischia di perdere la guerra in Ucraina contro la Russia, debba guardarsi le spalle dalle minacce statunitensi rivolte a Groenlandia e Canada. Non certo una bella prospettiva per Ue e Nato. A Mosca, Putin gongola.