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CONTRO ISRAELE

Grillo, Fo, Vattimo: gli imam che parlano italiano

Cacciato un imam ne spuntano altri. E non solo nelle moschee. Bene ha fatto il ministro Alfano a cacciare Raoudi Albdebar, capo della comunità islamica di San Donà di Piave che chiedeva ad Allah di uccidere tutti gli ebrei. Ma gli imam che vogliono annientare Israele non sempre parlano arabo: ci sono scrittori, filosofi, intellettuali o politici...

Politica 07_08_2014
La moschea di San Donà

Cacciato un imam ne restano altri dieci (almeno). E non solo nelle moschee italiane dove ogni venerdì chissà quali inferni vengono evocati contro gli infedeli per grazia di Allah akbar e misericordioso. E senza che neppure gli amici del vendicatore si prendano poi la briga di scusarsi con cristiani o ebrei per le farneticazioni del loro profeta. Come invece hanno fatto i sodali di Raoudi Albdebar, capo della comunità islamica di San Donà di Piave (Venezia), cacciato dall’Italia con decreto del ministero dell’Interno Alfano, «per grave turbamento dell’ordine pubblico e pericolo per la sicurezza nazionale e discriminazione per motivi religiosi». Lo scorso venerdì, il marocchino Raoudi aveva aperto il rito supplicando Allah di far piazza pulita degli ebrei: «Oh Allah porta su di loro ciò che ci renderà felici. Oh Allah, contali uno ad uno e uccidili fino all’ultimo. Non risparmiare uno solo di loro. Fai diventare il loro cibo veleno, trasforma in fiamme l’aria che respirano. Rendi i loro sonni inquieti e i loro giorni tetri. Inietta il terrore nei loro cuori».  Insomma, la jihad senza se e senza ma, servita in parole semplici e comprensibili ai devoti musulmani di San Donà, radunati in moschea per le orazioni di fine ramadan.

Bene ha fatto, dunque, il ministro Alfano ad agire con fermezza e a blindare l’esagitato imam. «Questo imam andava espulso», dice il ministro, «e io l’ho fatto perché non è possibile immaginare che in Italia si possa incitare all'odio, alla violenza razziale. Valga da monito per tutti i predicatori di odio che intendessero lavorare nel nostro Paese a istigare alla violenza». Bene, bravo, bis. Anche se, i deliri dell’imam sono stati intercettanti non dai servizi italiani, ma dalla Middle East media research institute (Memri. org), organizzazione che ha la sede principale a Washington, e poi rilanciata da Il Giornale. E il presidente della provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, sindaco di San Donà di Piave dal 2003 al 2013, ha raccontato che la «presenza di elementi radicali era stata più volte segnalata» anche con esposti ai carabinieri, segnalazioni rimaste lettera morta. Negligenza non irrilevante visto che nel 2012 la Digos di Venezia aveva arrestato il siriano Ahmad Chaddad, ex imam della stessa moschea fino al 2009, con l'accusa di estorsione ai danni degli immigrati della zona. Fu aperta un'idagine sul trasferimento in Medio Oriente di oltre un milione e mezzo di euro serviti a finanziare attività eversive. Un sospetto rafforzato dalle pregresse relazioni di Chaddad con Abu Imad, l'omologo della moschea milanese di viale Jenner, condannato per favoreggiamento del terrorismo. Contatti a cui s'aggiungevano quelli con il «collega» di Como Ben Hassine Mohamed Senoussi, espulso dall'Italia per presunto proselitismo illegale.

Comunque, complimenti ancora ad Alfano.  Ma adesso vediamo se manterrà la promessa di cacciare fuori dai confini tutti i predicatori di odio contro Israele. Che mica sempre parlano arabo o predicano nelle moschee. Quasi tutti sono italiani, scrittori, filosofi, intellettuali o politici che siedono in Parlamento, a qualche poltrona di distanza da Alfano. Fanno sermoni contro Israele dalle pagine di rispettabilissimi giornali e non solo il venerdì. Senza che nessuno abbia da dire o protestare o spiccargli contro, non certo un mandato di espulsione, ma neppure un buffetto d’avvertimento. Facciamo qualche nome? Massì, facciamoli in modo che il ministro prenda buona nota. 

In  cima alla black list ci sta, per provati e acquisiti meriti, Gianni Vattimo, filosofo dal pensiero debole ma dall’insulto robusto. Le sue suppliche ad Allah sono fresche di stampa, soltanto un paio di settimane fa. Eccole: «È il momento di fare le Brigate Internazionali, come in Spagna: anche in Israele c’è un regime fascista che sta distruggendo un popolo intero, c’è un genocidio in atto...». E ancora: «Israele è uno Stato canaglia». Queste belle paroline, Vattimo le ha pronunciate in italiano corretto alla trasmissione radiofonica «La Zanzara». L’ex europarlamentare ha detto che «tutta l’informazione compresa la stampa italiana piange sul fatto che c’è una pioggia di missili su Israele, ma Hamas quanti morti ha fatto? Nessuno. I poveretti non hanno armi, sono miserabili tenuti in schiavitù, come tutta la Palestina. Hanno dei razzetti per bambini, e voglio promuovere una sottoscrizione internazionale per permettere ai palestinesi di comprare delle vere armi, veri missili, e non delle armi giocattolo. L’Europa dovrebbe dare gratis le armi ai palestinesi». Ma lei sparerebbe contro gli israeliani? gli chiedono i conduttori. «Contro quelli che bombardano ospedali, cliniche private e bambini sparerei, certo ma purtroppo non sono capace non avendo fatto il servizio militare. Ma imparerei volentieri per combattere contro i bastardi israeliani sionisti che non hanno niente a che fare con gli ebrei».  Pure sul sito di Dario Fo si possono leggere analoghe invettive. Si dice che Israele «ha perpetuato un sistema di grave discriminazione razziale e disuguaglianza. Ha sistematicamente incarcerato e torturato migliaia di palestinesi, contro tutte le regole della legge internazionale. In particolare, esso ha sferrato una guerra contro una popolazione civile, in particolare bambini». Vattimo è un filosofo, Fo un comico, ma l’odio per Israele cancella le differenze.

Il secondo posto nella top anti-sionista lo prende Beppe Grillo. È una new entry: molti, infatti, lo accusavano di non avere posizioni sulla politica estera. Ma dopo aver letto l'intervista concessa dal capo del Movimento 5 Stelle al quotidiano israeliano Yediot Ahronot, rimpiangiamo quel silenzio. Due ore di chiacchiere su Medio Oriente, Iran, Siria e Palestina. I massacri in Siria? «Non sappiamo se sia una vera guerra civile o si tratti d'agenti infiltrati nel Paese». L'Iran di Ahmadinejad? «Un giorno ho visto impiccare una persona, su una piazza di Isfahan. Ero lì. Mi son chiesto: cos'è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa. Anche loro hanno la pena di morte: hanno messo uno a dieta, prima d'ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos'è più barbaro?». E le iraniane? «Mia moglie è iraniana. Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo». Eppure sappiamo che molti scappano dalla tirannia di Ahmadinejad: «Quelli che scappano, sono oppositori. Ma chi è rimasto non ha le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all'estero. L'economia lì va bene, le persone lavorano. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati». ??Anche se Ahmadinejad vuole cancellare Israele dalle mappe. «Non penso lo voglia davvero: lo dice e basta. Del resto, anche quando uscivano i discorsi di Bin Laden, mio suocero iraniano m'ha spiegato che le traduzioni non erano esatte...». ??Perché le proprietà delle agenzie di traduzione lasciano adito a sospetti: «Tutto quel che in Europa sappiamo su Israele e Palestina, è filtrato da un'agenzia internazionale che si chiama Memri. E dietro Memri c'è un ex agente del Mossad. Ho le prove ».??Il giudizio del quotidiano israeliano è stato impietoso: «Se un giorno Grillo farà parte del governo italiano», si legge nell'articolo, «il suocero avrà un ruolo fondamentale nella politica estera». 

La terza posizione tocca ai politici di Sinistra e Libertà, il partito guidato da Nichi Vendola. Non è lui l’autore del paragone tra Guevara e Marwan Barghouti, leader palestinese condannato in Israele a cinque ergastoli per omicidio e terrorismo, ma dell’europarlamentare Luisa Morgantini, che recentemente lo ha accompagnato in visita in Israele e Territori palestinesi. Barghouti come il Che: cinque ergastoli non sono mica bruscolini, ma neppure il guerrigliero delle t-shirt era uno stinco di santo. Comunque, pure per Vendola, Marwan Barghouti è, «non solo un intellettuale raffinato, ma un leader credibile e coraggioso». L’ha detto all’Unità.

Nei gradini più bassi, Moni Ovadia, il Manifesto e Amnesty International. Ovadia è un artista ebreo che pare tuttavia non avere molto in simpatia i governanti di Israele: per lui i dissidenti israeliani sono una minoranza, perché l'opinione pubblica è narcotizzata da vent'anni di propaganda securitaria. Ovadia definisce para-nazista il governo Netanyahu, mentre sull’informazione la pensa come Grillo: «Alla grande opinione pubblica occidentale arrivano notizie purgate in modo imbarazzante. E questo succede perché l'Occidente non riesce a liberarsi del complesso di colpa per la Shoah, che però non c'entra nulla con il comportamento dell'attuale governo israeliano». 

“Noi accusiamo”, è invece il titolo che fa il verso a Emile Zola della campagna lanciata dal Manifesto, il quotidiano che non ha ancora la vergogna di chiamarsi comunista. E chi accusano i sopravvissuti? Israele, what else? risponderebbe Clooney. «Noi firmatari di questo appello, sgomenti per gli avvenimenti in corso nella Striscia di Gaza, accusiamo i governanti di Israele che nei confronti del popolo palestinese stanno portando avanti una politica all’insegna dell’espansionismo coloniale, della pulizia etnica e del massacro». Manca solo il riferimento al complotto pluto-giudaico-massonico e ai Protocolli dei Savi di Sion, ma so’ comunisti, che volete farci? Non si definisce comunista, ma parla come la fosse Amnesty International, madrina dei diritti umani e premio Nobel per la Pace. L’organizzazione non governativa ieri ha anche accusato lo stato ebraico di “crimini di guerra”, chiedendo l’apertura di un’inchiesta alla Corte dell’Aia. Ma, con tutta questa gente a piede libero, l’imam della moschea veneta potrebbe chiedere in sua difesa almeno il concorso di colpa.