Grillini da sbarco, ma a Quarto la loro morale è a picco
È presto per dire se lo scandalo del Comune di Quarto segnerà l’avvio della fase discendente della parabola politica del movimento Cinque Stelle. Certo è che, per un soggetto politico che ha come ragione sociale proprio la moralità, essere accusato di aver avuro l’appoggio elettorale della camorra è un colpo mortale.
C’era una volta la questione morale, con il Partito comunista che si ergeva a paladino della trasparenza, dell’onestà e della diversità comportamentale dei suoi quadri dirigenti. E sappiamo come è andata a finire. Tante altre forze politiche, nell’arco degli ultimi vent’anni, si sono arrogate la stessa pretesa di giudicare le malefatte dei loro avversari politici, salvo poi essere prese anch’esse con le mani nella marmellata.
La squallida storia della casa di Montecarlo del cognato di Gianfranco Fini smontò l’immagine di purezza dell’ex leader di Alleanza nazionale (poi Futuro e Libertà), in verità già appannata dalla prolungata evanescenza della sua azione politica. La Lega di Umberto Bossi, dopo aver per anni tuonato contro la partitocrazia e contro la “casta” e in favore della limpidezza gestionale, intercettando molti consensi nell’area dell’antipolitica, fu travolta dallo scandalo dei rimborsi. Più o meno lo stesso terreno sul quale scivolò, anni fa, l’Italia dei Valori, con il suo fondatore, Antonio Di Pietro, ormai confinato nel recinto dell’insignificanza politica.
È presto per dire se lo scandalo del Comune di Quarto segnerà l’avvio della fase discendente della parabola politica del movimento Cinque Stelle. Certo è che, per un soggetto politico che ha come ragione sociale proprio la moralità, essere accusato di aver conquistato la guida di un’amministrazione comunale con l’appoggio della camorra è senz’altro uno dei potenziali colpi mortali. Certamente, il primo a giovarsi di quest’impasse dei grillini è il premier, che ha la possibilità di “respirare” dopo l’assedio al quale è stato sottoposto dagli oppositori politici, pentastellati compresi, e da alcuni media, a proposito della storia delle quattro banche salvate dal governo (vedi coinvolgimento del padre del ministro Boschi). Questa circostanza ha fatto dire a Casaleggio che dietro la tempesta scoppiata a Quarto ci sarebbe proprio la mano di Palazzo Chigi.
Ma allora anche i grillini fanno dietrologia e ammettono che forse in una Repubblica dei ricatti come la nostra è possibile che qualcuno trami per danneggiare qualcun altro. Quando questi sospetti li insinuavano i leader della Prima Repubblica (e la faziosità di alcuni filoni d’inchiesta di Tangentopoli li ha confermati) o Berlusconi o, negli ultimi tempi, perfino Renzi, il Movimento Cinque Stelle sparava a zero, rivendicando il monopolio del senso morale. Oggi assistiamo attoniti ai video autoprodotti (proprio come gli appelli alla nazione di Berlusconi!) di tre esponenti del direttorio del movimento di Grillo e Casaleggio che, con volti smarriti, tanta paura e scarsa presa sul pubblico, tentano di difendersi dall’accusa di essere stati informati per tempo dal sindaco di Quarto dei condizionamenti imposti all’amministrazione da alcune famiglie vicine alla camorra.
E poi, quali sarebbero i voti della camorra? Da cosa si riconoscono? Come si fa a dire che un voto appartiene alla camorra? Tutti i parenti di tutti i boss della malavita sono automaticamente camorristi? Si tratta di un semplicismo moralizzatore che fa a pugni con le logiche della politica, intrise di mediazioni, contaminazioni sociali e di dialogo con tutti. Quanto emerge dalle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta del pm John Woodcock è a dir poco inquietante. Il sindaco Rosa Capuozzo è intimorita e sembra informare i vertici del suo partito, che però tergiversano. Ora minacciano querele e gridano all’utilizzo strumentale degli ascolti, ma in Parlamento sono i primi a battersi per leggi che consentano la pubblicazione di ogni intercettazione, anche non penalmente rilevante.
Bene ha fatto il sindaco di Parma, Pizzarotti, a difendere la sua collega di Quarto e a esclamare che forse non è il caso di scaricarla in modo così brutale, visto che il suo filo diretto con Di Maio, Fico e Di Battista lo ha mantenuto anche durante le fasi convulse dei ricatti della camorra. Semmai questa vicenda dovrebbe servire di lezione a tutto il movimento pentastellato. La moralità non può essere l’unico contenuto della propria azione politica, anche perché, al centro e ancor più in periferia, qualche mela marcia esce sempre e a farne le spese è poi l’intera forza politica da essa rappresentata. Applicando a tutti i grillini i loro metodi, perfino Di Maio, Fico e Di Battista, ove venisse appurato che sapevano dell’esplosiva situazione del Comune di Quarto, dovrebbero essere espulsi.
C’è sempre qualcuno più puro di qualcun altro. Ma di questo passo non si fa politica, né amministrazione. Si avvelenano soltanto i pozzi e si compilano liste di proscrizione che finiscono per portare acqua al mulino dell’antipolitica. E anche chi vota i Cinque Stelle esclusivamente per ragioni di pulizia morale ora potrebbe non farlo più.