LETTERE IN REDAZIONE
Grecia e finanza speculativa
La crisi greca non ha a che fare con la speculazione finanziaria che ora fa pagare al popolo la sua spregiudicatezza? No, risponde Gianfranco Fabi, i motivi della crisi sono altri.....
LETTERE IN REDAZIONE
18_05_2011
Caro direttore,
a proposito dell'articolo sulla crisi finanziaria in Grecia, spiace leggere sul vostro giornale, la cui lettura sta diventando per me un riferimento quotidiano, una visione dei fatti economici così mondialista (cfr. Fmi, Bce, Fed; Wall Street, City, ecc). Il risultato è che si addebita ad esempio tutte le responsabilità e la necessità di assoggettarsi a manovre “lacrime e sangue” al popolo greco, che finisce per esserne schiacciato, come già successo per tanti paesi del Terzo Mondo in passato, gravati da un debito inestinguibile e anzi enormemente e follemente crescente. Il meccanismo economico-finanziario che ha schiacciato il Terzo mondo producendo una vera e propria macchina del debito, ora (dall'ultima crisi del 2007-08) è sbarcato anche in Europa portando fino alla soglia della bancarotta – e alla conseguente ristrutturazione del debito (e perché no al ripudio?) i cosiddetti PIIGS. Si fanno pagare ai popoli gli errori della finanza speculativa scatenata e i popoli giustamente si ribellano.
Pina La Micela
Risponde Gianfranco Fabi
Gentile signora,
posso capire la sua indignazione per la "finanza speculativa" e per i danni che da questa sono derivati. Ma, mi consenta, la finanza speculativa non ha nulla a che fare con il debito greco, così come con quello italiano. Il Governo greco negli anni passati ha chiesto dei soldi a prestito (ai propri cittadini, ma anche alle banche e ai risparmiatori di altri paesi) per finanziare la propria spesa pubblica, i propri investimenti, i propri progetti. Allo stesso modo ha fatto il Governo italiano che ora ha un debito pari al 120% del proprio prodotto interno lordo, cioè della ricchezza che viene realizzata in un anno. Fare debiti non è in sé una cosa negativa, se i debiti servono a finanziare investimenti e quindi ad accrescere la ricchezza e le potenzialità di sviluppo di un Paese. Il problema è che il debito deve essere sostenibile: cioè il Paese deve essere in grado di pagare almeno gli interessi. Lo stesso avviene per una famiglia: è del tutto positivo fare un debito per acquistare la casa in cui vivere (in questo caso il debito si chiama mutuo), ma la famiglia deve avere un reddito tale da garantire la restituzione del prestito e i relativi interessi.
Torniamo alla Grecia. I soldi presi in prestito sono serviti solo in parte per investimenti, ma hanno soprattutto finanziato una spesa pubblica eccessiva con prestazioni sociali decisamente generose (come le pensioni a 55 anni mentre nel resto dell'Europa l'età di pensionamento è attorno ai 65 anni). Ecco quindi la necessità di chiedere alla Grecia di allinearsi agli altri paesi, anche con sacrifici rispetto al passato. Nessun accanimento della finanza mondiale verso la Grecia, quindi. Semplicemente il richiamo alla saggezza del buon padre di famiglia. Come peraltro ha fatto l'Italia che, dopo gli anni 80 e 90 contrassegnati da una forte crescita della spesa pubblica, negli ultimi anni è riuscita a tenere in equilibrio i propri conti pubblici.
Quanto ai paesi del Terzo Mondo i problemi sono del tutto diversi. Continui a seguire "La Bussola": ne parlerò nelle prossime settimane.