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POLITICA

Grasso usa il Senato per mandare messaggi a Renzi

Il Senato si costituisce parte civile contro Berlusconi per la presunta "compravendita" di senatori. Una scelta mai fatta, nemmeno quando le BR assassinarono il sen. Ruffilli. Una mossa che colpirà le intese Renzi-Berlusconi.

Editoriali 07_02_2014
Pietro Grasso

La decisione del presidente Grasso di costituire il Senato parte civile nel giudizio contro Silvio Berlusconi per la presunta “compravendita” di senatori, in particolare del sen. De Gregorio, merita una doppia lettura, come accade per ogni atto del Parlamento: vi è un profilo giuridico e uno politico, distinguibili pur se fra loro connessi.

Sul piano del diritto, Grasso ha spiegato, intervenendo nell’aula di palazzo Madama, che la sua iniziativa è a tutela della dignità della istituzione che rappresenta, e non intende prendere posizione o anticipare giudizi. Col rispetto dovuto alla seconda carica dello Stato, è lecito dissentire: chi sceglie di costituirsi parte civile in un processo penale lo fa perché è convinto delle buone ragioni che fondano il procedimento nel quale interviene, e interviene reclamando il risarcimento dei danni provocati da chi in quel giudizio è imputato. La costituzione di parte civile, soprattutto per una amministrazione pubblica – ancora di più per una istituzione di tale importanza quale è il Senato – non è mai un atto dovuto. È dovuto l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, se ravvisa in una condotta una notizia di reato; l’affiancamento a esso di un privato o di un ente avviene se si vi è la convinzione che quella condotta ha provocato un danno, anche nell’immagine, che va riparato. Non avviene se tale convinzione manca; dunque, non è un atto neutro rispetto all’accusato: in qualche misura, è una presa di posizione, differente da quella dell’autorità giudiziaria che indaga e giudica, che esprime condivisione sulla formulazione dell’accusa.

È un passo che non ha precedenti nella storia del Parlamento. Anche questo è un dato poco rassicurante, dal momento che, dopo la Costituzione e i regolamenti, la prassi è per la Camera e per il Senato una fonte di orientamento non marginale quando devono sciogliersi nodi complicati. Proprio l’assenza di precedenti deve avere indotto il presidente Grasso a convocare l’Ufficio di presidenza e a raccoglierne il parere: atto formalmente non necessario poiché la decisione è soltanto sua. Ma se ha ritenuto di riunirlo, evidentemente per condividere una scelta carente di prassi, e ha ricevuto a maggioranza un parere negativo, perché poi ha disatteso questo parere?

A proposito di precedenti. Il 16 aprile 1988 un gruppo di irriducibili delle Brigate Rosse uccise a Forlì il prof. Roberto Ruffilli, esponente della Dc vicino a De Mita e in quel momento senatore della Repubblica. Un fatto di eccezionale gravità, molto più pesante dell’ipotesi di reato di cui si discute oggi, lesivo in modo diretto dell’istituzione Senato, oltre che della vita di un uomo. Eppure nel giudizio che in seguito si è celebrato contro coloro che sono stati individuati come responsabili il Senato non propose alcuna costituzione di parte civile. Qualcuno al Senato si pose il problema? È verosimile che abbia fatto pieno affidamento sul lavoro dell’autorità giudiziaria.

E qui viene il nodo politico. Molti commenti individuano nella scelta di Grasso un siluro lanciato contro l’intesa Renzi-Berlusconi, che sta producendo la legge elettorale e potrebbe condurre a riforme di sistema. Illazioni? Se l’atto non era dovuto, se non ha precedenti, se in casi molto più gravi non vi è stata alcuna costituzione di parte civile, perché questo cambio di passo? Nell’intreccio tra il profilo politico e quello giuridico ha prevalso il primo? Quel che è certo è che un mese fa lo stallo della legge elettorale e delle riforme si è sbloccato perché il sindaco di Firenze ha ritenuto di telefonare al leader di Forza Italia invece che alla procura della Repubblica. Ieri Piero Grasso ha adoperato una vecchia edizione della pagine bianche.