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ITALIA-INDIA

Governo: i marò sono innocenti "ma anche" colpevoli

Posizione incerta, come sempre, quella del governo italiano sui due marò, Latorre e Girone, prigionieri dell'India da quasi 600 giorni. Per la difesa e il ministro Mauro sono "innocenti". Per il ministro Bonino "non è accertata l'innocenza".

Esteri 05_10_2013
Latorre e Girone

Cambiano i governi ma la gestione italiana del “caso marò” resta raffazzonata, improvvisata, ambigua e soprattutto cialtrona. Ormai abituata a essere ambivalente sui tutte le tematiche possibili, interne e internazionali, la politica italiana resta fedele al dogma del “ma anche”. Dopo l’ultimo G20 nel quale il mondo si è diviso sulla Siria tra i fautori dell’intervento armato e i contrari alla guerra, l’Italia è stata annoverata su entrambi i fronti da Barack Obama e Vladimir Putin. Un gioco da ragazzi, anzi, un gioco “all’italiana” nel quale si era già allenato il governo presieduto da Mario Monti su molti temi e soprattutto sul caso dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Non solo perché venne annunciato che non sarebbero tornati in India dopo la licenza elettorale e poi vennero consegnati senza vergogna a Nuova Delhi ma soprattutto perché la Difesa ha sempre sostenuto l’innocenza dei due militari, mostrando fiducia nel rapporto redatto dagli stessi marò, mentre Staffan De Mistura, all’epoca viceministro degli esteri, parlò della loro colpevolezza (ma senza dolo) in alcune interviste a media italiani e indiani. Insomma, per l’Italia Latorre e Girone erano innocenti “ma anche” colpevoli pur avendo ucciso senza volere.

Che l’aria non sarebbe cambiata con il governo di Enrico Letta (che pure definì “una priorità” la questione) lo si sarebbe dovuto intuire dal fatto che l’esecutivo ha mantenuto in partita De Mistura, divenuto “inviato speciale” per la vicenda marò. Infatti, dopo che i militari hanno trascorso quasi 600 giorni in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori, il ministro degli esteri Emma Bonino è riuscita a suscitare forti polemiche per aver postato sulla pagina facebook istituita “per ospitare pareri e commenti sulla vicenda che ha coinvolto i due marò” un messaggio esplosivo.

Di Latorre e Girone, secondo il ministro, «non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l'innocenza. I processi servono a questo». Che amarezza per chi si aspettava che il titolare della Farnesina credesse a quanto testimoniato da Latorre e Girone e scritto di loro pugno sul rapporto. O anche solo per chi riteneva che la Bonino, da buon radicale, fosse convinta che si è innocenti finché non si è dimostrato il contrario, magari in tre gradi di giudizio. Inutile chiedersi se la posizione incerta del ministro miri a compiacere l’India, è solo una gaffe oppure rappresenta la posizione ufficiale del governo. Meglio non farsi illusioni perché ancora una volta ambiguità e ambivalenza la fanno da padrone.

Il 6 agosto scorso il Ministro della Difesa, Mario Mauro, aveva sostenuto, dopo una visita a Latorre e Girone, che nel governo «siamo certi dell'innocenza dei due fucilieri di Marina». Insomma per il governo Letta i due marò sono innocenti “ma anche” colpevoli… forse.

Intanto gli indiani perdono tempo nel chiudere l’inchiesta e nel dare il via al processo perché pretendono di interrogare i marò Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte. I compagni del team di Latorre e Girone che vennero rilasciati nel maggio 2012 dietro l’impegno di tornare in India a deporre in tribunale. Rientro a Delhi che Roma ora non intende autorizzare proponendo invece agli investigatori di ascoltarli in Italia o via videoconferenza.

Una decisione che non è dettata da un rigurgito di orgoglio nazionale o dalla determinazione a non porre altri militari italiani sotto la giurisdizione indiana. A Roma temono infatti che le autorità di Delhi rilascino Latorre e Girone e arrestino i marò Andronico e Voglino a causa dell’ennesima gaffe-autogol italica. Nell’aprile scorso qualcuno ai piani alti della Difesa ha fatto trapelare il rapporto sulla vicenda redatto dall’ammiraglio Alessandro Piroli nel quale emerge (lo ha raccontato “Repubblica” che ha avuto il rapporto) che i fucili che spararono quel 15 febbraio appartenevano ad Andronico e Voglino. Bloccati sulla Enrica Lexie nel porto di Kochi, Latorre e Girone potrebbero quindi essersi assunti la responsabilità di aver aperto il fuoco perché erano i più alti in grado del team di marò.