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RICONOSCIMENTI

Gli utili idioti dell'Iran e di al Qaeda

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Negli stessi giorni, l'ayatollah Alì Khamenei e al Qaeda (comando generale) elogiano gli studenti pro-Palestina che occupano le università occidentali

Esteri 01_06_2024

Cosa è un utile idiota? La definizione coniata da Lenin (la cui autenticità è ancora in discussione), indica quelle persone che, facendo gli interessi del comunismo, senza accorgersene, “lavoreranno per il loro stesso suicidio”. Lo stesso avviene in tutti i momenti di conflitto, quando, senza realizzarlo, un pezzo di mondo intellettuale sta di fatto lavorando per il nemico, non sapendo che sarà il primo a rimanerne vittima. È successo con Hitler, prima della Seconda Guerra Mondiale, ma sta accadendo ancora, con l’islamismo soprattutto. La fascinazione dei giovani e degli intellettuali progressisti per i radicali islamici è inspiegabile, ma esiste. Ed ora è stata certificata.

L’occupazione delle migliori università d’Occidente, a partire da quelle americane, da parte di collettivi studenteschi pro-Palestina, è stata elogiata da Khamenei e, quasi contemporaneamente, anche da Al Qaeda. Dunque, rispettivamente, dalla Guida Suprema della Repubblica Islamica, espressione dell’islam sciita più radicale, nonché primo vero regime islamico nel mondo contemporaneo. E dal movimento terrorista sunnita responsabile degli attentati di Nairobi, Dar es Salaam, dello Uss Cole, delle Torri Gemelle, del Pentagono, di Nassiriya, di Atocha e della metropolitana di Londra.

«Cari studenti universitari negli Stati Uniti d’America, questo messaggio è un’espressione di empatia e solidarietà con voi – scrive Khamenei sui suoi profili social - Scrivo questa lettera ai giovani la cui coscienza risvegliata li ha spinti a difendere le donne e i bambini oppressi di Gaza». E ancora: «Voi state dalla parte giusta della storia», perché «Ora avete formato un ramo del Fronte della resistenza e avete iniziato una lotta onorevole nonostante la spietata pressione del vostro governo (…) il Fronte della resistenza più grande, che condivide le stesse comprensioni e sentimenti che avete voi oggi, è impegnato nella stessa lotta da molti anni in un luogo lontano da voi (…) L’élite sionista globale ha etichettato questo movimento di resistenza, coraggioso e umano, come “terrorismo” (…) Il Fronte della resistenza avanza grazie alla comprensione globale e alla pratica di questi e centinaia di altri comandi simili e otterrà la vittoria con il permesso di Dio». Infine, l’ayatollah elogia anche il ruolo dei docenti: «Il supporto e la solidarietà dei vostri professori di fronte alla brutalità della polizia è uno sviluppo consequenziale. Anche io simpatizzo con voi giovani, e apprezzo la vostra perseveranza».

Al Qaeda, comando generale, ha emesso un comunicato dai toni molto violenti, in cui si legge, in un passaggio-chiave: «Mentre sosteniamo l’assassinio degli infedeli sionisti e la loro decapitazione, apprezziamo e stimiamo il movimento dei manifestanti occidentali e degli studenti in sit-in, che attraverso le loro proteste hanno espresso rigetto per il genocidio che ha luogo a Gaza».

Che gli studenti e gli agitatori che occupano le università siano oggettivamente complici dei jihadisti, dunque, non è più solo un’illazione di qualche politico di destra: è anche certificato dai leader di entrambe le branche del jihad globale, quella sciita e quella sunnita. Ritengono che la protesta sia a tal punto a vantaggio della loro causa, da farla propria. Non si vede perché non lo dovrebbero fare. La guerra a Gaza è il catalizzatore, ma la protesta si sta islamizzando da lungo tempo. Diventa una tendenza manifesta con le preghiere degli imam nei campus (anche in Italia, come si è visto nelle aule occupate di Torino), i corsi di cucina halal, gli approfondimenti sull’islam, le numerose conversioni di giovani e giovanissimi via TikTok. È un prodotto delle correnti anti-americane, anti-occidentali in genere, espresse dalle proteste di Black Lives Matter e quelle del femminismo radicale, dalla cancel culture e dagli Antifa.

L’odio per l’Occidente rende ciechi sui suoi nemici. A chi occupa l’università, poco importa che gli studenti suoi coetanei siano le prima vittime nelle manifestazioni in Iran. Soprattutto le studentesse: picchiate, violentate dalla polizia, molto spesso uccise nelle manifestazioni e nelle carceri, oppure intossicate con i gas per non farle entrare nelle aule scolastiche. Per molti studenti americani l’11 settembre è solo un ricordo dell’infanzia, di un periodo storico in cui il cattivo era il presidente Bush e non il terrorismo islamico. Poco importa che Boko Haram, espressione di Al Qaeda in Nigeria, uccidesse e rapisse proprio le studentesse, che il nome stesso di quel gruppo terrorista sia “l’istruzione è peccato”.