Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
GUERRA INFINITA

Gli Usa si ritirano, lasciando l'Afghanistan nel caos

L'amministrazione Trump lascia in Afghanistan appena 2500 uomini, troppo pochi per affiancare l'esercito regolare afgano nella sua guerriglia contro i talebani. A seguito degli accordi di Doha, il ritiro statunitense dovrebbe continuare fino a maggio, se confermato da Biden. Ma i talebani non hanno deposto le armi. Anzi: attaccano ovunque.

Esteri 20_01_2021
Esercito afghano, diplomati all'accademia militare

Il numero di truppe statunitensi in Afghanistan è stato ridotto a 2.500 unità, il livello più basso dall’invasione attuata alla fine del 2001, come ha ammesso il 15 gennaio il Pentagono. Il ritiro era stato ampiamente preannunciato nel novembre scorso dall’amministrazione del presidente Donald Trump che aveva reso noto che avrebbe ridotto drasticamente il numero delle forze statunitensi in Afghanistan (e in Iraq) da 4.500 a 2.500 unità entro metà gennaio.

Il Dipartimento della Difesa continua con la pianificazione in grado di ridurre le truppe statunitensi fino al ritiro completo entro maggio del 2021 anche se ulteriori ritiri dipendono dalle condizioni, ha affermato il segretario alla Difesa ad interim Chris Miller. D’altra parte, sul piano militare, un numero così limitato di militari non è in grado di offrire un concreto supporto alle forze militari afghane dislocate su un territorio così vasto né a fornire loro un valido addestramento. E basti tenere conto che all’apice dell’impegno militare alleato, nel 2011, gli Stati Uniti schierarono in Afghanistan più di 100mila militari affiancati da 40mila dei contingenti Nato e alleati, alla vigilia dell’avvio del ritiro varato da Barack Obama.

Il presidente eletto Joe Biden, che entra in carica oggi, non ha ancora precisato eventuali piani o strategie per l’Afghanistan diversi dal ritiro voluto da Trump in seguito gli accordi di Doha del febbraio 2020 con i talebani che hanno espresso apprezzamento per l’ulteriore riduzione delle truppe Usa. “Il ritiro di altre forze statunitensi dall’Afghanistan, annunciato dagli Stati Uniti, è un buon passo avanti e una misura concreta a vantaggio di entrambi i Paesi”, ha twittato nei giorni scorsi il portavoce talebano Mohammad Nae. Il 17 gennaio si è tenuto un altro incontro ad alto livello tra i delegati talebani e l'inviato speciale degli Usa per l'Afghanistan, Zalmay Khalilzad, insieme al capo delle forze statunitensi a Kabul, il generale Scott Miller. Durante l'incontro, gli insorti hanno chiesto nuovamente il rilascio dei combattenti ancora incarcerati, insieme alla rimozione dei talebani dalla lista nera delle Nazioni Unite. Ma il presidente Ashraf Ghani accusa gli integralisti di aver lanciato una "guerra illegittima". "Il governo ribadisce ancora una volta il suo appello ai talebani che violenza, terrore, brutalità e crimini prolungheranno solo la guerra nel Paese", si legge in un comunicato della presidenza.

Del resto, in Afghanistan non sembra certo essere tornata la pace. Un'ondata di attacchi da parte dei talebani ha ucciso decine di persone in tutto l'Afghanistan tra il 18 e il 19 gennaio. Il ministero della Difesa ha riferito che quattro soldati dell'esercito sono stati uccisi nella tarda notte di lunedì in attacchi portati a termine dai talebani ai posti di blocco nella provincia di Kunduz. Secondo il ministero, inoltre, anche 15 combattenti talebani sono stati uccisi e 12 sono rimasti feriti. E' impossibile verificare i dettagli in modo indipendente, visto che a Kunduz è vietato l'ingresso ai giornalisti e i talebani dominano la maggior parte delle aree rurali della provincia. Tuttavia, Ghulam Rabani Rabani, un membro del consiglio provinciale di Kunduz, ha riferito di un numero di vittime significativamente più alto: almeno 25 membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi dai talebani in attacchi separati nel distretto di Dasht-e-Archi, inclusi 13 soldati e quattro poliziotti. Almeno altri otto soldati sono stati uccisi vicino alla città di Kunduz. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha detto che dietro tutti gli attacchi ci sono gli insorti, i quali sono riusciti a sequestrare armi e munizioni dai posti di blocco.

Nel frattempo, nella provincia meridionale di Helmand, Abdul Zahir Haqyar, capo dell'amministrazione nel distretto di Washer, è stato ucciso lunedì notte da uomini armati sconosciuti, ha detto Abdul Nabi Elham, governatore provinciale di Helmand. Due delle guardie del corpo di Haqyar sono rimaste ferite nella sparatoria. Nessuno ha subito rivendicato la responsabilità di quell'attacco ma Helmand è tradizionalmente una delle province roccaforte dei Talebani assieme a quella di Kandahar.  Il ministero della Difesa di Kabul ha annunciato il 16 gennaio che le forze armate hanno ucciso 30 talebani nella provincia meridionale di Kandahar, respingendo un attacco alle sue posizioni. “Sono 30 i talebani uccisi e altri 4 feriti a Shahwali Kot e nel distretto di Zherai della provincia di Kandahar e tre postazioni con una grande quantità di armi sono state distrutte”, ha reso noto il ministero in un tweet. La scorsa settimana almeno 15 agenti di polizia sono stati uccisi, 12 dei quali colpiti da un infiltrato talebano all’interno di una base nel distretto di Ghorian, nella provincia occidentale di Herat (ovest) dove sono ancora schierati circa 800 militari del contingente italiano.

Da tempo i talebani hanno preso di mira figure chiave delle amministrazioni governative, anche nei distretti periferici. Il 17 gennaio due donne giudici della Corte Suprema afghana sono state assassinate a Kabul da due uomini che, a bordo di una moto, si sono avvicinati all'auto su cui viaggiavano e le hanno freddate prima di dileguarsi. "Sfortunatamente due donne giudici sono state prese di mira nell'attacco di oggi. Il loro autista è rimasto ferito", ha confermato Ahmad Fahim Qaweem, portavoce della Corte Suprema afghana che conta più di 200 giudici donne. L'attentato non è stato rivendicato ma è l'ennesimo attacco nel Paese dove negli ultimi mesi sospetti militanti talebani hanno preso di mira e ucciso politici, giornalisti, attivisti, medici e pubblici ministeri. A puntare il dito contro gli integralisti islamici, responsabili di aver effettuato più di 18mila attacchi nel 2020, è stato l'inviato Usa delle Nazioni Unite a Kabul, Ross Wilson. "I talebani dovrebbero capire che tali azioni di cui sono responsabili provocano l'indignazione del mondo e devono cessare se si vuole che la pace arrivi in Afghanistan", ha twittato chiedendo anche un'indagine "immediata". La Corte Suprema dell'Afghanistan era già stata presa di mira a febbraio del 2017, quando un kamikaze si fece esplodere tra un gruppo di impiegati del tribunale, uccidendone 20 e ferendone 41.

Le autorità afghane attribuiscono l'ondata di violenza anche al rilascio, alla fine dello scorso anno di 5mila combattenti talebani nell'ambito di un accordo tra l'amministrazione Trump e i talebani per portarli al tavolo dei negoziati.